La finta scoperta della Palestina

di Fabrizio Casari

Prima Parigi, poi Londra, quindi Toronto, forse Berlino. Sembrano essersi tutti convinti i governi europei e il canadese, di dover riconoscere la Palestina come Stato. Dunque con un procedimento formale, che include l’ufficializzazione delle relazioni diplomatiche bilaterali con tutto ciò che organizzativamente comporta, a cominciare dall’apertura dei rispettivi uffici diplomatici...
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Breve storia di una famiglia

di Luciano Marchetti

Con Breve storia di una famiglia, il regista cinese Lin Jianjie firma un esordio sorprendente, presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival 2024. Il film, a metà tra dramma familiare e thriller psicologico, esplora con sguardo lucido le fragilità emotive e i contrasti sociali della Cina post-politica del figlio unico, tracciando un ritratto intimo di una famiglia della media borghesia il cui equilibrio apparente viene incrinato dall’arrivo di un outsider. La vicenda ruota attorno a Shuo, quindicenne taciturno e indipendente, cresciuto in un contesto segnato dalla violenza e dall’abbandono dopo la morte della madre e con un padre alcolizzato. Quando stringe un’amicizia inaspettata con Wei, figlio unico di una famiglia...
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Consegnato alla storia locale come uomo della “stagnazione” (zastoj) e messo in archivio tra le icone del Paese, ecco che, in occasione del centenario della sua nascita, irrompe sulla scena grazie a rievocazioni ed analisi condotte senza retorica e senza indulgere in sterili recriminazioni. Il caso emblematico, in questo clima di ritorno al passato, ha come palcoscenico la tv. E’ qui che giovedi 14, nel corso di un talk-shaw di grande successo in onda sulla rete nazionale (quella che raggiunge tutta la Russia dal Baltico al Pacifico), vengono posti al centro del dibattito temi relativi a Breznev, alla sua gestione e al suo ruolo nella vita locale. In pratica è una carrellata sull’Unione Sovietica di quegli anni. A scontrarsi sono lo scrittore Michail Veller e il politico Viktor Anpilov. Il primo laudatore del post-sovietismo ed autore di romanzi basati anche sulla attualità; il secondo noto per essere il capo del movimento “Russia che lavora” che si dichiara comunista e pro-sovietico.

Volano - nella palestra televisiva diretta dal giornalista Vladimir Soloviov - frasi pesanti ma anche argomentazioni sociali e politiche. Si raccontano bugie ma si dicono anche verità. Il pubblico cammellato applaude o protesta. Il voto spetta però a quanti seguono la trasmissione da casa e possono chiamare due numeri di telefono a seconda dell’appoggio che vogliono dare ad uno dei contendenti. E così vince il numero di Anpilov (84959958102) che raggiunge quota 73.000 contro i 31.000 di Veller.

Il “breznevismo” esce quindi, in un certo senso, riabilitato. Ma non è tutto. Perché la tv ha da poco trasmesso - nel giro di tre serate - un serial rievocativo sulla vita di Breznev. Lo ha condotto e scritto un giornalista di rango come Leonid Parfenov, direttore del Newsweek russo. Breznev e la famiglia, l’infanzia, la scuola, l’impegno nel Pcus, la lotta contro Krusciov, la direzione dell’intero paese, l’invasione della Cecoslovacchia e dell’Afghanistan. Luci e tante tragiche ombre tra il vero e il falso, tra l’autentico e il fasullo, tra il mito e la realtà. Con un Breznev spesso in pantofole, ma amante degli elogi e delle medaglie. Duro nelle decisioni e tormentato da una prole instabile. E’ lui, così, che insieme agli altri veterani del Cremlino firma il lungo periodo di un tempo che non passa.
Il quadro che esce dallo schermo tv è crudo e reale. Mescola vanità e pragmatismo. Ed è una sorta di amarcord collettivo che fa giustizia di altre trasmissioni demolitorie che Eltsin sponsorizzò sul tema Breznev. Oltre alla tv vanno in libreria opere che tentano di fornire alcune risposte sulla complessa questione brezneviana. Breznev, quindi, come best-seller.

Ma la tv di oggi mette in rilievo anche l’altro personaggio della vicenda “sovietica”. E cioè l’Anpilov che nel periodo eltsiniano guidò la rivolta contro il Cemlino in favore dell’Urss. Dipinto dai democratici della “nuova Russia” come un bandito, un avventuriero intenzionato a riportare il paese sull’orlo della Rivoluzione proletaria... Eccolo in tv - giacca e cravatta - a parlare di classe operaia, di Lenin e di socialismo. Con tremende frecciate contro la gestione economica e sociale delle attuali oligarchie. E’ il bello della diretta.
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a cura di:
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