Gaza, il mercato della tregua

di Michele Paris

La proposta di tregua a Gaza presentata dall’amministrazione Biden e appoggiata a inizio settimana dal Consiglio di Sicurezza ONU continua a essere ostaggio delle contraddizioni all’interno del gabinetto Netanyahu e degli equilibrismi della Casa Bianca per cercare di gestire una crisi ormai quasi del tutto fuori controllo. Mentre il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è impegnato...
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Trump e i pentiti di Wall Street

di Mario Lombardo

Se i guai legali in cui è invischiato Donald Trump possono rappresentare un qualche problema in termini di consensi elettorali, di certo non lo sono per un lungo elenco di ultra-facoltosi finanziatori che, da Wall Street, vedono l’ex presidente repubblicano come l’opzione più gradita per i prossimi quattro anni. Un articolo pubblicato questa settimana dalla testata on-line Politico ha evidenziato come le riserve espresse in seguito al tentativo di ribaltare l’esito del voto nel 2020 si stiano progressivamente dissolvendo man mano che la prospettiva di un ritorno alla Casa Bianca di Trump si fa più concreta. L’autore del pezzo spiega come gli alti dirigenti di alcune delle più influenti banche e società di investimenti...
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di Eugenio Roscini Vitali

Iron Dome, il sistema di difesa aerea sviluppato ad Haifa dalla società israeliana Rafael Advanced Defense Systems, ha completato con successo i test di simulazione reale ed è stato dichiarato pienamente operativo. La notizia, diffusa con un comunicato ufficiale dal ministero della Difesa israeliano, precisa inoltre che il programma sta per passare alla fase di installazione delle prime batterie di lancio e che inizialmente la copertura riguarderà le città più vicine al confine libanese e alla Striscia di Gaza.

Nato nel 2003, il sistema antimissili Iron Dome é stato il primo vero progetto pensato e realizzato per difendere il sud di Israele dalla minaccia dei Qassam palestinesi. Nel 2006, dopo la guerra contro Hezbollah e i 4.000 razzi Katyusha caduti sulla Galilea, Tel Aviv ha deciso di imprimere una notevole accelerazione allo sviluppo del sofisticato sistema d’arma, ma la svolta decisiva è arrivata nel maggio scorso, quando su input dello stesso presidente Barak Obama, il programma ha ricevuto una iniezione straordinaria di fondi americani: 25 milioni di dollari che il Congresso ha concesso allo Stato ebraico per portare a termine i test di valutazione del programma Iron Dome.

Collaudato contro il lancio simultaneo di numerosi vettori, il sistema sarebbe in grado di  neutralizzare i  proiettili di artiglieria da 155 millimetri e i razzi di diverso calibro sparati in un range compreso tra i 5 e i 70 chilometri. Secondo i tecnici della Rafael, Iron Dome può intercettare vettori provenienti da diverse direzione e selezionare la minaccia, abbattendo i soli razzi destinati a centrare gli obbiettivi sensibili e le aree abitate; un’opzione che riduce notevolmente le spese di gestione e smorza il già pesante il rapporto sui costi con i Katyusha e i Qassam.

Se Iron Dome dovesse abbattere tutti i razzi sparati da Hamas ed Hezbollah, che hanno una capacità di lancio di circa 500 missili al giorno, Israele dovrebbe spendere non meno di 280 miliardi di dollari alla settimana, un costo sproporzionato anche in termini di sicurezza.

Anche se i vertici della difesa aerea israeliana sono certi che Iron Dome rappresenta per ora l’unica soluzione valida contro i razzi a corta gittata, in Israele il nuovo sistema d’arma ha già sollevato non poche critiche. Oltre che sui costi, c’è chi punta il dito contro l’incapacità del sistema di difesa di garantire la totale impermeabilità del territorio (Rafael prevede un successo non superire all’80%) e di intercettare i vecchi  Qassam-1, vettori che hanno un range di 3-4,5 chilometri e che arrivano sull’obbiettivo in un tempo inferiore ai 20 secondi necessari al loro rilevamento e distruzione.

In una conferenza organizzata dai detrattori del progetto, l’analista militare Reuven Pedatzur, docente all’Università di Tel Aviv, ha definito Iron Dome costoso e poco efficiente, un inganno che colpisce solo il portafoglio degli israeliani. Pedatzur ha spiegato che “il tempo di volo di un Qassam lanciato contro Sderot è di 14 secondi, mentre per identificare il target e lanciare le contromisure, Iron Dome spende almeno 15 secondi. Questo significa che tutto ciò che viene sparato in un range di 5 chilometri non può essere distrutto e probabilmente non c’è nessuna difesa neanche contro tutto quello che arriva da una distanza inferiore ai 15 chilometri”.

Nonostante i proclami del ministero della Difesa, i più ottimisti pensano che per produrre ed installare le prime 16 batterie saranno necessari almeno dieci mesi  e 1,25 miliardi di dollari, una cifra ragguardevole se si pensa che per assemblare un Qassam servono poche ore di lavoro e non più di 150 dollari di materiale. Inoltre, Iron Dome non è mai stato provato in condizioni reali e contro missili sparati da rampe di lancio in rapido movimento o sotto l’effetto di disturbi elettronici e di tecniche di guerra elettronica.

C’è poi il problema riguardante la selezione dei missili da abbattere, perché diretti contro obiettivi militari o aree densamente popolate: una questione difficile da risolvere, perché prevede l’assegnazione di una scala di priorità che in molte circostanze non sarebbe possibile, come nel caso di attacco simultaneo a più zone abitate e basi militari di rilevanza strategica (quale salvare e quale no).

Fonti militari israeliane affermano che ci vorranno anni prima che tutte le città israeliane vengano protette dalla minacce dei razzi a corta gittata, ma una volta dislocate in quantità sufficiente, le batterie dovrebbero difendere sia i grandi centri urbani che i kibbutz del nord e del sud del paese. Dal prossimo novembre, Iron Dome potrebbe affiancare un altro sistema di difesa aerea, l’Arrow ABM, missile antibalistico di teatro (TMD) ad alta accelerazione che, grazie alla ricezione di un supplemento di informazioni sul lancio iniziale del nemico (early warning), riesce ad intercettare e distruggere i vettori a lunga gittata con una efficacia stimata attorno all'80-90%.

Nel 2012 dovrebbero inoltre diventare operative le batterie Magic Wand, sistemi di difesa antimissili che potrebbero operare contro i vettori con un range che varia tra i 40 e i 200 chilometri. Ma per monitorare il cielo da possibili attacchi missilistici Israele avrà presto a disposizione un’ulteriore contromisura: l’Active Layered Theatre Ballistic Missile Defense System (ALTBMD), la rete stratificata di protezione della NATO che gli Stati Uniti hanno deciso di fornire allo Stato ebraico e grazie alla quale sarà possibile monitorare in tempo reale il punto di lancio, la traiettoria di avvicinamento e  la destinazione d’impatto di qualsiasi missile balistico sparato in un raggio 3.000 chilometri.

 

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