di Bruno Ballardini

Silvio Berlusconi L'affare BNL-Unipol, per come è stato utilizzato mediaticamente, è il primo sintomo di una transizione che sta per compiersi: l'era berlusconiana sta finendo. Tutti si stavano preparando a questo, da Fiorani a Consorte, dalla Lega Nord alla sinistra. Ognuno a modo suo. La sortita di Berlusconi in Procura nasce dal tentativo di recuperare punti di credibilità presso l'elettorato erodendoli ai suoi avversari. Ha deciso di farlo da solo, senza consultarsi prima con gli alleati. Sarebbe stato un comportamento politico e lui non è politico. E' qui la sua debolezza maggiore, come pure l'aver fondato un movimento senza basi politiche, ovvero che non si fonda sulla militanza. Ma ciò che ha fatto il presidente del Consiglio in questi ultimi giorni non può essere definito semplicemente "avanspettacolo" come l'ha definito Casini, né può essere ridotto ad una semplice "nota stonata" come ha fatto Maroni. Lo scopo della sortita non era affatto quello di informare i magistrati riguardo a presunte collusioni fra i dirigenti DS e gli indagati, ma quello di creare disagio psicologico tra gli avversari e di distruggere mediaticamente la loro immagine (o ciò che ne resta). E' perlomeno dall'epoca del Mein Kampf che si usa "spezzare psicologicamente il nemico prima che le truppe comincino ad entrare in azione", con la propaganda. Oggi diremmo con le strategie di comunicazione. E Berlusconi ha usato con gran perizia i mezzi di cui dispone per preparare il terreno all'offensiva finale.

Si trattava solo di creare maretta nel centrosinistra che in passato ha già dato prova di rispondere allo stress in modo caotico e contraddittorio. E' stato come lanciare un sasso in un pollaio e diffondere subito dopo la scena sui media, avendo da una parte il pieno controllo dei media e dall'altra un pubblico disattento alle vicende del pollaio e abituato a subire la mono-direzionalità televisiva senza alcuna capacità di analisi. La gente avrebbe colto solo le reazioni scomposte del centrosinistra e avrebbe pensato: "Hai visto come si agitano? Allora c'è sotto qualcosa, allora sono sporchi anche loro!". Era tutto calcolato: chiunque avrebbe avuto delle reazioni per un atto così teppistico. Perfino l'eventuale silenzio, o l'assenza di reazioni, sarebbe stato percepito come "colpevole".

Si chiama agenda setting. Una teoria secondo cui i media non intervengono sul pubblico persuadendolo o inducendo precisi comportamenti con condizionamenti più o meno espliciti, ma determinano invece quali sono le informazioni e quali i valori che devono diventare rilevanti per il pubblico stesso. L'attività dell'emittente non si limiterebbe quindi al diffondere le informazioni ma ad evidenziare, all'interno della realtà, alcuni aspetti (ciò che si definisce "focalizzazione") fornendo nello stesso tempo le chiavi interpretative (ciò che si definisce "framing"). Le prime insinuazioni di Berlusconi sulle cooperative rosse erano già focalizzazione. Il fatto di andare alla procura per svelare chissà quali segreti è framing, indipendentemente da quello che ha detto.

E il gioco continua. Continuano le insinuazioni, continua il framing. Molti nel centrosinistra si chiedono se dietro a questa strategia ci sia uno staff di esperti di comunicazione. Sicuramente non c'è. L'equivoco in cui cade chi non ha molta dimestichezza con queste tecniche, è il ritenere che per mettere in atto una "strategia di comunicazione" occorrano chissà quali esperti, quante ricerche e quanto tempo per elaborarla. La verità è che chi mastica di comunicazione è in grado di decidere la strategia intuitivamente, in pochi istanti, senza tanta teoria. Così come ha fatto Berlusconi. Con un minimo sforzo ha ottenuto un grande risultato: il centrodestra è in risalita. Non era avanspettacolo.

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