La deliberazione del Consiglio d’Europa che impone sanzioni ad alcuni dirigenti nicaraguensi (6) è stata emessa sulla base di un racconto dei fatti completamente inventato, sulla narrazione di una crisi politica che non esiste, riferendosi a un Paese che non è, citando una repressione che non c’è.

Alcune delle persone sanzionate svolgono incarichi nella Polizia Nazionale e si conferma nell’occasione la tendenza imperiale bipolare: quella per cui a casa propria si pratica la “tolleranza zero”, ma nei paesi ad ispirazione socialista si condanna la polizia che fa rispettare la legge e si sostengono i terroristi che la violano.

 

La sostanza del provvedimento è tutta politica e si basa sull’adesione incondizionata dell’Unione Europea alle sanzioni unilaterali statunitensi. Ripercorre infatti i sette punti della legge USA approvata nello scorso marzo, nota col nome ufficiale di “H.R. 754” (“House Resolution 754”). Persino il documento che le motiva è un pessimo copia/incolla di quello statunitense e anche il tipo di sanzioni sono identiche a quelle decise da Washington.

Come per ogni deliberazione dalla sua nascita ad oggi, l’Unione Europea si limita a confermare giudizi e decisioni statunitensi. Mai una presa di distanza, mai una difformità di valutazione, mai un distinguersi nelle decisioni da prendere. L’Unione Europea conferma la sua storica fama di gigante economico, nano politico e verme militare.

Non c’è stato nessun lavoro d’inchiesta né una indagine approfondita, che possa determinare il formarsi di una opinione coerente con gli avvenimenti. La base fondamentale della narrazione europea sulla vicenda sociopolitica del Nicaragua è il report quotidiano che l’ultradestra golpista nicaraguense dispensa in forma diretta e attraverso i canali del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Una processione continua sulle ginocchia per implorare USA e UE affinchè applichino sanzioni a Managua, nella speranza che esse possano determinare una crisi economica e, da questa, una riduzione del consenso popolare per Daniel Ortega. Insomma, collaborazionisti alleati degli invasori, questa è la cifra esatta della destra nicaraguense. Diffonde una narrazione del panorama nicaraguense offensiva per quanto completamente falsa, fatta di bugie grossolane e invenzioni assolute che sono già state diffusamente smentite a livello internazionale. La destra nicaraguense, ormai, persino nei social media, viene presa a parametro perfetto delle fake news e circola grazie alla eco che i media statunitensi ed europei le offrono.

Sì perché la guerra che è stata promossa e incentivata contro il governo sandinista guidato dal Presidente Ortega non è finita, si è solo momentaneamente trasferita nell’ambito internazionale, dove le sanzioni e la pressione politico-diplomatica hanno assunto le veci del sovversivismo armato del 2018. L’idea di supplire con la pressione internazionale all’assenza di un progetto politico nazionale resta del resto la strategia di una destra golpista che come linea politica ha solo la richiesta di sanzioni e come idea per il futuro del Paese ha solo quella di consegnarlo agli Stati Uniti, abitudine reiterata in due secoli.

Le sanzioni europee hanno un effetto poco più che simbolico, perché nella loro scarsa influenza concreta dimostrano quanto la UE sia decisamente irrilevante anche nello scenario centroamericano. Dalla Siria a Cuba, al Venezuela, nella breve e poco edificante storia dell’Unione si era già assistito a cantonate spaventose in politica estera: inevitabilmente ininfluenti causa la perdita di ruolo dell’Europa in ogni dove del mondo, si consideravano prodotto della dimensione nazionale della politica estera di Francia, GB, Germania, Spagna e Olanda; una mancanza di volontà da parte delle ex potenze coloniali di costruire una politica unitaria privilegiando i rispettivi interessi nazionali.

In realtà, pur in presenza di tutte queste caratterizzazioni, l’ignoranza crassa dell’Unione Europea e l’insipienza assoluta del suo Parlamento (espertissimo invece di tagliandi da apporre sul tonno e di circonferenze delle padelle) non giustificano comunque la consegna mani e piedi della politica estera europea agli Stati Uniti; ad esempio l’assenza di un punto di vista capace d’individuare l’interesse strategico europeo nel proporsi come riferimento diverso da Washington nel contenzioso con il resto delle Americhe.

A detta dell’Unione Europea, in Nicaragua sarebbe in corso una “grave crisi politica”; non godrebbero di libertà gli organi di stampa; non sarebbero garantiti nel ritorno gli auto esiliati dopo il tentato colpo di Stato del 2018; vi sarebbe una dura repressione e devono essere approntate le misure necessarie allo svolgimento delle elezioni presidenziali e parlamentari.

Ma in Nicaragua non c’è nessuna crisi politica. Il governo è nel pieno delle sue prerogative, il Parlamento nazionale svolge con regolarità e tranquillità il ruolo legislativo e gli organi istituzionali territoriali funzionano regolarmente. La “grave crisi politica” è solo quella interna all’opposizione, dove lo scontro per conquistare la rappresentanza dell’antisandinismo si sostiene fondamentalmente nel divenire destinatari delle decine di milioni di dollari annui di finanziamenti statunitensi ed europei, oltre che ottenere ruolo politico e visibilità mediatica che da soli non avrebbero.

Si schierano vecchi arnesi malridotti delle famiglie oligarchiche travestiti da illuminati politologi a sostenere che la funzione politica dei partiti sia consumata, che per questo va premiata la freschezza delle strutture nate dall’Aprile del 2018. Ma in realtà vogliono che il comando diretto ed esclusivo dell’opposizione al Frente Sandinista risponda alle famiglie oligarchiche e non ai partiti. Si ripropone dunque la stessa dinamica del 2016, che impedì uno schieramento unitario delle destre: il che, ovviamente, favorì il FSLN, che ampliò oltre misura il già notevole vantaggio dei suoi consensi assoluti e relativi.

Le elezioni? Si celebreranno nel novembre 2021, come la Costituzione prevede. Le possibili innovazioni della legge elettorale verranno discusse dal Parlamento e concordate solo nei loro aspetti tecnici dalla partnership della OEA. Perché il Nicaragua non è la Bolivia e giochi sporchi non potranno essere nemmeno tentati. Il Nicaragua sandinista sa garantire il rispetto della sua sovranità nazionale ed ha ben chiaro il confine tra consulenza e collaborazione e ingerenza e sovversione.

In Nicaragua non vi sono conflitti sociali, diversamente da quanto accade in Europa e meno che mai sono soggetti a repressione feroce e indiscriminata come in Francia. Non vi sono scioperi e le misure legislative riguardanti l’insieme del modello socio-economico sono ampiamente condivise, prova ne siano le ripetute consultazioni locali che hanno dato al governante Frente Sandinista risultati eccellenti e vantaggi schiaccianti sull’opposizione.

In Nicaragua non vi sono nemmeno conflitti etnici e/o territoriali, o dispute su processi di indipendenza come invece in Spagna. E non vi sono sospensioni della Costituzione e assunzioni di pieni poteri come invece in Ungheria, autorevole membro della UE e l’anno scorso suo presidente di turno. Il Nicaragua è una Repubblica presidenziale con bilanci trasparenti e non uno stato off-shore come il Lussemburgo.

Repressione? In Nicaragua non vi sono tribunali speciali franchisti come a Madrid che condannano sotto decenni di carcere reati di opinione e impongono col sangue l’obbedienza ad una monarchia corrotta. I terroristi vengono amnistiati e non giustiziati da gruppi paramilitari governativi (come lo furono i GAL). Le stesse condanne penali erogate, a parità di reati, se confrontati con quelli della giurisprudenza europea appaiono infinitamente più blandi.

In Nicaragua vengono amnistiati i colpevoli di reati di sangue gravissimi, mentre in Europa si erogano condanne pesantissime per reati riconducibili al conflitto sociale, ovvero non reati di sangue. Del resto, in Nicaragua non vi sono legislazioni d’emergenza (come in Italia) né carceri speciali (come in tutta Europa).
Sarebbe allora opportuno che l’Unione Europea ritrovi la decenza e la vergogna che sembra aver smarrito. Si regge anche su diverse monarchie (tra le quali Spagna, Olanda, Lussemburgo, Belgio, Svezia, Danimarca, Norvegia, con la GB appena uscita con la Brexit), sostiene il regime nazista di Kiev e tace di fronte a quello fascista di Orban ed a quello oscurantista di estrema destra guidato da Kaczynski: buon senso vorrebbe non si ergesse ad arbitro della democrazia. Che trova regolarmente applicazione in Nicaragua molto più di quanto non succeda a Kiev, a Budapest o a Varsavia.

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