di Alessandro Iacuelli

Erano le 15 di un giorno feriale qualunque, quel 4 novembre scorso, ma destinato ad essere ricordato a lungo a Paderno Dugnano, periferia settentrionale di Milano. Un'esplosione fortissima "simile a quella provocata da una bomba", raccontano i testimoni, poi altre tre e infine un incendio che ha sollevato una nube nera dall’odore acre. Non si è trattato di un attentato, ma dell'ennesimo episodio negativo in un'Italia costellata perennemente da incidenti sul lavoro.

Ad esplodere è stata un'azienda, la Eureco Holding, che non costruisce forbici o manici di scopa, ma si occupa di trattamento e smaltimento di rifiuti tossici e pericolosi. Tragedia ambientale sicuramente, nonostante si cerchi già di minimizzare, ma anche tragedia di lavoro: sono stati sette gli operai sorpresi dall'esplosione, avvenuta proprio nel capannone dove lavoravano. Tutti dipendenti di una cooperativa esterna, cinque italiani e due stranieri, sono rimasti ustionati. Cinque di loro sono in gravi condizioni, tutti in codice rosso, intubati sul posto e trasferiti negli ospedali di Niguarda, San Carlo, San Paolo Fatebenefratelli e San Raffaele; due sono stati trasferiti nel centro grandi ustionati di Torino.

"Ho visto i miei colleghi che venivano portati via dall’ambulanza, erano completamente ustionati, è stato un disastro", ha detto un dipendente della Eureco, che al momento dell’esplosione si trovava all’esterno dello stabilimento, costruito nei primi anni ’90 a pochi metri dalla superstrada Milano-Meda, chiusa all’altezza dell’azienda durante l’intervento per motivi precauzionali. Davanti ai cancelli della fabbrica si sono radunati anche alcuni parenti degli operai feriti, preoccupati per le condizioni dei loro familiari, e i residenti della zona.

E' stata una reazione a catena, quella avvenuta nel capannone Eureco. Secondo le ricostruzioni effettuate dai vigili del fuoco e dagli specialisti del Nucleo chimico-batteriologico, tre minuti prima delle 15, una bombola di acetilene, posta vicino a un conteiner di materiale plastico e vernici, è esplosa per ragioni ancora da accertare. La deflagrazione ha innescato in pochi secondi lo scoppio di altri due bidoni di vernici da stoccare che si trovavano lì vicino e che sono saltati in aria. Impegnati a scaricare i container e ammassare i materiali pericolosi c'erano i sette uomini, d'età compresa tra i 35 e i 55anni. Gli operai sono stati sbalzati diversi metri più in là e hanno perso conoscenza. I primi a sentire l'esplosione e a lanciare l'allarme sono stati alcuni agenti della Polizia locale impegnati in quel momento nei paraggi dell’azienda.

I vigili del fuoco hanno domato l’incendio dopo aver circoscritto le fiamme entro un'area di 1.000 metri quadrati su una superficie di 10.000. Effettuata anche un’operazione di schermatura che ha consentito di isolare la zona dell’impianto dove vengono lavorati olii e solventi chimici. Non si hanno ancora informazioni relative alla possibile fuga di sostanze pericolose per la salute, ma le autorità locali hanno già emesso ordinanze poco promettenti, comunicando a tutti i cittadini di non aprire le finestre e non uscire di casa.

I vigili del fuoco hanno effettuato una campionatura dell’area per analizzarne il grado di tossicità, anche se l'Arpa Lombardia non ha ordinato l'evacuazione dagli stabili. Analogamente, anche il tipo di sostanze coinvolte nello scoppio e nell'incendio non sono ancora note. Nella stessa azienda a luglio erano bruciati alcuni cassoni, ma l’incendio si era sviluppato durante la notte e non aveva provocato feriti. Lo ricorda "La Gazzetta di Monza e Brianza", che scrive come in estete "alcuni container presero fuoco nel cortile della ditta durante l'orario notturno."

La società proprietaria degli impianti di smaltimento di rifiuti pericolosi è la Eureco srl, che ha anche una sede, con il nome di "CR srl", in provincia di Pavia, anche lì si occupa di rifiuti speciali. Del gruppo fa parte anche la Ge.tra.me srl, specializzata nel trasporto e smaltimento di amianto. Proprio la "Cr srl" ha avuto in passato qualche difficoltà a proposito di un’inchiesta sullo smaltimento illegale di rifiuti e di compost cancerogeno fino ad arrivare al sequestro degli impianti, nell'ambito dell'operazione del Noe "Pseudo Compost" che nel luglio 2007 aveva portato a cinque arresti, undici sequestri di società e 15 perquisizioni.

C'è di più. L'azienda venne messa lì dalla Regione Lombardia nei primi anni '90 approfittando dell'emergenza rifiuti, che all'epoca infestava Milano. Anche in quel caso, come avviene invece in questi anni in Campania, senza stare a guardare se l'emergenza fosse causata dai rifiuti urbani di Milano o dai rifiuti speciali delle industrie lombarde, si scelse di "far presto", collocando forzosamente l'impianto della Eureco a Paderno Dugnano.

A sollevare la delicata questione è il circolo dei Verdi di Paderno Dugano, che in comunicato stampa ricorda: "Quell'area sul Piano Regolatore non prevede l'installazione di impianti di quel genere, essendo a ridosso del canale Villoresi e della superstrada Milano-Meda, nonché nel perimetro del Parco del Grugnotorto; è lì solo grazie all'autorizzazione della Regione Lombardia”.

Quest’anomalia era già stata evidenziata e segnalata fin dai primi anni Novanta dal Circolo locale di Legambiente, e come mai è stata autorizzata una cosa simile? Dall'88 ad oggi abbiamo visto solo rinnovi e ampliamenti. L'episodio che è accaduto è figlio di una situazione di mancata vigilanza e irregolarità che perdura da tempo. Oltre all'ambiente, chi paga di più l'esito di questa situazione sono i lavoratori, esposti agli inquinanti e agli incidenti."

Aldilà di ogni considerazione (di buon senso prima ancora che legale) sull'opportunità di tenere bombole di acetilene accanto a fusti di vernici e olii minerali, sembra evidente che c'è qualcosa da rivedere nel sistema di gestione privata dei rifiuti speciali in quell'angolo di Lombardia; e che magari andrebbero anche rivisti e aggiornati i criteri per le valutazioni di impatto ambientale. Nel frattempo però c'è una richiesta da porre: vengano resi pubblici i dati rilevati dall'Arpa sulla distribuzione e sulla tossicità dei residui di combustione spinti via dal vento, e in definitiva quanto è grande l'entità del danno ambientale. Perché nelle interviste e nei comunicati circolati nelle ultime ore, si legge che il danno ambientale è nullo, ma il rogo di tonnellate di rifiuti tossici e pericolosi contraddice questa versione, che appare fin troppo di comodo.

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