Draghi ci ricorda, in questi giorni, la leggendaria Sora Camilla, che tutti vogliono ma nessuno si piglia. Avrebbe voluto approfittare da par suo dell’alquanto maldestro tentativo di Conte di porre dei paletti all’azione del suo governo, riaffermando la sua primazia assoluta. In tal modo avrebbe inferto un ulteriore colpo alla democrazia repubblicana, nella blanda forma rappresentativa che essa aveva assunto fin dal suo sorgere nel secondo dopoguerra ma che è stata via snaturata, depotenziando e svilendo il ruolo dei cosiddetti corpi intermedi, a cominciare dai sindacati, e dello stesso Parlamento e dei partiti. Alla fine però, per eccesso di tracotanza, si è sparato sui piedi, ma non è detto che questo esito gli dispiaccia, dato che traspare in modo evidente che voleva andare.

 

La grande risorsa e peculiarità di Mario Draghi, qualità che gli va riconosciuta, è quella di incarnare e rappresentare nel modo più immediato e chiaro le esigenze del capitale finanziario transnazionale, di cui è da sempre un agente intelligente, accorto e lungimirante.  Per questo egli raccoglieva tanti e tanto entusiasti consensi  tra forze politiche sempre più screditate, tra le quali l’informe ammasso protoplasmatico ispirato esclusivamente alla gestione del potere residuo che si rende possibile una volta soddisfatte le esigenze strategiche del capitale suddetto, che risponde al nome di Partito democratico.  O le varianti del virus rappresentate dai  raggruppamenti ispirati da un certo finto populismo tinteggiato di razzismo, come Lega, i rottami di Forza Italia, o, al di là delle apparenze, Fratelli d’Italia. O anche il pulviscolo impazzito dei micro-organismi che affollano il cosiddetto centro politico. Qualcosa però, ieri, 20 luglio 2022, si è rotto, maturando l’ennesima contraddizione, quella tra le esigenze del capitale e un sistema politico oramai disastrato e alla frutta.

Il  peggiore aspetto del discorso tenuto ieri, 20 luglio 2022, da Mario Draghi è stato costituito dalla dissennatamente caparbia volontà di continuare ad armare l’Ucraina. Questa è stata una follia fin dal principio, ma tale carattere emerge con sempre maggiore nettezza man mano sul campo si consolida una situazione di stallo abbastanza consolidato che permetterebbe oggi il rilancio di un’ipotesi negoziale basata sui due pilastri da tempo identificati come base della soluzione pacifica del conflitto, e cioè neutralizzazione permanente dell’Ucraina e autodeterminazione  delle popolazioni dei territori contestati (Crimea e Donbass).  L’assenza di ogni iniziativa in questo senso rende invece inevitabile un ulteriore peggioramento del conflitto, alimentato proprio dal disperato revanscismo ucraino che Draghi ha scelto da tempo di fomentare. L’impossibile scenario di una vittoria ucraina costituisce in realtà il presupposto di degenerazioni incontrollabili del conflitto (si veda su tale ipotesi What If the War in Ukraine Spins Out of Control? | Foreign Affairs).

Mario Draghi aveva scelto, nel momento in cui si riproponeva alla guida del Paese, di giocare fino in fondo il ruolo di guerrafondaio irresponsabile. Ciò deriva a ben vedere dal fatto che il capitale finanziario transnazionale occidentale di cui Draghi è un esemplare commesso, sta oggi scegliendo la guerra come sua dimensione preferenziale e unica alternativa a un declino che non è solo quello, oramai evidentissimo, dello Stato-guida, gli Stati Uniti d’America, ma di un intero sistema di potere sempre meno in grado di far fronte alle più elementari esigenze di miliardi di uomini e di donne nel  mondo.  Se questo è il quadro, si può ben ipotizzare che strade non diverse verranno scelte, su questa questione strategica, da chiunque gli succeda, si trattasse del fronte repubblicano alla Macron vaneggiato da Calenda o delle solite rognosissime destre intrise di razzismo e corruzione.

Questo vale per la guerra come per le altre questioni di fondo (diritti dei lavoratori, tipo di sviluppo). Si prospetta una crisi permanente e in via di accelerazione vertiginosa su tutti i piani, da quello militare a quello economico, dalla pandemia alla riscaldamento globale. La maionese impazzita di partiti sempre più estranei al popolo italiano sta rotolando verso l’abisso. Unica contromisura possibile l’auto-organizzazione dal basso abbinata all’emergere di nuove forze che sappiano esprimere la vera volontà del popolo italiano, che vuole pace e non guerra, equità sociale e garanzia dei diritti e non tutela del capitale finanziario internazionale. Ovviamente nessuno dei principali partiti politici rappresentati in Parlamento, si tratti della destra, del PD o del miserabile pulviscolo centrista dei carrieristi alla ricerca di prebende, sarà in grado di dare una minima risposta positiva a questa sacrosanta esigenza. Prendiamone atto e lavoriamo per l’alternativa. Non sarà domani, ma prima o poi dovrà essere e bisogna lavorarci fin da subito.

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