di Roberta Folatti

Questa volta Ken Loach si confronta con la situazione che si determinò in Irlanda intorno al 1920. Un pezzo di storia che vede già protagonista l’Ira e la sua scelta di combattere le forze speciali inglesi, dopo che queste si erano distinte per la loro crudeltà nei confronti di una popolazione inerme e spesso denutrita.

Il vento che accarezza l’erba ha vinto la Palma d’Oro all’ultima edizione del Festival di Cannes ed esce in questi giorni nelle sale italiane.
Con asciuttezza e un buon piglio narrativo, il film delinea le figure di una serie di combattenti, per la gran parte ragazzi, che con le loro azioni rapide e coraggiose costrinsero il governo inglese a cercare un accordo.
E’ un’Irlanda povera, con grandi sproporzioni economiche, quella che emerge dalla narrazione di Loach, ma durante le fasi drammatiche della guerriglia, come sempre succede, i contrasti e le differenze si attenuano, le difficoltà uniscono. Gli inglesi con le famigerate squadre dei “Black and tans”, composte degli elementi peggiori dell’esercito e anche da molti irregolari, scatenarono brutali azioni di rappresaglia, perseguitando i civili, torturando i prigionieri prima di condannarli a morte.
Viene da pensare che le dinamiche fra popolo oppresso e esercito invasore siano le stesse in ogni luogo e in qualunque tempo, si parli di Irlanda dei primi del ‘900, di Cecenia o di Palestina dei giorni d’oggi. Sempre ci si rivale sui civili, sempre la violenza genera altra violenza, sempre vengono calpestati i più elementari diritti, come se fosse inevitabile che in determinate circostanze i militari debbano perdere la propria umanità, riducendosi a belve senza principi.

Ma la storia diventa ancora più stridente quando Ira e governo inglese firmano prima un armistizio e, in seguito, un trattato che dà una relativa indipendenza alle istituzioni irlandesi. E’ a questo punto che i guerriglieri, che avevano combattuto uniti, iniziano a dividersi e la guerra contro il nemico esterno si trasforma in guerra fratricida, mille volte più dolorosa e lacerante. “Si trattava - spiga Ken Loach - dell’astuzia di persone come Churchill, Lloyd George, Birkenhead e altri. Quando furono messi in un angolo cercarono di dividere il paese. Esiste uno schema che si incontra continuamente - questo tipo di manipolazione da parte del potere dominante - e succede continuamente che interessi diversi si uniscano di fronte all’oppressore comune ma che alla fine quelle contraddizioni debbano necessariamente emergere”.

In Irlanda dunque quelle stesse persone che avevano condiviso i pericoli, i lutti, gli stenti di una vita alla macchia, le carcerazioni e le fughe, si ritrovarono su fronti opposti e si sfidarono con metodi non meno crudeli di quelli adottati contro gli occupanti inglesi. Forse per simbolizzare l’assurdità della guerra, che è sempre devastante, soprattutto a livello psicologico, il film di Loach vira nel finale verso il melodramma, quando i due fratelli protagonisti sono costretti a decisioni estreme. Stona un poco questa eccessiva spettacolarizzazione di dolori e lacerazioni, fino ad allora descritti senza enfasi, ma l’intento di Loach è quello di rendere il discorso più universale.

Le parole dello sceneggiatore Paul Laverty, fedele collaboratore del regista inglese, restituiscono il lato solidale dell’insurrezione armata di quegli anni: “Quello che mi ha veramente colpito è stato il coraggio dimostrato dalla gente del posto, nonostante le avversità. La capacità di resistenza della gente comune è sempre un qualcosa che le forze di occupazione sottovalutano e presumono di poter schiacciare”. A causa di questo film Loach è stato accusato di atteggiamento antibritannico, ma lui ribatte che denunciare la brutalità dei propri leader è una forma di lealtà verso il proprio paese.

Il vento che accarezza l’erba (Gran Bretagna, Irlanda, Francia 2006)
Regia: Ken Loach
Sceneggiatura: Paul Laverty
Fotografia: Barry Ackroyd
Cast: Cillian Murphy, Pádraic Delaney, Liam Cunningham
Distribuzione: Bim

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