di Sara Nicoli

Adesso bisogna solo attendere e vedere davvero quello che farà. Anche se tutto lascia presupporre che il Cavaliere metterà in pratica esattamente quello che ha detto ieri ai suoi a commento dell'intervento del Presidente Ciampi che richiamava al concetto di democrazia insito nella par condicio. "E' un attacco personale nei miei confronti: me ne frego", questa la sobria risposta.
Dopo il rinvio alle Camere della legge Pecorella, la contesa sulla data del voto, l'essere invitato a firmare un impegno scritto è risultato insopportabile. Il cavaliere si è sentito piccato, "come se la mia parola non avesse valore", da quel richiamo di Ciampi ad applicare la par condicio anche prima che entri formalmente in vigore. Le parole del capo dello Stato hanno avuto per Berlusconi un solo significato: Ciampi è sceso in campo contro di lui per favorire l'Unione. A Berlusconi, infatti, la parola democrazia non gli entra proprio in testa e valga per tutti, come esempio, quanto è riuscito a far fare ai suoi commissari in Vigilanza Rai la scorsa settimana, quando un gioco sottile di emendamenti da parte della maggioranza della Cdl, ha consentito l'approvazione di un regolamento che, in buona sostanza, non ha lasciato alcuno spazio televisivo Rai ai piccoli partiti e reso comunque complicata l'applicazione reale della par condicio nei programmi della tv pubblica. Si è trattato di un modo come un altro per disinnescare una legge che i tempi parlamentari, ma anche l'opportunità politica, non gli hanno consentito di stravolgere come avrebbe voluto. Ecco perchè il Presidente della repubblica è stato costretto a fare nuovamente la voce grossa invocando il rispetto delle regole. Solo che questo, per Berlusconi, è inaccettabile. Perché il padrone è lui, comanda lui, decide tutto lui e guai a chi osa contraddirlo, casomai ricordandogli che le regole valgono per tutti, non solo per gli altri. E quando viene richiamato all'ordine si comporta in modo aggressivo e infantile, denigrando l'avversario e cercando di screditare i suoi vessilli normativi. Come la par condicio che lui continua a chiamare, nei comizi, "marx condicio" non facendo più ridere neppure Cicchitto. Il messaggio del Cavaliere, comunque, è stato chiaro: è una legge bavaglio e illiberale che entrerà in vigore dall'11 febbraio. Fino ad allora, questo il sobrio messaggio, "continuerò a fare un po' come cavolo mi pare".

Non gli sarà così facile, ma ha comunque delle possibilità. Perché il Quirinale si è confermato il solo, vero avversario della prepotenza mediatica e istituzionale del Cavaliere. L'Unione e Prodi si riparano dietro le prorompenti iniziative del Colle, dando l'idea di manifesta incapacità a fronteggiare la prepotenza del Presidente del Consiglio su qualsiasi piano. Tutti in coro dietro a Ciampi, ma da parte dei leader dell'Unione non si è ancora vista un'iniziativa, una mobilitazione, un sospiro capace di rubare, anche solo per un attimo, almeno la scena mediatica di Sua Emittenza.

Per non parlare di quella politica. La sinistra non riesce ad uscire dal complesso di una dirittura morale che si traduce, nell'era in cui si vince se si sfonda il video anche di prepotenza, in un'incapacità ed inadeguatezza comunicativa sconcertante. In questo momento, però, il Paese non sa che farsene dei "vincitori morali", ha bisogno di vincitori reali. D'altra parte, anche Ciampi ha perso tutti i duelli ingaggiati con il Cavaliere sul fronte delle regole, pur uscendone come "vincitore morale". A cosa è servito, sul piano pratico? A far dire agli elettori di sinistra "meno male che c'è Ciampi", pur essendo il Presidente solo una diga Costituzionale e di rispetto delle regole, non certo un avversario politico in campo contro il Premier: non è lui il candidato premier dell'Unione.

Il Cavaliere, infatti, è in rimonta nei sondaggi, giorno dopo giorno, perché la bulimia mediatica funziona, anche se lì per lì può dar fastidio anche a chi vota Forza Italia, ma alla fine paga. Ecco perchè c'è da giurare che anche quest'ultimo duello tra Quirinale e Palazzo Chigi sulla par condicio sortirà allo stesso risultato: il Cavaliere continuerà ad imperversare su tutte le tv ed anche oltre. In particolare in Rai, dove il Cda è incapace di controllare, figurarsi di fermare, la partigianeria dei direttori di rete, da Mimun a Berti, pronti a tutto pur di non peccare d'ingratitudine rispetto a chi li ha messi su quelle poltrone e gli garantirà, anche per il domani, un consono riconoscimento di carriera. Si può dire, dunque, che ancora una volta Ciampi ci ha provato. Ma fino all'11 febbraio assisteremo ancora al più massiccio tentativo di manipolazione del corpo elettorale della storia repubblicana. Nel silenzio, sdegnato e elitario, dell'Unione.

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