di Sara Nicoli

C'è sempre un'attenuante, ripescata dai giudici nelle larghe maglie dell'interpretazione della legge, che rende il reato di stupro meno pesante del previsto e, in qualche modo, giustificabile. Da mesi, ormai, si assiste con sempre maggiore frequenza ad un'escalation di sentenze che, facendo leva su pretestuose analisi sull'ambiente sociale degradato o sul fatto che "la vittima non era vergine", anche se poi era una bambina, sembrano tendere a voler ripristinare l'antica bestialità secondo la quale se la donna si nega, l'uomo ha il diritto di prendersela lo stesso. Nel nome - appunto - del sacro "diritto" dell'uomo ad avere rapporti sessuali e al "dovere" della donna di soggiacere. Il vecchio stereotipo di sempre, la donna oggetto e l'uomo come unico depositario del diritto al piacere. L'ultimo caso di questo ritorno all'uomo di Neanderthal, non meno eclatante degli altri, è arrivato ieri da Cagliari, dove illuminati giudici della Corte d'Appello, stavolta se la sono presa con una moglie sfortunata, una delle tante nel mondo, che pur essendo vittima di continui soprusi da parte del legittimo consorte, resisteva nella gabbia del legame matrimoniale in nome della famigerata unità della famiglia, negando però al marito i famosi "doveri coniugali".

Non l'avesse mai fatto. Lui, indubbio esponente di quella parte del mondo maschile che ragiona solo in virtù delle proprie pulsioni ormonali, per un po' ha resistito, poi se l'è presa con la forza. Lei l'ha denunciato e in primo grado i giudici l'hanno giustamente condannato a 4 anni di galera. Ma non si erano fatti i conti fino in fondo: sono arrivati loro, gli illuminati della Corte d'Appello, che hanno ridotto questa pena a soli due anni e gli hanno concesso pure la condizionale. Perché? Ecco il capolavoro: se la violenza sessuale viene compiuta dal marito, nelle mura domestiche, anziché da uno sconosciuto, il trauma é diverso e il danno psicologico per la donna é minore. L'avvocato difensore dell'uomo, Pierluigi Pau, ha spiegato che ''in base al terzo comma dell'art. 609 bis del Codice penale, nei casi di minore gravità la pena e' diminuita in misura non eccedente i due terzi. Questo caso e' stato ritenuto appunto di minore gravità, ma questo non perché tra coniugi può essere consentito ciò che si vuole, ma perché é comprensibile che il danno psichico che subisce la moglie é diverso da chi viene improvvisamente presa e portata in un luogo nascosto per essere violentata''. A stabilire cosa ha provato una donna nell'essere costretta a un rapporto sessuale controvoglia, ovviamente degli uomini.

Ora, al di là della condanna morale che sentenze come queste fanno emergere nei confronti di chi le ha emesse, quello che si deve analizzare é la recrudescenza del fenomeno revisionista nei confronti della parità dei diritti tra uomo e donna su tutti i fronti, a partire principalmente dal sesso. Quello a cui si assiste è il subdolo tentativo, da parte di una giustizia sempre troppo indulgente verso gli uomini, di ripristinare, a botte di interpretazioni capziose, l'antico e mai sopito principio secondo cui, per le donne, il sesso deve essere principalmente un dovere, una "missione sacrificale" per soddisfare l'uomo e, possibilmente, per renderlo padre: il loro "piacere" è un dettaglio trascurabile o comunque, una realtà imbarazzante, che costringe gli uomini ad un coinvolgimento ben diverso dal semplice sfogo meccanico che tanto gli esalta e, soprattutto, poco li impegna.

Ed è quello stesso principio che, in anni diversi, i giudici tentavano di far passare utilizzando l'adescamento (anche quando non si trattava di praticanti della professione più antica del mondo) per stabilire che, comunque, la colpa di uno stupro è sempre della donna "tentatrice", nel nome dell'antica e pelosa solidarietà maschile che nessuno riuscirà mai a scalfire nei secoli, ma che certo non è degna della giustizia di un Paese civile. Che, continuando sulla strada della lenta delegittimazione di uno dei reati più vergognosi e vigliacchi, non farà altro che alimentare il ritorno alla negazione della violenza domestica che, spesso, sfoga in qualcosa di ancora più terribile, ossia nell'omicidio.

Le donne che non si sentono più tutelate dalla giustizia, cercano altre strade per difendersi. Qualche volta, però, non fanno in tempo a mettersi in salvo e finiscono come quella ventenne di Venezia, sepolta viva con il suo bambino in grembo, o come tante altre meno note, uccise dalla furia di compagni squilibrati o mariti balordi. Perché un giudice, una volta di più, ha chiuso un occhio. Anzi, tutti e due.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy