di Mario Braconi

Missione compiuta per Frau Merkel, che porta a casa l’approvazione del pacchetto di provvedimenti di diretto al salvataggio dell’euro. L’estrema sinistra (Linke) ha votato contro il provvedimento sostenendo che servirà solamente a rendere più ricche le grandi banche a spese dei ceti sociali più svantaggiati. Ma anche se Socialdemocratici e Verdi hanno votato a favore, il dato nodale è la tenuta della maggioranza Merkel. La coalizione di Centrodestra della Cancelliera ha retto, assicurandosi addirittura un risicato margine (i voti favorevoli dei membri della coalizione al governo sono stati infatti 315 contro i 311 strettamente necessari).

“Una volta ottenuta la ratifica dagli altri stati membri [mancano ancora Austria, Olanda, Malta e Slovacchia, ndr], avremo uno strumento più forte e versatile per assicurare la stabilità finanziaria [nell’area ndr]”, così ha commentato il voto tedesco un portavoce della Commissione Europea. A dispetto del suo profilo deliberatamente basso, è chiaro che il voto favorevole della Germania ha un valore politico molto importante: il governo tedesco è intenzionato a fare la sua parte per difendere l’euro.

Dunque, a dispetto della robusta ed esplicita contrarietà della popolazione a misure di sostegno ai Paesi europei più deboli, il governo tedesco si è dichiarato favorevole portare dagli attuali 120 a 211 miliardi di euro il valore delle garanzie prestate dalla Repubblica Federale al Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (EFSF). Il quale vede così aumentata la sua dotazione dagli attuali 440 a 780 miliardi di euro.

Ma non è finita qui: restano aperti due temi principali, uno di bassa cucina istituzionale (il potere di ricatto dei Paesi più piccoli) e uno più di sostanza, ovvero la possibile insufficienza dei fondi di EFSF anche dopo il passaggio a 770 miliardi di euro di dotazione. Come noto, le procedure dell’Area Euro prevedono che, affinché si possa procedere alla trasformazione del Fondo, occorre la ratifica dei governi di 17 dei Paesi che utilizzano l’euro. La Finlandia, i cui governanti si sono già fatti ridere dietro chiedendo alla Grecia (e ovviamente non ottenendo) “garanzie” quale contropartita del loro contributo al pacchetto di aiuti specificamente diretti al Paese ellenico, questa volta ha dato una prova migliore, approvando lo scorso mercoledì il rafforzamento di EFSF.

Ma la Slovacchia può riservare qualche sorpresa: succede infatti che il futuro dell’euro dipenda dalla capacità del Governo di quel Paese di approvare il piano di salvataggio. Proprio così, un paese che contribuisce al Fondo con un ragguardevole 0,99%, (oggi pari a poco meno di 4,4 miliardi di euro) potrebbe costituire il proverbiale granello di sabbia in un meccanismo di per sé non particolarmente lubrificato ed efficiente.

Se da un lato il Presidente del Parlamento slovacco Richard Sulik ha dichiarato che farà di tutto per impedire che l’Assemblea si pronunci sul tema, dall’altro la premier Iveta Radic?ová dovrà fare affidamento sull’opposizione per ottenere luce verde ai provvedimenti anti-crisi. E’ comunque probabile, per non dire certo, che il Parlamento slovacco non riesca ad esprimersi in tempo per il summit euro del 17 e 18 ottobre. Purtroppo, l’attesa e l’incertezza sono come il miele su cui si avventano le mosche della speculazione.

E’ possibile comunque che, quando finalmente si saranno ottenute tutte le ratifiche, ci si renda conto che i suoi mezzi non sono sufficienti. Timothy Geithner sta spingendo in modo addirittura imbarazzante in questa direzione (la sua presenza da ospite non invitato all’Ecofin informale in Polonia ha infastidito non poco alcuni politici presenti): secondo gli USA, infatti, la dotazione ideale dell’organismo europeo non dovrebbe essere di molto inferiore ai 2.000 miliardi. Anche se la Merkel fa sapere che il passaggio da 440 a 780 miliardi è (davvero, lo giuro...) l’ultimo sacrificio che la Germania è disposta a sopportare, è difficile sostenere che i politici europei abbiano del tutto accantonato l’ipotesi di un ulteriore irrobustimento del Fondo.

Intanto i tecnici stanno lavorando a tre ipotesi alternative su quello che potrebbe costituire il profilo del futuro ESFS: a quanto risulta al Guardian, il fondo potrebbe essere trasformato in banca o compagnia assicurativa; altrimenti potrebbe essere autorizzato a prendere denaro in prestito dalla Banca Centrale Europea (o perfino dai privati) per acquistare obbligazioni governative emesse da Paesi dell’Eurozona. E’ evidente che le questioni istituzionali hanno un pesante risvolto politico, capace di aprire nuovi conflitti tra Membri e anche all’interno dei Parlamenti dei singoli Paesi. Non resta che aspettare con il fiato sospeso le decisioni della Slovacchia.

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