A leggere i giornali o i servizi televisivi sul caos che si sta scatenando in queste ore in Afghanistan, ritroviamo solo sorpresa e sgomento per quella che sembra essere una inspiegabile giravolta - alcuni lo chiamano addirittura tradimento - degli USA nei confronti del destino del povero popolo afgano.

I commentatori, sembrano essersi completamente dimenticati degli accordi di Doha: un accordo – ma con la sostanza di un vero e proprio trattato internazionale - tra gli USA e i Talebani la cui denominazione ufficiale è “Accordi per portare la pace in Afghanistan tra l’Emirato Islamico dell’Afghanistan che non è riconosciuto come Stato dagli USA - anche conosciuti come Talebani - e gli USA”  firmato a Doha il 29 Febbraio 2020.

 

Il percorso è iniziato nel 2018 e, per l’occasione, i talebani riaprirono il loro ufficio politico proprio nella capitale del Qatar, Doha, che ospitò gli incontri.  Il governo “ufficiale” afgano non venne ammesso al tavolo, solo nel settembre 2020 cominciarono le trattative “inter-afghane” destinate a regolare i rapporti tra l’Emirato e il governo ufficiale dell’Afghanistan, trattative che però non sono andate a buon fine. Già questo è indicativo del fatto che gli USA hanno - di fatto - accettato le premesse dell’Emirato Islamico di non riconoscimento del governo ufficiale laico, così legittimando e rafforzando la loro posizione sul territorio e di fatto condannando al fallimento le successive trattive inter-afgane.

Questo tipo di diplomazia che esclude gli interessati dal tavolo, sembra tipica dell’ultimo periodo degli USA: anche gli ormai famigerati Accordi di Abramo, per la pace tra Israele e Palestina, sono stati negoziati e sottoscritti solo da USA e Israele, senza alcun coinvolgimento dei palestinesi ed è espressione della politica di dominio che impregna l’imperialismo yankee. Non si tratta di mediare tra antagonisti nell’interesse della pace tra i popoli, ma semplicemente assicurare tutela agli interessi USA facendosi andar bene qualsiasi regime purché sia in grado di assicurare la stabilità necessaria ai loro fini (dove stabilità non significa né democrazia, né stato di diritto, né tutela dei diritti umani, né niente del genere: significa organizzare un contesto in cui ci possano essere scambi economici a vantaggio degli USA).

Il contenuto dell’accordo di Doha prevede che, in sostanza, a fronte del disimpegno totale degli USA dal territorio afgano, l’Emirato si impegna a non mettere in alcun modo in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti e ne garantisca un rientro pacifico. Dice anche che i Talebani devono impegnarsi nella lotta al terrorismo e pertanto impegnarsi a non avere rapporti, né offrire assistenza diretta o indiretta, alle organizzazioni terroristiche islamiche come l’IS. Si accordano altresì perché gli USA intervengano nella ricostruzione del territorio, una volta che sarà tutto tranquillo.

Solo alla fine, e certamente non posta come una condizione, c’è un generico invito rivolto all’Emirato di trovare un accordo con il governo ufficiale. Gli USA, inoltre, si impegnano a cancellare dalla lista interna dei terroristi i leader talebani nonché a rimuovere le sanzioni e a farsi promotori della stessa istanza in sede internazionale. Insomma, l’unico vero impegno richiesto ai talebani è di non mettere in pericolo gli interessi o la sicurezza degli USA, nessun accenno ai diritti umani, nessun accenno alla democrazia, e tantomeno nessun accenno alla condizione delle donne.

Vero è che è stato un accordo negoziato e sottoscritto da Trump, ma Biden non ha fatto niente per disconoscerlo (come non ha disconosciuto gli Accordi di Abramo), a riprova della ferma continuità nella linea della politica estera degli Stati Uniti che non esprime alcuna differenza nonostante al governo si alternino Democratici, Repubblicani o Trump. Dimostrazione ne sia il fatto che capo delegazione USA delle trattative è stato Zamay Khalilzan, uomo di fiducia del governo statunitense per la questione afghana sin dagli anni 70, sopravvissuto nella carica svariati presidenti di ogni colore. Il silenzio di Biden al riguardo, al netto di qualche dichiarazione impacciata, è piuttosto significativo.

Insomma: non è stata una sorpresa ed anzi, era già deciso sarebbe andato così. Gli USA, e tutti gli altri, sapevano benissimo che cosa avrebbe significato per le donne, per la democrazia e per tutti quei valori in nome dei quali hanno cominciato e portato avanti questa guerra, costata migliaia di miliardi di dollari pubblici e vite umane, a dimostrazione pratica del fatto che - in realtà - sono argomenti ininfluenti rispetto alle decisioni che vengono prese: le uniche cose importanti sono gli interessi economici e la sicurezza degli USA. Tra i benefit non esplicitati nell’accordo, io aggiungerei anche l’esercito e relativi mezzi ed armamenti (i cui 308.000 uomini armati e addestrati dalle democrazie occidentali non hanno fatto nemmeno finta di opporsi all’avanzata ed ora di fatto sono al servizio dell’Emirato), attraverso il quale i Talebani saranno in grado di compiere un passo avanti nel consolidamento della propria posizione geopolitica. A breve l’allarme cesserà e vedremo la propaganda all’opera per normalizzare la nuova situazione, giusto il tempo di farci arrivare le opportune veline con le indicazioni a stelle e strisce. Nel frattempo, chi ha distrutto è già all'opera per ricostruire. Business is business.

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