di Carlo Benedetti

Il Vaticano lo definisce un "pellegrinaggio apostolico" ma la realtà diplomatica - che si distingue spesso con i suoi respiri "culturali" - lo inquadra nell'ambito di una vera e propria missione d'intelligence nei confronti dell'Est. Perché questa prima uscita all'estero del papa Joseph Ratzinger (in Polonia dal 25 al 28 maggio) pur essendo presentata come prosecuzione ideale del cammino "sulle orme di Giovanni Paolo II" assume un significato geopolitico del tutto particolare. Certo, c'é la volontà di propagandare il viaggio come un omaggio alla terra del papa Polacco. Ma c'è soprattutto l'intento di avviare un pontificato che - come già fece Karol Wojtyla - comprenda in primo luogo una politica verso l'Est. Varsavia, quindi, come base logistica e poi altre terre e capitali sino a giungere a quella Mosca che ha sempre respinto i contatti con il Vaticano. E non è un caso se proprio a ridosso di questa missione il papa, a Roma, si è incontrato con il suo "agente" a Mosca, l'arcivescovo Tadeusz Kondrusiewic. Un colloquio sul quale nulla è filtrato se non il fatto che il Cremlino non ha ancora sciolto, appunto, le tante riserve nei confronti della Chiesa romana. E allora: viaggio strategico? E perché in questo momento? Diciamo subito che appare "strategico" perché la Polonia è, in tutto l'Est, il Paese dove la Chiesa può contare sui maggiori appoggi: religiosi ed anche economici. Su una popolazione di trentotto milioni di abitanti i cattolici trentasei; le circoscrizioni ecclesiastiche sono 45; le parrocchie 10.114; i vescovi 133; i sacerdoti diocesani 22.221; i membri laici di istituti secolari 1.081. E ancora: per ogni 1000 "cattolici" c'è un sacerdote; ci sono 1240 scuole materne e primarie controllate o dirette dalla Chiesa; 69 sono le scuole superiori e le università cattoliche dove studiano oltre centomila studenti. E la Chiesa ha anche 33 ospedali, 267 case per anziani; 1820 consultori familiari; 1462 centri di rieducazione sociale… Un vero e proprio impero che è ora mobilitato in questa "ostpolitik" del papa tedesco, obbligato a superare quel gap nei confronti della Polonia che gli deriva dall'essere, appunto, un "tedesco". E cioè appartenente ad una nazione che la Polonia non ha mai considerato di buon occhio…

C'è poi la particolarità del momento. Perché proprio di recente si è verificato un duro scontro tra il Vaticano e quell'ala integralista del cattolicesimo polacco che si caratterizza per le sue tendenze antisemite e per i forti legami con il governo nazionalconservatore di Kazimierz Marcinkiewicz. Ratzinger, in tal senso, si è mostrato preoccupato per la situazione che si è venuta a creare nel Paese, dove un "suo" sacerdote - padre Tadeusz Rydzyk, dell'ordine dei Redentoristi che controlla ben 47 emittenti locali e il giornale Nasz Dzienik - si è messo alla testa di una rivolta di palazzo, utilizzando lo strumento mediatico di "Radio Maria" che, trasmettendo ai suoi quattro milioni di ascoltatori slogan antisemiti e razzisti, ha già diviso il paese. Da una parte c'è una Polonia che si considera moderna, europea e liberaldemocratica; dall'altra una Polonia che conserva il suo humus nazionalconservatore: mitteleuropea, ma diffidente nei confronti del continente di oggi. "Radio Maria" (che si autofinanzia e che è di proprietà della Congregazione redentorista) cerca di interpretare i sentimenti nazionali. Rifiuta sia il laicismo sia la Chiesa del dialogo. Ieri non ha accettato le linee del papa polacco ed oggi - nella nuova dimensione internazionale - guarda con preoccupazione alle filosofie di Ratzinger. Non solo, ma interviene anche nella vita istituzionale appoggiando le destre nazionalconservatrici. Questo desta l'attenzione del Vaticano nei confronti di questa situazione dalla quale potrebbe scaturire una vera e propria "questione polacca" dai contorni imprecisi e sfumati.

Ora per Ratzinger - che vorrebbe utilizzare la Polonia come trampolino di lancio per tentare l'aggancio al paese confinante, la Russia dell'Ortodossia - l'ostacolo viene proprio dall'interno del suo "campo". Da qui la fitta agenda dei colloqui che avrà a Varsavia, a Czestochowa, a Cracovia e a Wadowice. Un vero tour de force durante il quale cercherà di saggiare il terreno di un clero che rischia di perdere il controllo della realtà. Ratzinger dovrà fare anche uno sforzo particolare per stabilire contatti con la nuova intellighentsija cattolica. (Un tempo li aveva solo con gli esponenti più oltranzisti della Chiesa dell'est e tra questi il cardinale Stefan Wyszynski). Alla vigilia del nuovo "pellegrinaggio" si può dire che la comunità nazionale polacca - che ha vissuto il socialismo di Jaruszelskij, le avventure dell'elettricista di Danzica (Walesa), il post sovietismo di Kwasniewskij e le benedizioni del papa Wojtyla - si trova a sperimentare direttamente il sentimento della propria comune appartenenza alla reale nazionalità.

Nello stesso tempo è anche vero che la grave crisi che ha travolto la Polonia ha cancellato molti segni di modernità e di progresso. Oggi si cercano di distinguere - proprio in questo crogiolo nazionale che si agita nel cuore della vecchia Europa - nuove identità etniche. Tenendo sempre conto che quel certo pluralismo culturale che si afferma - sia a livello dell'alta accademia sia a livello della bassa opinione pubblica - tende a proporre nuovi stereotipi. E' proprio così che la Polonia di oggi si trova a dover operare scelte ideologiche spesso contraddittorie rivedendo e rielaborando quegli atteggiamenti di un tempo - dalla Varsavia sovietica a quella cattocapitalista - alla ricerca di un reale senso di giustizia sociale guidato da uomini che non hanno bisogno di benedizioni papali. Ratzinger, in tal senso, potrà solo rendere omaggio alla memoria di Wojtyla, ma non dovrà dettare il suo credo al governo e alla Polonia intera. Dovrà tener conto che la vicina Mosca segue con estrema attenzione il viaggio che si snoda lungo i suoi confini. Che non sono quelli tradizionali tra la Chiesa di Roma e il Patriarcato di Mosca. Per il Cremlino se Wojtyla era un polacco questo Ratzinger è pur sempre un tedesco. E non è poco.

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