“Una rosa, con un altro nome, avrebbe lo stesso dolce profumo”, diceva Giulietta. Con meno poesia, il concetto vale anche per i condoni: li puoi chiamare in altro modo, ma conservano sempre la stessa puzza. Ed è proprio l’odore che si sente a pagina 21 del contratto Lega-5 Stelle, dove si parla di “pace fiscale”.

 

Vale la pena di leggere l’intero passaggio: «Il miglioramento delle procedure di riscossione passa inevitabilmente dal preventivo e definitivo smaltimento della mole di debiti iscritti a ruolo, datati e difficilmente riscuotibili per insolvenza dei contribuenti. È opportuno instaurare una “pace fiscale” con i contribuenti per rimuovere lo squilibrio economico delle obbligazioni assunte e favorire l’estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell’importo dovuto, in tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica. Esclusa ogni finalità condonistica, la misura può diventare un efficace aiuto ai cittadini in difficoltà ed il primo passo verso una “riscossione amica” dei contribuenti».

 

Domanda: come si può suggerire di stralciare parte degli importi dovuti dai contribuenti all’Erario e allo stesso tempo negare che si tratti di un condono fiscale? La formulazione vaga del programma non aiuta a capire.

 

Per fortuna, viene in nostro soccorso un’intervista ad Armando Siri pubblicata su La Repubblica lo scorso 11 maggio: «Famiglie, commercianti e imprese che hanno pendenze con Equitalia fino al 2015 - spiega il senatore leghista - potranno mettersi in regola versando in modo agevolato il 25%, il 10% o il 6% del dovuto, a seconda delle difficoltà economiche in cui si trovano».

 

Stop. La Treccani, alla voce “condono fiscale”, dà questa definizione: «Provvedimento legislativo che prevede un’amnistia fiscale e ha lo scopo di agevolare i contribuenti che vogliano risolvere pendenze in materia tributaria». È evidente che la “pace fiscale” dei penta-leghisti, che nella versione più estrema annullerà fino al 94% del debito del contribuente, non esclude affatto “ogni finalità condonistica”. Perché è un condono.

 

Purtroppo però non è finita qui. Al di là delle valutazioni sul merito del provvedimento, ci sono alcuni problemi tecnici da valutare.

 

Il primo ha a che vedere con il gettito atteso: «Nel 2019 contiamo di recuperare 35 miliardi - continua Siri - nel 2020 altri 25 miliardi». Entrate una tantum da utilizzare a copertura parziale della flat tax, che è strutturale e costa 50 miliardi l’anno (in teoria, una volta esaurito il tesoretto della “pace fiscale”, la tassa piatta dovrebbe autofinanziarsi grazie alla crescita innescata proprio dall’abbattimento delle tasse).

 

Il problema è che questi numeri si fondano su un calcolo discutibile. Come rileva LaVoce.info, la vecchia Equitalia (oggi Agenzia delle Entrate-Riscossioni) vanta crediti per 1.058 miliardi di euro: di questi, la Lega considera ancora esigibili almeno 650 miliardi, mentre Ernesto Maria Ruffini, ex amministratore delegato di Equitalia e ora direttore dell’Agenzia delle Entrate, in un’audizione parlamentare del febbraio 2016 aveva parlato di “posizioni effettivamente lavorabili” per soli 51 miliardi.

 

Anche se entrambi avessero torto e la verità fosse da qualche parte nel mezzo, i conti di questo condono rischiano di essere pesantemente sbagliati. Di conseguenza la flat tax, oltre a essere un’aberrazione sociale e costituzionale per la sua iniquità, sarebbe impossibile da finanziare, a meno di non trascinare a picco i conti dello Stato.

 

Per quanto riguarda il piano ideologico, è curioso che grillini e leghisti, dopo aver passato anni a scagliarsi contro voluntary disclosure e rottamazione delle cartelle gridando al condono, ora si producano in un condono vero e proprio. A loro difesa, probabilmente, diranno che la “pace fiscale” non è accessibile agli evasori ed è riservata soltanto a chi ha difficoltà economiche. I leghisti spiegano infatti che, per beneficiare dello sconto, il contribuente deve aver presentato la denuncia dei redditi ma non trovarsi nelle condizioni materiali di pagare il dovuto all’Erario.

 

Anche queste precisazioni, tuttavia, sollevano dei dubbi. «Quali sarebbero le “difficoltà economiche” meritevoli di tutela? - si chiede Giuliano Cazzola su FIRSTonline.info - magari anche un investimento sbagliato oppure una vicenda giudiziaria molto onerosa? Ci saranno delle Commissioni che giudicano caso per caso in modo inappellabile o sarà consentito il ricorso per via amministrativa o addirittura al giudice ordinario?».

 

Fino ad ora, l’unica vera certezza è l’espressione “pace fiscale” non è altro che un eufemismo politichese. E che questo condono non profuma di rosa.

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