di Liliana Adamo

Piacerebbe citare un film popolarissimo d'Irvin Kershner, quel "Mai dire mai" tratto dall'ennesimo romanzo di Ian Fleming ed esattamente un'inquadratura: Sean Connery (James Bond) e Klaus Maria Brandauer (Largo), si contendono il potere manipolando una scacchiera elettronica (comprensiva di mortali scariche elettriche), dove l'uno o l'altro può spingersi al dominio totale, colpendo a morte l'avversario e annientando ogni continente espugnato. Il tema centrale del film ruota intorno al cattivo di turno e a Largo bastano un paio di testate nucleari per tenere sotto smacco, i governi del mondo...
Trascurando il fascino del vecchio Bond (che ucciderà Largo, otterrà l'amore di Domino e salverà il mondo), il genere fantastico ha speculato sulle più svariate minacce soverchianti l'ordine costituito delle cose. L'incubo nucleare e i grandi attacchi terroristici sono diventati, oltre che elementi tangibili, le forme più in voga di fiction (quello degli attacchi terroristici in grande stile devono aver persuaso del tutto il presidente Bush e il suo entourage).
Pochi hanno stimato la guerra globale per l'accaparramento di risorse energetiche, anche se il pretesto è materia straordinariamente attuale. Ci ha pensato, invece, l'analisi di un "oscuro" autore americano, talmente bravo a condurre i suoi punti d'arrivo, che, al lettore del saggio, procura più di un brivido gelido lungo la schiena.
Complotti e fosche macchinazioni per il dominio petrolifero? Orditi intrighi all'ombra dell'OPEC? O un'allucinante profezia con dati realistici alla mano?

di Barbara Betancourt*

Dopo un processo segnato da delusioni ed insoddisfazioni, minacce pubbliche del Governo degli Stati Uniti e compromessi con gli alleati, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione che instaura il nuovo Consiglio dei Diritti Umani. Il Consiglio sostituirà la Commissione, incaricata da sessant'anni della materia. Così come aveva annunciato, Washington ha votato contro il testo e, come era d'aspettarsi, lo ha fatto in compagnia di Israele, Isole Marshall e Palau.
Non ha causato sorpresa che l'Unione Europea abbia votato a favore del documento, era stato annunciato: ma ancor meno sorpresa ha destato che Bruxelles definisse la sua posizione in linea con quella statunitense, nonostante la differenziazione sul voto.
Sembrerebbe contraddittorio che possano esserci posizioni comuni e voti diversi sullo stesso documento, se non fosse che entrambi appartengono al blocco delle grandi potenze, che hanno in comune la stessa ideologia e che si differenziano tra loro solo per l'uso di tattiche diverse per raggiungere gli stessi obiettivi.

di Carlo Benedetti

Sul Montenegro - che il 21 maggio va alle urne per il referendum sull'indipendenza - l'ombra di Milosevic pesa già come un macigno. Perché il Paese, che con la Serbia forma attualmente la Repubblica Federale di Jugoslavia, è chiamato, ancora una volta, a decidere sul suo futuro: sulla totale e irrevocabile sovranità di Podgorica o sulla tradizionale appartenenza al centro belgradese.
E così se i "Sì" prevarranno con almeno il 55 per cento e la partecipazione al voto sarà di oltre il 50% vorrà dire che il Montenegro divorzierà dalla Serbia. Pertanto la dissoluzione di quella che era un tempo la Jugoslavia unitaria di Tito (e, successivamente, di Milosevic) avrà raggiunto un altro gradino. E risulteranno più che mai profetiche quelle parole di Danilo Kis - lo scrittore di Subotica - "vengo da un mondo scomparso".
A vincere il braccio di forza con Belgrado potrebbero essere, infatti, i due massimi esponenti dell'attuale regime: il presidente Filip Vujanovic e il premier Milo Djukanovic. Si gioca quindi in questi giorni il futuro di una regione-chiave dell'intera area balcanica la quale, dopo essere stata divisa nel 1941 dall'Italia fascista - con l'annessione di una parte all'Albania - entrò nella federazione jugoslava nel 1946 come una delle sue sei repubbliche. Ma quando la federazione si dissolse, costituì nel 1992 - insieme con la Serbia - la nuova Federazione. Poi, nel corso della gravissima crisi segnata dalla guerra civile in Bosnia-Erzegovina (tra il 1992 e il 1995) e dall'intervento militare della Nato (1999), il Montenegro manifestò aperti segni d'insofferenza verso la politica della Serbia e del suo leader Milosevic.

di Luca Mazzucato

l'arresto di saadat Lo show mediatico dell'assedio alla prigione di Gerico è l'ultimo atto della campagna elettorale di Ehud Olmert. La storia si ripete, come spesso accade da queste parti, anche se più di tremila anni sono passati dal biblico assedio di Gerico, quando Giosuè, alla guida del popolo ebraico, rase al suolo le mura della città al magico suono delle trombe e sterminò i suoi abitanti.La massiccia operazione dell'esercito israeliano, concordata con gli alleati inglesi e americani, ha portato all'arresto e alla deportazione in Israele di un numero imprecisato di detenuti palestinesi e in particolare del leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e neoeletto deputato del Parlamento Palestinese, Ahmed Saadat. Costui è ritenuto l'organizzatore dell'omicidio di Rehavam Zee'vi, ministro del Turismo e leader dell'estrema destra israeliana, avvenuto nel 2000. Saadat si trovava nel penitenziario di Gerico dal 2002, fino a oggi sotto la sorveglianza degli ispettori anglo-americani. Questi ultimi hanno deciso senza preavviso di lasciare la prigione martedì mattina in una staffetta con l'artiglieria pesante israeliana e i suoi bulldozer che hanno raso al suolo la prigione, costringendo i detenuti a consegnarsi alle forze di occupazione dopo ore di trattative.

di mazzetta

In Turchia è scoppiata una grave crisi istituzionale; il numero due dell'esercito, il generale Yasar Buyukanit, è stato incriminato dal procuratore Ferhat Sarikaya, che lo accusa di gestire una rete militare clandestina dedita al perseguimento della "strategia della tensione" contro la popolazione e i movimenti curdi.
Tutto cominciò a Semdinli il 9 novembre del 2005, con un attentato ad una libreria curda.
Gli attentatori però riuscirono a sfuggire alla folla, che bloccò l'auto con la quale volevano darsi alla fuga.
A bordo, oltre a un ex esponente del Pkk, prima incarcerato e poi assoldato dai servizi turchi, sono stati trovati 2 agenti, 3 kalashnikov, una pianta dell'edificio colpito ed alcuni detonatori, oltre ai documenti che provano come anche gli altri occupanti fossero poliziotti e che la stessa vettura fosse intestata alla gendarmeria.
Mentre la folla rimaneva sul luogo dell'attentato, esigendo che il magistrato intervenuto registrasse le clamorose prove, da una macchina di passaggio (riconosciuta per una vettura della gendarmeria) sono stati esplosi numerosi colpi che hanno ferito altre 6 persone, oltre ai due morti causati dall'esplosione. A questi eventi seguirono per giorni varie dimostrazioni e scontri in tutta la provincia curda di Hakkari, con uno strascico di altri 7 morti e decine di feriti tra i curdi.


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