Non sappiamo quanto fondamento abbia la leggenda metropolitana secondo la quale Bruno Vespa sia figlio naturale di Benito Mussolini. Probabilmente nessuna, anche se fu avallata da una discendente conclamata del Duce come Alessandra. Quello che è certo è che Vespa rappresenta l’archetipo del giornalista cortigiano, pronto a tutto pur di servire con vera e propria libidine il Potere, quale che esso sia.

 

Se il giornalista è quel professionista la cui meritoria funzione dovrebbe consistere nel rendere edotto il pubblico della realtà, diffondendo l’informazione su quanto avviene nel modo più obiettivo e imparziale possibile, ben si può intendere come tutta la lunga e fortunata carriera di Vespa abbia ben poco a che vedere con tale funzione.

Ce lo ricordiamo ancora giovinetto, o quasi, quando appollaiato sugli scranni del Telegiornale, ancora monopolista esclusivo dell’informazione pubblica e privata, propinava all’Italia sotto shock che per la strage di piazza Fontana la balla della responsabilità di Valpreda e di Pinelli, destinata a coprire le trame dei fascisti e dei servizi italiani e statunitensi che di quella strage furono i veri autori.

Sono passati ben più di cinquant’anni e il nostro Bruno è più che mai sulla cresta dell’onda e ben inserito nei circoli del Potere di cui è sempre stato il fedele portavoce, senza tralasciare pruriginose attenzioni ai delitti che, solleticando i lati peggiori dell’animo umano, fanno maggiormente audience, e ci restituiscono un quadro inquietante della nostra società malata.

Non ci si può quindi stupire troppo del fatto che Vespa, abbinando il suo indubbio fiuto giornalistico coll’altrettanto indubbia propensione a servire perinde ac cadaver il Potere dominante del momento, si sia gettato a corpo morto sulle vicende ucraine per sponsorizzare in tutti i modi possibili Zhelensky e il progetto della NATO e di settori finora maggioritari del governo statunitense decisi a portare avanti la guerra contro la Russia fino all’ultimo ucraino e, se necessario, fino all’ultimo cittadino europeo.

È il progetto alla Stranamore oggi impersonato non tanto dal malfermo e senile Presidente Biden o dall’amorfo burocrate NATO Stoltenberg, per non parlare dei servi sciocchi presenti in massa nelle burocrazie e nei governi europei, quanto dal Segretario di Stato Blinken, portavoce dei settori oltranzisti che, pur di evitare la saldatura tra Russia ed Europa, hanno scelto di accettare il rischio ridurre il nostro continente a un ammasso di macerie radioattive.

È questo il progetto nefasto che Vespa ha deciso più o meno consapevolmente di sposare, intervistando Zhelensky e poi invitandolo al Festival di Sanremo, con la complicità di un altro “artista” sovvenzionato in modo principesco dall’erario italiano, quale Amadeus.

Cornuti e mazziati, gli italiani non solo pagano di tasca propria Crosetto e le sue spese militari, contribuendo così a porre le premesse della propria autodistruzione bellica, ma anche il codazzo spettacolarizzato di nani e ballerine guerrafondai cui viene assegnato il principale palcoscenico multimediale in cui da tempo si esibisce la nostra disastrata autocoscienza nazionale.

Zelensky quindi potrà riproporre in quella sede il suo ripetitivo appello alla guerra e agli armamenti, approfittando della generosa ospitalità di Vespa, Amadeus e vertici RAI per porre un altro tassello della guerra globale e nucleare che si sta delineando. E questo proprio nel momento in cui il suo regime scricchiola, è costretto a ricorrere alla repressione generalizzata del dissenso e alla fucilazione dei soldati sempre più stanchi di questa inutile strage, palesando sempre più i suoi tratti genetici di autentico fascismo.

Il dubbio figlio naturale del Duce e l’indubbio erede politico del nazifascista ucraino Bandera si sono quindi ritrovati per ammannirci un’intollerabile spettacolarizzazione del conflitto fratricida che dura ormai da quasi un anno e, mentre fa ogni giorno migliaia di vittime ucraine e russe, minaccia di travolgere tutta l’Europa e il pianeta intero nel fuoco della guerra. Direi che la misura è colma.

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