Trump-GB, sudditi e complici

di Mario Lombardo

L’accoglienza con tutti gli onori riservata nel Regno Unito al presidente americano Trump contrasta fortemente con le proteste che stanno accompagnando la sua seconda visita di stato in questo paese dopo quella, altrettanto controversa, del 2019. La stampa ufficiale, nell’analizzare la trasferta di due giorni dell’inquilino della Casa Bianca, ha insistito sulla distanza presumibilmente...
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Kirk: dall’omicidio alla repressione

di Michele Paris

L’assassinio di settimana scorsa in un campus universitario dello Utah dell’attivista trumpiano di estrema destra, Charlie Kirk, sta diventando la giustificazione per una nuova stretta repressiva dei diritti democratici in America e di un’autentica caccia alle streghe tra gli oppositori dell’amministrazione repubblicana. Senza attendere dettagli più precisi sugli (eventuali) orientamenti politici e sulle motivazioni del presunto responsabile, il 22enne Tyler Robinson, molti esponenti del partito del presidente e membri del suo stesso governo lo hanno classificato come un “radicale di sinistra”, denunciando automaticamente il dilagare della violenza negli Stati Uniti per opera di individui riconducibili a questi ambienti. È...
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di Tania Careddu

Aprile è alle porte. Ma quelle degli ospedali psichiatrici giudiziari rimarranno ancora aperte. Si, perché nelle intenzioni dei legislatori, il primo aprile 2014, gli Opg avrebbero dovuto cessare di esistere. E invece nella “Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione dei programmi regionali relativi al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”, presentata il 18 dicembre scorso, il termine temporale non è risultato "congruo". Soprattutto per i tempi di realizzazione delle strutture.

Ma per gli addetti ai lavori, quelli che negli ospedali psichiatrici giudiziari ci hanno lavorato e hanno investito tutto il loro interesse umano, oltre che professionale, che i termini sarebbero slittati era quasi una certezza. E non sicuramente per la mancata sistemazione degli edifici. Lo sa bene la psichiatra e psicoterapeuta Maria Rosaria Bianchi, che in quelle strutture, precisamente nella Staccata di Aversa, ha svolto, dal ’96 al ’98, ai tempi di Rino De Feo e Adolfo Ferraro, dignitosamente la sua professione. Vivendo quell'esperienza come "una grande storia d'amore".

“Un consapevole impossibile amore” raccontato nel suo libro, uscito per i tipi di Nulla die. Attribuire la proroga dei tempi di chiusura di quei luoghi, nei quali, appena varcata la soglia, le è parso di entrare "nel castello della bella addormentata, provando una fortissima commozione”, alla mancata realizzazione degli edifici "è una giustificazione parziale e non si vede il problema per quello che e. Se nelle strutture nuove si entra con il pensiero vecchio, le strutture, pure loro, invecchiano immediatamente".

Un concetto che trova conferma anche nella Relazione presentata al Parlamento, nella quale si legge che "fermi restando i profili di sicurezza, il presupposto perché questo iter prosegua è la maturazione di una nuova cultura, un nuovo modo di guardare alla chiusura degli Opg e delle problematiche connesse, con interventi volti a contrastare atteggiamenti di stigma e di pregiudizio nei confronti dei soggetti affetti da malattia mentale".

Come? Per la dottoressa Bianchi, “in Italia c'e' un problema serio: si pensa che la malattia mentale sia un problema innato. Non e' cosi. Si nasce sani anche nella mente. Ci si ammala nel pensiero e nelle dinamiche dei rapporti umani.

E' questo approccio della psichiatria che dovrebbe cambiare. Bisogna parlare di prevenzione e di cura, investire molto di più nella formazione di chi, a qualsiasi titolo, lavora in ambito psichiatrico. Solo a questo punto si può parlare delle strutture".

Eppure in tutti i programmi regionali sono previsti interventi finalizzati non solo al potenziamento dei percorsi terapeutico-riabilitativi per gli ex internati ma, più in generale, tesi alla riqualificazione dell'assistenza territoriale psichiatrica. Dunque, che cosa manca? Che cosa non funziona? E quale la cura?

Secondo la Bianchi, "c’è un meccanismo di valutazione inadeguato e un'impossibilità del territorio di farsi carico. Possiamo costruire tutte le strutture nuove che vogliamo ma se non affrontiamo la ricerca sul pensiero non cosciente, che è quello che si ammala pur rimanendo inalterato il comportamento e il linguaggio verbale, non riusciremo mai a risolvere il problema, se non da un punto di vista degli edifici. La soluzione si può trovare solo arrivando a una diagnosi precoce, a un concetto di cura possibile: sarà questo, umanamente, lo scopo da perseguire".

E lei ce l’ha messa proprio tutta. Dentro gli Ospedali psichiatrici giudiziari ha messo su un piccolo gruppo di psicoterapia, arte medica che ha imparato frequentando i seminari di Analisi collettiva dell'illustre psichiatra, Massimo Fagioli, ottenendo dei risultati. Qualche paziente, come V., ha ricominciato a sognare dopo ventisei anni e B., il "paziente poeta", ha scritto una poesia: "Siamo un po’ felici, forse il buon tempo verrà".

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