di mazzetta

La memoria è un bene prezioso, da conservare e proteggere dagli inquinamenti di coloro i quali vorrebbero riscrivere la storia per nascondere le proprie colpe.
Nella conservazione della memoria la verità non è meno importate di quanto non lo sia nella cronaca, che altro non è che la scrittura giorno per giorno delle piccole e grandi storie dell'umanità.
Quando la menzogna si impadronisce della cronaca assistiamo a un delitto, come quando si cerca di manomettere la storia.
In questi giorni si celebra la giornata della memoria, nella quale si ricordano gli orrori dei lager e lo sterminio nazista di milioni di europei. Tra questi, milioni di ebrei condannati perché il loro credo religioso fu trasformato nell'appartenenza ad una razza, e come loro zingari, omosessuali, tutti etichettati come untermenschen, sotto-uomini, dalla propaganda nazista. Mentre si celebra la memoria di questi eventi, diventa ancora più insopportabile assistere allo stupro della cronaca che da anni l'occidente pratica quotidianamente grazie ad un apparato propagandistico ossessivo, efficace nel plasmare l'opinione e le coscienze alle quali si rivolge.
Un terribile esempio, anzi, molti orribili esempi, ce li ha forniti la vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi. Ciascuno può facilmente controllare come l'isteria abbia invaso i nostri media e come anche persone brillanti abbiano rivelato la loro debolezza e la sconfitta della loro intelligenza di fronte a anni di propaganda.
La vittoria di Hamas è anche la dimostrazione del fallimento israeliano nell'accettare i fondamenti della democrazia e del diritto internazionale; secondariamente è il fallimento dell'Occidente che, per vergogna o per scelta cinica, ha scelto di sostenere acriticamente una serie di governi israeliani che hanno deciso da tempo di rifiutare la pace, fidando sulla loro superiorità militare e sulla complicità americana. In questo senso le tante prese di posizione di queste ore risultano incomprensibili, a meno di non voler pensare che tanti commentatori siano abbiano abbracciato quella che Spivak chiama la "soppressione dell'informante nativo", fino al punto di dimenticare nei loro ragionamenti gli uomini e le donne che abitano in Palestina. Uomini e donne che, come le vittime dalla pelle scura di decine di guerre, sono gli untermenschen dell'informazione occidentale del ventunesimo secolo. Mentre cedono al pensiero isterico della presa del potere da parte dei "terroristi", tutti sembrano dimenticarsi come ciò sia potuto accadere. Nessuno o quasi si è chiesto perché Hamas sia stato votato in massa. Nessuno ha pensato a uomini e donne di Palestina, "informanti nativi" soppressi nella narrazione dei media, e come tali inesistenti untermenschen. Nessuno è riandato con la mente ai tragici inganni di Israele ai danni di un popolo costretto a vivere profugo sulla terra, tutti hanno sorvolato sulla storia che ha preceduto queste elezioni. Eppure la storia ci parla di un paese, Israele, che dopo essersi difeso dall'aggressione araba, ha praticato per anni una politica di oppressione sui palestinesi, occupato i loro territori e rifiutato ogni accordo che lo costringa ad accontentarsi dei confini che gli spetterebbero.

Tutti sembrano dimenticare che da decenni Israele occupa territori che non gli appartengono, quelli che con estrema ipocrisia chiama "territori contesi", che ancora oggi continua a progettare e costruire colonie nei territori occupati, che con la stessa ipocrisia chiama "insediamenti". Tutti dimenticano quella vergogna per l'umanità che è l'altissimo e lunghissimo muro (che l'ipocrisia degli agit-prop israeliani chiama "barriera difensiva"), costruito fuori dai confini di Israele, che ha tagliato paesi e villaggi, separando le famiglie palestinesi e trasformando la loro terra in tanti piccoli bantustan. Molti dimenticano che da decenni gran parte della popolazione palestinese vive in campi per profughi, e molto altro dell'oppressione israeliana.
Tutti dimenticano che tra chi ha sabotato la pace molti siedono alla Knesset; dimenticano la beffa di Oslo nonostante anche in Italia sia stata trasmessa una intervista di Giovanni Minoli a Netanyahu nella quale il leader israeliano si vantava di aver allora posto, dolosamente, condizioni inaccettabili ad Arafat; Altrettanto dimenticato che Israele abbia ignorato persino la farsesca Road Map, per non parlare delle pernacchie agli accordi di Ginevra e a quegli israeliani di buona volontà che ci avevano provato.
Lo stesso coro che ha applaudito al ritiro strategico di Sharon da Gaza come ad un gesto di pace, voltandosi dall'altra parte per non vedere che l'espansione delle colonie israeliane continuano a passo di carica in Cisgiordania. La superiorità militare e la gestione dell'immaginario sui media sono le sue armi, le armi del "nuovo modello di guerra occidentale", come lo chiamano M. Shaw e altri analisti, ma al di sotto della narrazione c'è il marcio; c'è anche la costruzione dell'arabo cattivo a sostituire il sovietico comunista.

Israele ama definirsi "l'unica democrazia del Medioriente", ma non merita questo titolo fino a che la realtà sottostante alla narrazione artificiosa è completamente diversa. Israele ha sempre avuto premier usciti dai quadri dell'esercito con il grado di generale, ed il loro approccio alla politica è sempre stato militare. Un approccio verticistico, per il quale la critica è un tradimento a favore del nemico e la forza il primo mezzo a disposizione.
In realtà c'è poco di democratico in un paese nel quale esistono leggi per gli ebrei e leggi per i non ebrei. Non c'è nulla di democratico nella pratica della degli omicidi mirati, che quando sono mirati male diventano stragi di civili esattamente come le bombe sugli autobus. Non c'è nulla di democratico nel demolire la casa di un genitore perché il figlio ha attaccato Israele, è solo una volgare rappresaglia. Non c'è nulla di democratico nelle espressioni che tanti cittadini israeliani rivolgono agli arabi, e ancora meno nell'impiego della menzogna e della propaganda ad uso politico.
Non stupisce che il governo Israeliano goda ora del sostegno delle destre al potere nel mondo, compresi personaggi impresentabili come il nostro premier, in prima fila nella platea impegnata nella ricostruzione revisionista del fascimo. Non stupisce che in questo clima, che ha portato anche alla depressione economica, si trasferiscano più ebrei in Germania che in Israele; chi vorrebbe vivere in un posto buono al massimo per qualche fanatico o per gli hareddim?
Gli israeliani non accecati dal sogno espansionista votano con i piedi e scappano da Israele; scappano dal sogno divenuto un incubo di guerra perenne, scappano verso la pace perché sanno che questa Israele ha scelto la guerra.

La memoria selettiva è un male, e i figli di Israele lo dovrebbero sapere bene, come lo dovrebbero sapere bene i figli dell'Occidente, già ingannati dalla propaganda nazista, e freschi di inganno grazie alle balle di Bush. La memoria selettiva uccide il principio dell'uguaglianza degli uomini, che oltre ad essere scritto nella Dichiarazione dei Diritti Umani è l'unico pilastro sul quale si possono costruire pace e democrazia, non certo sull'ipocrisia.

Non c'è quindi da temere Hamas, visto il totale controllo di Israele sui palestinesi e la loro terra, c'è da temere, e molto, l'affermazione della memoria selettiva.
Quella per la quale la Germania nega i risarcimenti agli zingari vittime dei lager affermando che non furono vittime di persecuzione razziale, ma di provvedimenti penali; o quella che ha spinto poco fa Bush a dimenticarsi che l'Iran è un paese "canaglia" e "terrorista", per votare insieme al paese persiano contro l'ammissione delle organizzazioni degli omosessuali alle Nazioni Unite. Quando tutto diventa opinabile, quando la notte si fa scura e tutte le vacche diventano nere, spariscono i punti fermi e il mondo brancola nelle tenebre; allora accade che anche le persone più insospettabili attacchino la democrazia, perché è un sistema che consente l'elezione dei "terroristi", aprendo una voragine nella quale può precipitare tutta la nostra presunta civiltà e il nostro scombinato, incerto, sistema di "valori".

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