Le libertà digitali

a cura di Alessandro Iacuelli


di Alessandro Iacuelli

Giro di vite della pressione censoria cinese sulla libertà di espressione, ancora una volta nei confronti dell'uso di internet. A farne le spese questa volta è stata la celebre Wikipedia, la libera enciclopedia del sapere, non più consultabile dalla Cina dal 19 ottobre 2005. Non è la prima volta che le autorità cinesi ne bloccano l'accesso: era già accaduto a giugno e settembre dell'anno scorso.
La notizia è stata annunciata da "Reporters sans Frontieres", che oggi ha invitato le autorità cinesi a smettere di ostruire l'accesso al sito Web dell'enciclopedia on-line. Paradossalmente, la chiusura delle visite all'enciclopedia avviene subito dopo la pubblicazione, da parte del governo, del white paper intitolato "The construction of political democracy in China". Nonostante in questo testo si parli di diritti umani e democrazia di base nelle aree urbane e rurali, il blocco della Wikipedia, alla quale chiunque può contribuire, è una chiara violazione del diritto all'informazione dei cittadinicinesi, oltre che una limitazione al diritto di espressione.

Già da anni, con il crescente interesse da parte cinese verso internet, con ormai più di 100 milioni di persone che accedono alla Rete, la censura governativa grava pesantemente sul Paese, ponendo grossi freni all'uso dei blog, ma anche con forti limitazioni sui motori di ricerca. Per citare alcuni casi eclatanti, ricercare parole-chiave come "Libertà", "Democrazia", "Free Tibet", "Dalai Lama" in Cina, produce come risultato pagine vuote o messaggi di errore.

Dal 2003 ad oggi la censura contro i siti web non ha fatto altro che aumentare. Una censura supportata dall'efficiente sistema dei proxy di Stato che consente al governo di impedire agli utenti cinesi di accedere a moltissimi siti web contenuti nelle proprie liste di blocco, mediante l'uso di un sofisticato insieme di "parole" non gradite.
A questo si aggiunga che la Repubblica Popolare cinese ha intrapreso numerose azioni di censura contro blogger, alcuni dei quali hanno subito pesanti condanne carcerarie per aver espresso opinioni
ritenute pericolose.

Basandosi sui dati forniti da Reporters sans Frontieres, vi sono 59 cyber-dissidenti attualmente imprigionati in Cina per aver pubblicato materiale "sovversivo" su Internet. Il più famoso di questi, Du Dao Bin, è ancora trattenuto, senza la possibilità di essere rilasciato su cauzione, dal momento del suo arresto nell'ottobre del 2003.

Più sottile è la censura ai siti esteri, ai quali viene negato l'accesso o si viene deviati verso siti governativi. Come racconta Yan Sham-Shackleton, "Io stessa ho sperimentato sulla mia pelle la censura: il mio blog Glutter è stato vietato in Cina. E' difficile dire se il mio sito sia stato particolarmente colpito, dato che è ospitato da Typepad ed è stato censurato insieme agli altri blog, ma Glutter è pieno di pensieri sulla democrazia in Cina e ad Hong Kong, storie di violazioni di diritti umani in Cina e in Tibet e notizie sull'indipendenza di Taiwan. Tutti questi argomenti sono nella Top 20 della lista di argomenti censurabili in Cina. Quello che mi infastidisce di tutto questo è che avevo sempre pensato che sarei passata inosservata, in quanto Glutter è un sito così piccolo, un'opera personale."

L'ultimo caso di censura risale a pochi giorni fa, quando Microsoft ha chiuso sul sito MSN Spaces il blog di Zhao Jing, esperto di media, dopo la pubblicazione di un articolo critico contro il quotidiano governativo "Pechino News". "Ho pubblicato nel sito - dice Zhao - 3 pezzi relativi al Pechino News e tutti i pezzi e gli articoli sono stati cancellati nella rete internet cinese".
Il colosso americano Microsoft si è giustificato affermando che la cancellazione è stata fatta su richiesta del governo cinese, e che l'azienda non intende dare spazio a violazioni delle leggi locali cinesi.

Lo strumento Internet in Cina è al momento molto diffuso e in continua crescita: nel 2005 il Paese ha superato i 100 milioni di persone con accesso alla rete, divenendo il secondo al mondo per i collegamenti.
Ora è toccato all'Enciclopedia indipendente Wikipedia. Ci si chiede a chi toccherà la prossima volta.

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