di Roberta Folatti

E se il potere logorasse anche Andreotti?

Mi sono piaciuti i dettagli più che il film nella sua complessità. Quegli spiragli d'umanità nella freddezza raggelante del personaggio, quei lampi di diabolico cinismo che lo inchiodano in eterno alle sue responsabilità. E poi i particolari a metà tra il grottesco e il tenero. Come quando incrocia lo sguardo del gatto bianco immacolato e batte stiticamente le mani per farlo scappare via. O quando confessa all'amico/nemico Francesco Cossiga il suo amore adolescenziale per la sorella di Vittorio Gasmann, sua compagna di scuola.
Per la prima volta nella sua lunga vita Giulio Andreotti si ritrova protagonista di un film e il trattamento che gli riserva il regista Paolo Sorrentino non è esattamente di favore. Non a caso sembra che la sua patina di impermeabile ironia si sia un poco alterata dopo aver assistito alla pellicola...

Il napoletano Sorrentino ha scandagliato per anni la sterminata e contraddittoria letteratura riguardante il personaggio Andreotti e per districarsi in questa "giungla" ha chiesto la consulenza di Giuseppe D’Avanzo. Regista e giornalista hanno incontrato il senatore a vita due volte durante le quali lui ha cercato bonariamente di dissuaderli, contando anche sul fatto che il progetto si sarebbe incagliato in fase produttiva. Ma questa volta la sorprendente lungimiranza dell’immarcescibile uomo politico ha preso un granchio perchè il film non solo si è fatto ma si è anche dimostrato uno dei centri d'interesse di pubblico e stampa al Festival di Cannes.

Il divo ruota attorno a una raffigurazione caricaturale ma inquietante del sette volte Presidente del Consiglio. Il personaggio interpretato da Toni Servillo diventa l’incarnazione di tutte le leggende, le maldicenze, i peccati veri e supposti , le scaltrezze attribuite al più longevo politico italiano. Il suo aspetto, accentuato da un trucco pesante, rappresenta una sorta di logo, ben riconoscibile nel nostro paese e ora “esportato” anche a livello internazionale. Il suo ingobbimento progredisce col tempo, come se, con l’aumentare dei segreti accumulati, si rattrappisse con tutto il corpo intorno all’indicibile, all’inconfessabile. A custodire quel buco nero di misteri, di domande rimaste senza risposta. Dalle stragi terroristiche e mafiose al rapimento Moro, dal clima insano della guerra fredda agli intrighi in Vaticano: 50 anni di vicende poco chiare, di compromessi, drammi, inchieste archiviate. Andreotti ha visto tutto ed è passato indenne attraverso tutto. Quasi indenne perchè la sua cinquantennale navigazione si è incagliata tra le maglie dei processi di mafia. Le parole dei collaboratori di giustizia hanno lasciato intravedere per un attimo scenari allucinanti, ricostruendo connessioni tra istituzioni e capi boss da far tremare i polsi. Ma dopo qualche anno in cui il Nostro ha dovuto penare un po’ – costretto persino a licenziare la fedele segretaria per mantenere il pool di avvocati difensori – le sentenze definitive gli hanno restituito l’onorabilità e una certa stampa ha finito per dipingerlo come un perseguitato politico. Un’altra faccia da aggiungere all’ambiguo quadro che ritrae Andreotti.

“Il divo” è girato da Sorrentino con la consueta originalità, fotografato benissimo da Luca Bigazzi, contraddistinto da grande prove attoriali – Servillo e Anna Bonaiuto ma anche Piera Degli Esposti, nei panni della dimessa segretaria – però l’Andreotti che ne esce è l’Andreotti che ci si aspetta. Dal regista napoletano, tra i miei preferiti, mi sarei aspettata un’invenzione in più (parafrasando il suo primo film)...

Il divo (Italia, 2008)
Regia: Paolo Sorrentino
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Trucco e effetti speciali: Vittorio Sodano
Musiche: Teho Teardo
Cast: Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci, Piera Degli Esposti
Distribuzione: Lucky Red







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