Mentre il mondo è impegnato nell’emergenza Coronavirus, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti qualche giorno fa ha approvato nel silenzio quasi generale una nuova legge che, se ratificata dal Senato, potrebbe comportare l’applicazione di ulteriori sanzioni punitive contro il governo del Nicaragua del presidente Daniel Ortega. L’iniziativa è stata promossa dal deputato cubano americano democratico ed ex repubblicano del New Jersey, Albio Sires, e ha ottenuto il consenso di tutti i suoi colleghi presenti in aula al termine di un “dibattito” durato complessivamente poco più di otto minuti.

 

L’obiettivo principale del provvedimento è appunto di spingere la Casa Bianca a “continuare a fare pressioni” su Managua e a “considerare sanzioni addizionali” contro quegli esponenti del governo nicaraguense che Washington ritiene responsabili di “violazioni dei diritti umani” e di “corruzione”. A sponsorizzare la legislazione introdotta il 9 dicembre scorso da Sires sono altri 28 deputati, di cui 19 democratici e 9 repubblicani.

I sette punti della legge, nota col nome ufficiale di “H.R. 754” (“House Resolution 754”), includono anche un appello al rilascio di tutti i presunti prigionieri politici e a mettere fine a “tutti gli atti di repressione contro i dissidenti”. La richiesta relativa alla liberazione dei detenuti appare singolare, visto che il governo sandinista aveva recentemente rilasciato numerosi prigionieri coinvolti nel golpe sventato del 2018. Ciò era avvenutonel quadro del progetto di amnistia, decretato dal Parlamento nicaraguense in vista di una riconciliazione nazionale e sotto l’obbligazione di risarcimenti alle vittime e non ripetizione dei reati.Tra coloro che avevano beneficiato dell’amnistia figuravano condannati per omicidi, stupri e traffico di droga, tutti messi sull’elenco dei “dissidenti” politici dalla OSA (Organizzazione degli Stati Americani) e dalla destra nicaraguense.

Nello stesso provvedimento licenziato dalla Camera del Congresso di Washington settimana scorsa si invita il governo di Ortega a “rispettare i diritti costituzionali” e a “implementare riforme elettorali” per ottenere quanto già esiste in Nicaragua, ovvero elezioni libere e multipartitiche. Il riferimento al processo elettorale rappresenta come minimo un’anticipazione delle manovre che saranno messe in atto in vista delle presidenziali del prossimo anno per cercare di riportare la destra nicaraguense al potere. Ma i sondaggi della Gallup non lasciano scampo: l’operato di Daniel Ortega è approvato dal 69% della popolazione e coloro che dichiarano il proprio voto al sandinismo quale che sia lo scenario sono il 52% del totale. La destra, invece, divisa e litigiosa, che si reca in processione tutti i fine settimana a chiedere agli USA di sanzionare il Nicaragua, non va oltre il 18% dei consensi.

Inquietante e dal sapore orwelliano come l’intera legge è poi l’appoggio espresso per i “media indipendenti” e le “organizzazioni della società civile”, che si starebbero “adoperando per un ritorno pacifico all’ordine democratico in Nicaragua”. Il riferimento è in questo caso a entità vicine all’opposizione di destra, spesso finanziate direttamente da Washington per avanzare gli interessi del governo americano nel paese. D’altra parte è stato pubblicamente dimostrato come le cosiddette ONG nicaraguensi siano in realtà dei collettori di denaro statunitense proveniente dalla USAID e da altre fondazioni come IRI, IDI, Freedom House ed altre. Finanziamenti che ammontano circa a diciannove milioni di dollari annui, ai quali vanno aggiunti quelli provenienti dall’Europa.

Nell’ultima parte della risoluzione si legge infine un richiamo a un’altra legge che aveva preso di mira il Nicaragua dopo il tentato colpo di stato del 2018, vale a dire il famigerato “NICA Act”. Con atti di vero e proprio gangsterismo, gli Stati Uniti intendono cioè fare pressioni sulla “comunità internazionale” per limitare l’accesso di Managua ai finanziamenti offerti da organi internazionali, fino a quando Ortega non sarà deposto o non si piegherà ai diktat di Washington.

Che gli Stati Uniti approvino, anche solo preliminarmente, una legge che minaccia di inasprire la situazione economica di un paese sovrano in un momento in cui tutta la comunità internazionale è impegnata a combattere una gravissima crisi sanitaria è un ulteriore conferma che il governo di Washington intende continuare a utilizzare metodi e entità criminali per promuovere i propri interessi all’estero.

A quest’ultima iniziativa si deve inoltre aggiungere la decisione del 5 marzo scorso, con la quale il dipartimento di Stato USA aveva imposto sanzioni finanziarie contro la Polizia Nazionale del Nicaragua e tre suoi alti ufficiali, accusati di avere commesso “seri abusi dei diritti umani” nel tentativo di “reprimere le voci democratiche” del paese centro-americano. Il riferimento è al tentato colpo di stato del 2018, organizzato da Washington e dall’oligarchia nicaraguense, costato due mesi di terrore, con centinaia di morti e 1800 milioni di dollari di danni all’economia. Circa 30 i poliziotti uccisi, tra cui un’agente violentata e bruciata viva ed un altro bruciato vivo sulle barricate erette dai terroristi. Siamo così di fronte al primo caso nel quale chi ha violentato, ucciso, distrutto e torturato si trasforma in prigioniero politico, mentre la polizia che ha riportato l’ordine diventa repressiva.

Sempre il 5 marzo era stata diramata anche un’allerta per limitare gli spostamenti dei cittadini americani in territorio nicaraguense. Nel comunicato si metteva in guardia da possibili manifestazioni di protesta e “barricate” costruite dall’opposizione, in riferimento forse a imminenti nuove iniziative anti-governative fomentate da Washington.

Nel concreto, almeno per il momento, la risoluzione 754 approvata nei giorni scorsi non avrà effetti sulla realtà nicaraguense, anche perché è improbabile che il Senato americano decida di prenderla in considerazione in un momento così difficile per gli Stati Uniti. Il valore simbolico dell’iniziativa e il segnale che essa invia agli ambienti della destra filo-americana in Nicaragua sono tuttavia chiarissimi.

Dietro alla legge ci sono d’altra parte i soliti membri del Congresso USA impegnati nella guerra contro i governi di sinistra del continente latinoamericano. Il promotore della H.R. 754, Albio Sires, era stato infatti uno dei promotori anche del già ricordato “NICA Act”. Riguardo al Venezuela, il deputato del New Jersey aveva da subito assicurato il suo sostegno al fantoccio Juan Guaidó, del quale aveva anche incontrato la moglie a Washington. Da nemico di Cuba, si era infine opposto strenuamente alla normalizzazione con l’Avana durante l’amministrazione Obama, battendosi per il mantenimento delle sanzioni contro il governo castrista.

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