L’esordio politico del governo della Meloni lo si è avuto nel suo discorso d’insediamento al Senato. Tralasciando gli insulti all’opposizione - che ricordano l’eleganza della signora - i contenuti programmatici hanno immediatamente reso chiaro i tratti salienti del governo di destra appena insediato.

Il nuovo governo è la continuazione di quello precedente con altri mezzi e non c’è da stupirsi: il liberalismo è superato da crisi e guerre che tirano fuori l’essenza vera, repressiva e reazionaria, del capitalismo in crisi. E se definire quello della Meloni un governo fascista risulterebbe una esagerazione terminologica applicata ad un errore di lettura storica, altrettanto errato sarebbe definirlo democratico, basta coglierne i tratti. E’ stucchevole il dibattito sulla Meloni fascista o no. Certo che lo è, ed è perfettamente evidente che negli atti conferma quello che a voce smentisce.

 

Nel suo discorso d’insediamento ha volutamente ignorato la Resistenza nella ricostruzione della storia italiana, perché non si può rivendicare il ruolo di Almirante e quello di Longo o Pertini o Parri, visto che non si possono tenere insieme i partigiani e i loro fucilatori. Meno che mai si possono ricordare coloro che apposero la firma sulla Costituzione Italiana, perché malgrado vi abbia posto giuramento, è noto come voglia disossarla e svuotarla di contenuto.

E’ possibile e auspicabile che la Meloni ritenga un orrore le leggi razziali, ma questo di per sé vuol dire poco quando si ricorda con affetto chi le promulgò e chi le difese (Almirante). Fratelli d’Italia conserva nel simbolo la fiamma del MSI che ricordava quella di Predappio dove è sepolto chi le leggi razziali le promulgò e questo qualcosa vorrà pur dire. O erano a corto di idee grafiche per il nuovo, vecchio simbolo?

Nel suo discorso d’insediamento al Senato si trova l’essenza del suo programma identitario, prima che politico, ovvero tutto il fascismo di cui la Meloni è portatrice. E’ in contrapposizione ai diritti sociali e civili, è un’applicazione del capitalismo turbo liberista su un impianto ordinamentale da stato teocratico e patriarcale: per capirci quello che vuole assegnare cittadinanza giuridica a un feto ma lascia che muoiano le donne in mare sui barconi. Non per caso insedia alla presidenza della Camera Fontana ed assegna un ministero alla Roccella, due esempi del peggior oscurantismo reazionario in tema di diritti civili e di lettura di genere, due italiani di cui vergognarsi.

L’inizio del governo ne annuncia il cammino: respingimenti alle navi dei migranti, cariche della polizia agli studenti e proposte di legge per i feti, giudicati giuridicamente prevalenti sulle donne. Un misto di quanto si diceva prima: razza, classe e genere, oltre al ruolo di servitù verso il grande padronato. E sarebbe questa la “destra sociale” sbandierata come finto superamento di quella storica? Nel ricordare che la Meloni ha votato tutte le porcherie concepite da Monti a Draghi, a spiegare in che modo legge il conflitto sociale, c'è la proposta dell’aumento di migliaia di Euro nell’uso del contante, regalando a esercenti e imprenditori la possibilità di riciclare il nero; simmetricamente, annuncia voler colpire i più poveri abolendo il reddito di cittadinanza.

Che non è l’elemosina delle dame di San Vincenzo, ma lo strumento fondamentale per il contenimento di una crisi sociale. E non è prodotto di una cultura assistenziale, perché viene difeso persino dalla UE, che raccomanda di non abolirlo ma implementarlo. Ma abolirlo è passaggio decisivo per riportare i salari a tre o 4 euro orari e incentivare il potere ricattatorio dei datori di lavoro e sono questi gli obblighi da adempiere di chi si dice “non ricattabile”. Se non vuole scomparire dal sistema mediatico che l’ha sospinta e difesa e non vuole rischiare di tornare in fretta a casa, sa cosa deve fare.

Si possono passare gli ultimi anni a rifarsi il look estetico e politico, ma ciò che si è e come davvero si è, difficilmente può essere occultato sempre e per sempre. Le espressioni di rabbia e odio che vengono captate da istantanee non intercettate e confliggono con i sorrisi finti, così come le urla e gli strepitii ai comizi, sfoggiano tutto il fascismo che nega successivamente. Da un lato rassicura gli alleati inconfessabili, dall’altro minaccia gli avversari reo confessi. Un Giano bifronte non nuovo nel teatrino della politica italiana, alla quale la Meloni non apporterà niente di nuovo e niente di bello.

 

Ex, neo, post e smemorati

Ex, neo o post fascista? Proviamo a chiarire. La differenza tra ex, neo e post fascismo risiede della sfacciataggine di dichiararvisi. Salvo nei casi come La Russa a cui possono essere applicate entrambi i profili, non c’è differenza tra ex e neo, sono semplicemente due applicazioni temporalmente diverse. Non a caso la Meloni, non potendo dire né sì né no, a domanda precisa rispondeva che lei era nata dopo. Come se essere nati successivamente alla nascita di una ideologia fosse un ostacolo a seguirla. Come se essendo nati 2000 anni dopo l’edificazione di San Pietro impedisse di dichiararsi cattolici, apostolici e romani.

Il fascismo, in tutte le epoche storiche, è stato un’arma al servizio dei grandi potentati economici: arrivato al potere grazie all'appoggio di monarchia, latifondo, industriali e chiesa, non ha mai offerto un percorso di emancipazione e liberazione; al contrario, li ha combattuti. Sin dall’inizio del 20esimo secolo viene usato come extrema ratio per contrastare l’insorgere delle forze popolari o per affrontare crisi definitive dell’impianto sistemico: fino a quando infatti il controllo sociale funziona e si ritiene che la crisi sia congiunturale e non strutturale, il ricorso ai fascisti lo si considera controproducente.

Per declinare il fascismo di oggi non serve ironizzare sul cerchio di fuoco o sulle marcette al passo dell’oca. Il fascismo è quello che è sempre stato e che sempre sarà: una tragedia storica, un mix di ignoranza e fondamentalismo religioso fatto di odio di classe, concezione militarista della società, xenofobia e patriarcato. Nell’azzeramento dei diritti sociali e politici espone il modello di organizzazione sociale centralizzata e controllante che elimina ogni forma di laicità ed ha nel confessionalismo e nella repressione del dissenso il suo modello di governo.

Questo governo nasce mentre il conflitto in Europa può davvero innescare la più grave crisi sociale del dopoguerra e rappresenta la rivincita di un grumo oscurantista verso una società che per decenni, relegandolo ai margini, ha tenuto insieme conquiste sociali e civili.

A sentire la Meloni dovrebbe farla finita con “la pacchia”, ma rischia di finire nel circo. Doveva essere un governo di “volti nuovi e credibili” e di “alto profilo” ma poi, dalla Santanchè in poi, si rivela miserevole, privo di aurorevolezza e quasi tutto già visto nei governi Berlusconi. I rischi per la sua sopravvivenza vengono dai sommovimenti tellurici del quadro politico, e più dal fuoco amico che dalle opposizioni. Che sono, ad eccezione dei 5 stelle, opposizioni nominali, non programmatiche.

In questa fase, dove il grande reset dell’Occidente ha bisogno di maggiore controllo ed indirizzo delle dinamiche politiche interne ad ogni singolo paese come a livello globale, in molta parte dell’Europa e negli USA i fascisti crescono grazie a 50 anni di continue crisi economiche, finanziarie, politiche, militari, sociali, culturali, energetiche e ambientali, di governabilità e di sostenibilità. Per fronteggiarli sarà necessario unire tutti e tutto, fargli assaporare un clima difficile che contribuisca a scassinare un governo che ha al suo interno più differenze che omogeneità. L’opposizione di sua maestà, nostalgica di Draghi, difficilmente sopravviverà in quanto tale: è destinata a fondersi con una parte di Forza Italia e Renzi, per (ri)formare la versione 3.0 della DC.

Agli altri non resta che scartarsi e agire spregiudicatamente, mettendo in secondo piano gli apparati autoreferenziali e le differenze su ogni singolo avverbio o aggettivo. Non si tratta di rottamare uomini ma di rottamare politiche sbagliate e progetti subalterni, quelli dove i simboli prevalgono sulle idee. Guardare a Conte e ai 5 Stelle come perno su cui far girare una nuova stagione dell’opposizione appare l’unica scelta possibile, condizionarne i contenuti è l’unico ruolo auspicabile. A tal riguardo, riprendere l’iniziativa politica e culturale della sinistra aiuterebbe.

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