di Elena G. Polidori


Il film di Enrico Deaglio, Uccidete la democrazia, sui presunti brogli elettorali alle elezioni politiche 2006, oltre al clamoroso successo di pubblico, ha avuto senz’altro il merito di aver aperto il vaso di Pandora dei dubbi e delle incertezze seguite alla proclamazione della vittoria dell’Unione. Dopo giorni di polemiche seguite alla proiezione del film nelle sale di Montecitorio e all’apertura di un’inchiesta da parte della Procura di Roma, sembra che ormai si sia fatta strada la convinzione che qualcosa di illecito sia davvero avvenuto nelle stanze del Viminale al momento del conteggio dei voti, ma che sia praticamente impossibile arrivare a scoprire gli artefici del brogli e i loro mandanti. La difficoltà risiede principalmente nel fatto che riuscire a dimostrare l’esistenza di un disegno golpista del centrodestra dietro i dati “anomali” delle schede bianche è, giuridicamente, un’impresa senza sbocco.
Ecco perché anche i magistrati della Procura di Roma non riconteranno le schede bianche, come era stato ipotizzato, ma si limiteranno ad ascoltare gli autori dell’inchiesta circa le informazioni in loro possesso sul procedimento di afflusso dei risultati dai seggi alle prefetture, fino al Viminale. Come vuole la tradizione, la verità su cosa accadde nella notte tra il 10 e l’11 aprile 2006 non la sapremo mai.

Di certo è che se il broglio non ha funzionato, forse non lo si deve solo ad una mano che ad un certo punto ha fermato il giocattolo elettronico del riposizionamento delle schede bianche in voti per Forza Italia. E’ stato l’inatteso voto degli italiani all’estero a far saltare il progetto. L’ex ministro Tremaglia, ancora oggi, non riesce a farsene una ragione. Ma se Berlusconi non è riuscito nel suo presunto intento è solo perché aveva probabilmente dato per scontato un plebiscito nei suoi confronti da parte dei nostri emigrati.

Ecco, dunque, diventare più chiaro il possibile scenario da cui avrebbe preso le mosse l’obiettivo politico di Berlusconi a fronte dei dati dei sondaggi che da mesi davano la forbice esistente tra l’Unione e la Cdl ben superiore ai 4 punti percentuali a favore della coalizione di Prodi. I sondaggi, si sa, possono anche sbagliare, ma in occasione delle politiche 2006 abbiamo assistito ad una vera e propria debacle degli istituti di rilevazione: nessuno azzeccò il risultato finale neanche alla lontana. Unica eccezione, si ricorderà, furono i dati dei sondaggi fatti fare da Berlusconi stesso ad una società americana che, guarda il caso, avevano sancito con largo anticipo un risultato di assoluta parità tra le due coalizioni. I desiderata del Cavaliere, infatti, risiedevano tutti in questo schema. Con il previsto pieno dei voti degli italiani all’estero, il Senato sarebbe andato alla destra, la Camera alla sinistra. Di seguito ci sarebbe stato un tentativo di grande coalizione in stile tedesco. Prodi avrebbe probabilmente rifiutato e dunque ci si sarebbe avviati verso nuove elezioni. Da svolgersi, tuttavia, non nell’immediato per non destabilizzare ulteriormente la tenuta di un Paese già fortemente stressato da una lacerante crisi economica e da una campagna elettorale altrettanto squassante. Berlusconi, insomma, avrebbe percorso la strada dell’assoluta ingovernabilità per garantirsi il mantenimento del potere. Forse anche a tempo indeterminato. Quello che non ha funzionato in questo progetto è stato, come si diceva, il voto degli italiani all’estero: gli otto senatori “stranieri” sono andati tutti all’Unione. E i 24 mila voti di differenza tra le due coalizioni hanno fatto quella differenza che Berlusconi non aveva preso in considerazione neppure quando, con il gioco delle schede bianche denunciato da Deaglio, avrebbe garantito a Forza Italia lo scettro di primo partito italiano.

Uno scenario davvero inquietante, ma logico. Anche per ciò che accadde subito dopo, ovvero le reazioni scomposte di alcuni esponenti della Cdl, in particolare di An, che polarizzarono i loro strali solo ed esclusivamente sullo spoglio delle schede degli italiani all’estero chiedendone l’immediata riconta. Ma c’è un’altra domanda. E riguarda il silenzio del centrosinistra davanti a questi pesanti indizi di illegalità. Denunciare un evidente tentativo di golpe a fronte di una vittoria tanto esigua avrebbe potuto avere conseguenze non prevedibili, certamente destabilizzanti. A mesi di distanza, i parlamentari di maggioranza frenano ancora circa l’ipotesi del riconteggio delle schede bianche, nel legittimo timore che questa mossa possa essere strumentalizzata dagli avversari portando ad un riconteggio di tutte le schede votate, fatto che renderebbe chiaro all’opinione pubblica la delegittimazione dell’attuale parlamento.

I caso dei brogli alimenterà ancora per settimane rivelazioni, congetture complottarde e polemiche politiche. Ma le ragioni di convenienza e di stabilità delle due attuali coalizioni contrapposte, lacerate entrambe al proprio interno da dibattiti politici che dovrebbero portarle oltre gli attuali schemi di riferimento, porteranno probabilmente ad un lento, quanto inesorabile, insabbiamento del caso. Nessuno, in parole povere, vuole tornare alle urne palesando – anche a livello internazionale – uno scandalo antidemocratico, con il riverbero che questo avrebbe anche sulle borse e conseguentemente, sull’economia del Paese. E, soprattutto, con l’attuale legge elettorale. Insomma, non ci sono le condizioni perché la verità possa emergere. Il fatto, tuttavia, che il film di Deaglio abbia scoperchiato l’ipotesi dei brogli farà comunque sì che l’attenzione sui risultati, alle prossime elezioni, sia tale da impedire che altri (o anche gli stessi di ieri) ci possano riprovare. Dunque un risultato, ai fini della legalità e della tenuta del tessuto democratico del Paese, c’è stato. E non da poco.

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