La manovra del governo giallorosso è piccola e quasi per nulla espansiva, ma rappresenta comunque un lieto fine per questo 2019, che doveva essere “bellissimo” e ha rischiato di trasformarsi in un incubo. Visti i propositi della Lega - flat tax e condoni a suon di deficit, con aumenti Iva e procedura d’infrazione Ue come danni collaterali - il Paese ha schivato una pallottola diretta al cuore. Perciò a lamentarsi adesso si fa la figura di chi, quando il dito indica la luna, guarda il dito.

L’alleanza fra Pd e Movimento 5 Stelle è nata per impedire il trionfo elettorale di Matteo Salvini, una scelta legittima quanto opportuna. Tuttavia, non c’è da stupirsi se adesso dem e grillini dimostrano di avere poche idee (e nemmeno troppo chiare) sulle scelte da compiere per rilanciare il Paese. I due partiti non riescono a esprimere un’idea coerente di società nemmeno presi singolarmente, figurarsi in coppia. Non a caso, anche dopo settimane di trattative, un programma condiviso fra i due alleati di Governo non riesce a prendere forma.

Al momento, le certezze sulla legge di bilancio sono poche e riguardano l’impianto generale. Il valore iniziale della manovra è pari a 29 miliardi di euro (ma di solito si gonfia con il passaggio in Parlamento): di questi, 23,1 serviranno a evitare gli aumenti Iva, un po’ più di 3 saranno impiegati per le “spese indifferibili”, come le missioni all’estero, e altri 2,6 per il taglio del cuneo fiscale, cioè per detassare le buste paga dei lavoratori dipendenti. E così siamo già arrivati a 29 miliardi.

In sostanza, l’unico intervento espansivo sarebbe quello sul cuneo, a cui però sono destinate risorse davvero scarse, la metà di quelle che il Pd avrebbe voluto. Se poi davvero la misura sarà spalmata sulla stessa platea prevista per il bonus Renzi da 80 euro (che è ampia, ma non comprende le fasce più povere della popolazione) è probabile che l’impatto sulla crescita del Pil sarà prossimo allo zero.

Ancora meno toccherà a famiglie. Sul progetto di “assegno unico” per ogni figlio continua la diatriba nella maggioranza: alla fine l’intervento potrebbe essere inserito in manovra, ma sarebbe una partita di giro, perché si accompagnerebbe alla cancellazione degli assegni familiari e di tutti gli altri bonus previsti oggi per le famiglie. Non sono da escludere nemmeno una compensazione per chi riceve il reddito di cittadinanza (che si vedrebbe scalare l’importo dell’assegno unico) e una rimodulazione delle finestre d’uscita per quota 100. Tutto pur di non tirare fuori un euro in più.

La pochezza di questa manovra non deve però suggerire che le coperture siano facili da trovare. Non lo sono mai. Dopo i 14 miliardi di “flessibilità aggiuntiva” chiesta e ottenuta (ufficiosamente) da Bruxelles, la voce più significativa nella colonna delle entrate è il gettito portato dalla lotta all’evasione fiscale, che secondo il Governo arriverà a quota 7,2 miliardi. Una cifra molto difficile da raggiungere in 12 mesi, sulla quale Banca d’Italia e Corte dei Conti hanno già espresso perplessità. Calcoli alla mano, due miliardi dovrebbero arrivare grazie allo schema di misure già in vigore e altri tre dalle novità che saranno inserite nel decretone fiscale allegato alla manovra (bonus per incentivare i pagamenti digitali e riduzione del tetto ai contati da tremila a mille euro). Mancherebbero quindi all’appello almeno un paio di miliardi.

Le altre coperture sono tutte d’importo assai più contenuto. Tra le più importanti ci sono il taglio dei sussidi dannosi dal punto di vista ambientale e una sforbiciata alle detrazioni e alle deduzioni per i contribuenti più ricchi (1,8 miliardi attesi da ciascuna delle due misure).

Insomma, ci aspetta una manovra fiacca, che di certo non sosterrà la crescita del Paese. Ma nemmeno lo affonderà, come avrebbe fatto Salvini.

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