Le libertà digitali

a cura di Alessandro Iacuelli


di Ilvio Pannullo

Dopo le vicende legate al caso Pollari e alla scoperta dei dossier Telecom, contenenti le intercettazioni effettuate per ordine e sotto la supervisione dei massimi esponenti del Sismi ai danni di politici, imprenditori e magistrati “non allineati”, un altro caso, sicuramente meno preoccupante nei contenuti ma non meno per le potenziali implicazioni, segnala una pericolosa stortura del sistema telematico. Tutto è partito da una serie incessante di segnalazioni da parte degli utenti della rete che, a più riprese e senza interruzione, hanno segnalato quella che ritengono una situazione intollerabile. A detta dei denuncianti i provider italiani, ossia le aziende che consentono agli utenti il collegamento alla rete, filtrerebbero le applicazioni P2P, rendendo sempre più difficile il loro utilizzo. Generalmente per peer-to-peer (o P2P) si intende una rete di computer o qualsiasi rete informatica che non possiede client o server fissi, ma un numero di nodi equivalenti (peer, appunto) che fungono sia da client che da server verso altri nodi della rete. In una sola parola: democrazia applicata ad internet. Non più un server proprietario che decide come, chi e cosa, ma una pluralità potenzialmente infinita di persone che si scambiano liberamente informazioni, dati, immagini, notizie. Una rete, dunque, di due o più computer in cui tutti gli elaboratori occupano la stessa posizione gerarchica. L'esempio classico di P2P è la rete per la condivisione di file (il c.d. file sharing). L'accusa è vecchia, di nuovo c'è il numero delle segnalazioni e la sensazione - che emerge tra le righe - che vi sia una sorta di guerra non dichiarata a quei protocolli di sharing, che succhiano una enorme quantità di banda. Banda che i fornitori di servizi Internet sempre più vorrebbero poter utilizzare per servizi a valore aggiunto, dal VoIP alla IPTV, passando per la NetTV. E non si parla solo di prioritizzazione dei pacchetti, ma anche di veri e propri filtri, e qualcuno si spinge persino a parlare di censura.

L'accusa, come accennato, è vecchia. Interrogata a questo proposito, Wind (fornitore del servizio Libero ADSL) a suo tempo spiegava di aver attivato un algoritmo che, in caso di traffico elevato, dava priorità a Web, posta e VoIP. Questo meccanismo dovrebbe entrare in gioco per brevi periodi di tempo, e dovrebbe limitarsi a dare priorità ai servizi "più preziosi per l'utenza domestica" senza bloccare del tutto il file sharing. Già allora, però, erano tanti gli utenti che su forum e newsgroup sostenevano che il P2P era praticamente bloccato per gran parte della giornata.
“In rete di ipotetici blocchi, filtraggi, rallentamenti, limitazioni e decadimento della velocità delle reti P2P, usando presunti nuovi software in dotazione ai vari provider, o legati a poco credibili malware o attacchi DoS, se ne parla dal 2005, ma avendo provato personalmente il problema, effettuando test di ogni genere con Emule, BitTorrent ed altri software P2P, con varie configurazioni software e hardware, settaggi e tutto il possibile e provabile, effettivamente il dubbio (o la quasi certezza) che qualcosa stia avvenendo, ti assale", scrive "zangtumtum" in una delle tante email che spopolano sulla rete. "Notte insonne dopo notte insonne, i dubbi si fanno granitiche certezze, e la banda degrada fino a bloccarsi".

Il nodo cruciale della questione è che queste limitazioni vanno contro il libero uso che una persona fa della propria linea e, non per ultimo, risulta infranto anche il diritto alla privacy, visto che analizzare il flusso dati di un cliente per capire quale programma è in esecuzione e di conseguenza rallentarlo è come spiare nella posta del vicino di casa.

Wind è stato il primo provider a confermare l'uso di un “engine” (tecnicamente un algoritmo, un programma) di rete capace di filtrare selettivamente il traffico P2P, ma dell'esistenza di sistemi di questo tipo gli utenti più esperti sapevano già da tempo: i maggiori fornitori di apparati di networking dispongono già da anni di funzionalità avanzate di “traffic shaping” (i programmi di ottimizzazione della rete di cui sopra, ndr)e le propongono ai propri clienti, tra cui anche i maggiori provider. In alcuni documenti, facilmente reperibili su internet, tali grandi fornitori spiegano come consentire ai provider di "identificare e classificare tutto il traffico P2P in modo che possa essere accuratamente stimato e controllato" e "identificare quegli abbonati che stanno consumando un illimitato ammontare di banda". Abbonati talvolta identificati come "abusive users", gente insomma che esagera (?) nell'uso della risorsa-banda.

Preoccupante è sapere che l'occhio di questi sistemi può arrivare molto in profondità, rendendo poco utili i protocolli di offuscamento dei vari programmi che rendono possibile il file sharing, come eMule, Direct Connect ++ o i client BitTorrent, solo per citare i più famosi. Tecniche come la Stateful Deep Packet Inspection di fornitori come Cisco, unite a sofisticati meccanismi di analisi statistica, sono in grado di fiutare il traffico P2P meglio di quanto un segugio possa fare con la cacciagione.

Appare ormai evidente come, in epoca di televisione online e di servizi a valore aggiunto dalle forti richieste di banda, queste tecnologie siano impiegate da pressoché tutti i provider, specie quelli più grandi. Il problema è che tali meccanismi di monitoraggio e controllo possono essere utilizzati per fare un sacco di cose, ed i provider sono in genere restii a fornire dettagli in merito. Un ISP (Internet Service Provider) può infatti usarli per filtrare tutto il traffico P2P o solo una sua parte, andando ad agire selettivamente su tipo di applicazione, traffico in upstream (dall'utente verso il provider) o in downstream (dal provider verso l'utente), porte TCP/IP, tipo di pacchetto, numero di connessioni, account utente, indirizzo di destinazione, orario e chi più ne ha più ne metta. Gli interventi possono inoltre essere più o meno pesanti, e andare da una lieve diminuzione nella priorità dei pacchetti P2P al blocco totale degli stessi.

Se a ciò si aggiungono le lentezze e le congestioni croniche di cui sembrano soffrire molte ADSL italiane (indipendentemente dall'applicazione utilizzata), l'eventuale utilizzo da parte dei provider di differenti tipi di shaping del traffico, il cattivo funzionamento di certi apparati di networking (lato utente o lato provider), e le configurazioni non ottimali utilizzate da certi utenti del file sharing, si può ben capire quanto sia difficile sapere chi viene filtrato e quanto viene filtrato, chi filtra e quanto filtra. L'unica certezza, come si è detto, è che tutti i provider adottano queste politiche: quanto esse siano aggressive e per quali finalità siano usate dopo non viene detto ed è, in definita, impossibile da sapere.


Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy