di Agnese Licata

Nel 2003 erano 1.066. Nel 2006 sono arrivate a 4.173. Praticamente quadruplicate in soli tre anni. Si tratta delle coppie che, una volta scelta la strada della procreazione assistita, preferiscono varcare i confini e affidare le proprie speranze di futuri genitori a una clinica straniera. I dati dell’Osservatorio sul turismo procreativo parlano chiaro. Di mezzo c’è l’ormai tristemente famosa legge 40 sulla procreazione assistita, approvata dal Parlamento nel febbraio del 2004. Prevedere un incremento di questo fenomeno, all’indomani dell’entrata in vigore della norma, non era certo difficile. Non era difficile pensare che diventando l’unico Paese europeo a vietare in toto la fecondazione eterologa (cioè l’utilizzo di spermatozoi o ovociti non appartenenti alla coppia) non si sarebbe fatto altro che colpire la libertà di scelta solo di coloro che questo cosiddetto “turismo procreativo” non può permetterselo. Se a ciò si aggiunge il divieto di qualsiasi analisi pre-impianto (ossia la possibilità di verificare che gli embrioni fecondati non siano portatori di malattie genetiche, prima del loro impianto nell’utero), oltre all’impossibilità di fecondare più di tre embrioni per volta e di congelare quelli in eccesso (per evitare che la donna debba sottoporre a una seconda pesante cura ormonale in caso di un iniziale insuccesso), si capisce perché i dati forniti dall’Osservatorio non possano e non debbano stupire. La ricerca dell’Osservatorio ha coinvolto 27 centri specializzati in Europa e Stati Uniti. La gran parte delle coppie italiane preferisce rivolgersi a una delle sette cliniche spagnole. Qua, infatti, si concentrano ben 1.365 coppie, mentre prima dell’approvazione della legge 40 erano appena 60. Questa preferenza si deve - oltre che a una vicinanza geografica e culturale con la penisola iberica che di certo facilita le cose e limita i costi - a una legge spagnola che consente sia l’ovodonazione (ossia l’utilizzo degli ovuli di una donatrice) sia l’analisi pre-impianto. Anche in Svizzera, e in particolar modo a Lugano, è stato registrato un aumento degli italiani che vi si recano soprattutto per la possibilità di congelare gli embrioni (mentre è invece vietata l’ovodonazione). In Grecia, poi, fino a tre anni fa, gli italiani non andavano affatto. Adesso, invece, le coppie italiane presenti nei centri greci sono il 12-15 per cento del totale. La legge 40, voluta dalla destra e appoggiata anche da esponenti della sinistra, è riuscita anche a superare in rigidità quella della Turchia, che certo non può essere considerato un Paese attento alle libertà personali. La legge turca permette l’analisi pre-impianto e così la presenza italiana è aumentata dal 10 al 20 per cento.

Quella dei centri per la fecondazione medicalmente assistita sta diventando un’attività sempre più redditizia e usufruirne costerà sempre di più. Il risultato è una doppia discriminazione, basata esclusivamente sul volume del portafoglio. Da un lato ci sono le tante coppie italiane che non possono permettersi di pagare migliaia di euro per andare all’estero (anche perché le probabilità di successo sono abbastanza basse e spesso è necessario fare più impianti) e che quindi hanno davanti due strade: o rinunciare al proprio desiderio di avere un figlio, o sottostare a una legge che sacrifica le libertà di tutti al facile moralismo di una minima parte della società. Dall’altro c’è chi, di fronte ai prezzi sempre più proibitivi delle cliniche più attrezzate e con esperienza, si affida a mete alternative e più a buon mercato (come quella turca) ma con dubbie garanzie.

Ha scelto di rinunciare, ad esempio, la coppia di Cagliari che lo scorso 24 ottobre si era sentita dire dalla Corte Costituzionale che “non esiste, e non ha fondamento giuridico, la pretesa di avere un figlio sano”. I coniugi, entrambi portatori sani di anemia mediterranea, si erano già sottoposti con successo alla fecondazione artificiale. Ma, in questi casi, c’è il 25 per cento di probabilità che il bambino nasca malato di anemia, una malattia che costringe a continue trasfusioni di sangue, pesanti cure farmaceutiche e che, alla fine, conduce a una morte molto precoce. La coppia di Cagliari, di fronte a una diagnosi prenatale che apriva a loro figlio una prospettiva del genere, preferirono l’interruzione di gravidanza. Dal trauma che una scelta del genere comporta, nacque la decisione di chiedere un’analisi pre-impianto, rivolgendosi anche al Tribunale. Tutto conclusosi, appunto, con la totale chiusura della Consulta e la rinuncia della coppia.

Gli effetti disastrosi della legge 40 erano già possibile registrali nei primi mesi del 2005, quando un’indagine de Il Sole 24ore-Sanità aveva dipinto un quadro per niente roseo: percentuali di successo della fecondazione assistita dimezzate, con conseguente riduzione delle gravidanze (meno 15 per cento); diminuzione dei cicli di trattamento (dai 2.418 del 2003 ai 1.746 al momento della ricerca), causata dalla fuga all’estero delle coppie italiane; una crescita degli aborti (dal 17,2 al 23,1 per cento), e, infine, un aumento dei parti gemellari dal 14,2 al 18,6 per cento.

Che i parti gemellari continuino ad aumentare è stato confermato anche di recente da Andrea Borini, direttore di Cecos Italia (un’associazione costituita da 23 centri distribuiti su territorio nazionale che praticano procreazione medica assistita). Secondo Borini, a causa dell’obbligo istituito dalla legge 40 di trasferire nell’utero materno tutti gli embrioni ottenuti con la fecondazione in vitro, sono “aumentate in modo sensibile” le gravidanze gemellari. Da qui la proposta di renderne più flessibile l’applicazione.

Nuovi dati e informazioni arriveranno il prossimo febbraio. Per questa data, infatti, il ministro della Salute Livia Turco ha annunciato la presentazione del lavoro del Registro nazionale sulla fecondazione assistita, istituito presso l’Istituto superiore di sanità. Difficilmente arriveranno buone notizie, come altrettanto difficilmente l’attuale maggioranza deciderà di agire di conseguenza, modificando una legge assurda che lede i diritti, la libertà e la salute delle donne.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy