Mancanza di spazi scolastici, insegnanti non formati adeguatamente, ostacoli linguistici, accesso limitato al supporto psicosociale e classi di recupero limitate. Sono queste le più alte barriere che incontrano i minori stranieri nell’accesso all’istruzione in Europa, secondo il rapporto congiunto di UNHCR, UNICEF E IOM, Accesso all’istruzione per i minori rifugiati e migranti in Europa.

In Italia, nell’anno scolastico 2016-2017, erano registrati 634mila bambini non italiani, pari al 9,5 per cento del totale degli iscritti, il 46 per cento dei bambini non italiani era iscritto alla scuola primaria, il 26 per cento a quella secondaria inferiore e il 29 per cento alla secondaria superiore ma mancano dati sull’istruzione pre-primaria e le statistiche si limitano a distinguere tra studenti italiani e non, fra i quali quasi 488mila erano cittadini europei.

Un sondaggio condotto alla fine del 2017 sulla piattaforma Unicef U-Report on the Move, tra gli adolescenti rifugiati e i minori migranti che hanno risposto alle domande, il 49 per cento frequentava solo lezioni di lingua italiana e solo il 30 per cento frequentava regolari lezioni a scuola, con una grande differenza tra le regioni italiane mentre, stando a un sondaggio più recente, l’86 per cento dei ragazzi stranieri ha dichiarato che avrebbe voluto accedere a corsi di formazione. Tuttavia, pochissimi hanno visto esaudire il loro desiderio.

In effetti, il rapporto “Rafforzare l’istruzione dei rifugiati in tempi di crisi”, diffuso il 30 agosto da UNHCR, dice che oltre la metà dei bambini rifugiati non va a scuola: solo il 63 per cento frequenta la scuola elementare rispetto a una media globale del 91 per cento mentre gli adolescenti iscritti alla scuola secondaria sono il 24 per cento contro l’84 per cento della media mondiale. A fine 2018, si calcolavano quasi 26milioni di rifugiati nel mondo e dieci milioni avevano meno di diciotto anni, vivendo situazioni di crisi prolungate.

Per superare le difficoltà, i recenti rapporti pubblicati sostengono che i rifugiati debbano essere inseriti nei sistemi educativi nazionali anziché essere trasferiti in scuole alternative non ufficiali e che possano seguire programmi di studio riconosciuti durante tutto il ciclo dell’istruzione. Anche perché, a oggi, se gli adolescenti rifugiati aggirano le criticità del sistema, riuscendo a concludere la scuola superiore, solo il 3 per cento di loro sarà abbastanza fortunato da proseguire gli studi, una percentuale irrisoria rispetto alla media globale pari al 37 per cento.

E' perciò necessario rafforzare il legame tra le scuole e altri importanti servizi pubblici, come quello sanitario, per assicurare che vengano superati i fattori che contribuiscono a un precoce abbandono scolastico e perseguite le soluzione che garantiscono il proseguimento del percorso accademico.

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