di Agnese Licata

Movimenti di assestamento, in Francia. L’onda lunga delle elezioni presidenziali attraversa il Paese, toccando vertici istituzionali, mondo della stampa e, non da ultimo, partiti all’opposizione. Nicolas Sarkozy, l’uomo che venti giorni fa la maggioranza dei francesi ha scelto come nuovo inquilino dell’Eliseo, non si è limitato a nominare velocemente la squadra di governo. Negli scorsi giorni, infatti, ha provveduto a collocare suoi uomini di fiducia sulle poltrone più strategiche di Francia. Il leader dell’Ump sembra così deciso a prendere tutte le contromisure necessarie ad evitare che, un domani, le riforme da lui tanto sbandierate durante la campagna elettorale vengano mitigate nella loro applicazione. L’apertura promessa da Sarkozy durante il suo primo discorso da vincitore sembra già lontana. Del resto, basta guardare da vicino la composizione del nuovo governo per rendersi conto che la volontà di coinvolgere in qualche modo anche il centrosinistra è solo una facciata, con l’obiettivo di tranquillizzare chi ha paura che con lui la Francia subisca una svolta reazionaria. Anche la scelta, tanto discussa, di affidare il ministero degli Esteri a Bernard Kouchner, fondatore di Médecins sans frontières, non fa eccezione. Non solo perché Kouchner era da tempo ai margini del partito socialista (soprattutto per il suo essere favorevole all’intervento in Iraq), ma anche per la scarsa possibilità di manovra del ruolo che gli è stato affidato. In una repubblica presidenziale qual è la Francia, infatti, le decisioni ultime in tema di politiche internazionali sono prese non dal governo, ma dal presidente stesso. E in questo, Nicolas Sarkozy di certo preferirà seguire i consigli di Jean-David Lavitte, ambasciatore a Washington e adesso membro della squadra presidenziale, piuttosto che quelli di Kouchner.

Non sorprende quindi che alla guida della Direzione generale della polizia nazionale Sarkozy abbia messo Frédéric Péchenard, suo amico d’infanzia, cresciuto anche lui a Neuilly-sur-Seine. L’assoluta fedeltà al “padrone” sembra essere l’unica qualifica richiesta. L’uomo che dirigerà tutta la polizia francese, infatti, non proviene dai quadri dirigenziali, come era sempre avvenuto in passato. Péchenard è stato un semplice poliziotto, esperto nella lotta al banditismo, al terrorismo, agli stupefacenti, ma quanto a esperienza con il mondo dell’Amministrazione, niente che giustifichi una nomina del genere.

A un altro fedelissimo va la guida di un nuovo organismo made in Usa: la procura generale della Nazione. Sarà il magistrato Yves Bot, sarkosista storico, a dirigerne i lavori.
Anche cambiando settore, la musica è sempre la stessa. Nicolas Sarkozy, ben consapevole del ruolo dell’informazione nel garantire il consenso e in previsione di misure che si annunciano non ben viste da un’ampia parte dei cittadini francesi (come quelle sull’immigrazione), si è assicurato il favore di Tf1, il network televisivo più importante in Francia. A diventarne nuovo direttore è stato infatti Laurent Solly, uno dei responsabili della sua campagna elettorale. La nomina, annunciata in modo ufficiale dall’Eliseo, è arrivata grazie al legame tra Sarkozy e il gruppo Bouygues, a cui appartiene la Tf1.
Laurent Solly va ad aggiungersi ai tanti altri nomi che, nel mondo della carta stampata, si sono dimostrati sostenitori delle idee del nuovo presidente francese. Arnaud Lagardère, ad esempio, è proprietario di Paris Match e del Journal du dimanche. Vincent Bolloré, invece, controlla due quotidiani gratuiti tra i più diffusi: Matin Plus e Direct Soir. Tra le file dei sarkosisti c’è anche Alain Minc, a capo del consiglio di sorveglianza di Le Monde.

Proprio il consiglio di sorveglianza di Le Monde (che comprende anche i giornalisti) ha negato il terzo mandato al suo direttore storico, Jean-Marie Colombani. Dopo tredici anni alla direzione del quotidiano più autorevole di Francia, dopo averlo traghettato in un recente cambio di formato, essere riuscito a mettere su un sito da 2,4 milioni di visitatori ed aver messo su un gratuito - Matin Plus - con grandi rendite pubblicitarie, Colombani viene messo alla porta da un voto a lui favorevole solo per il 48 per cento voti (era necessario il 60 per cento per la rielezione). A nulla sono servite le proteste di una parte dei giornalisti e i dubbi da loro sollevati sull’indipendenza della testata. Il nome del successore non si sa ancora. A cercarlo sarà proprio Alain Minc. I nomi fatti finora non hanno neanche lontanamente il calibro di Colombani. Ci vorrà del tempo per capire come sarà il Le Monde dell’era Sarkozy.

Dai “movimenti di assestamento” post-elettorali è stata, inevitabilmente, colpita anche anche la sinistra francese. Dopo la sconfitta al ballottaggio delle presidenziali, in gran parte frutto di una mancata unità e della scelta di un candidato poco convincente come Ségolène Royal, i partiti all’opposizione sembrano non avere ancora imparato la lezione. Il prossimo 10 giugno i francesi saranno nuovamente chiamati a votare, questa volta per il rinnovo dell’Assemblea nazionale. Il partito socialista e gli altri piccoli partiti di sinistra, invece di serrare le fila per tentare di non dare alla destra anche la maggioranza del Parlamento, sono ancora alle prese con personalismi interni, programmi poco chiari e frammentazioni d’ogni ordine e grado. François Hollande, marito di Ségolène, ha deciso di lasciare la segreteria del partito socialista. Il socialista Laurent Fabius ha invece confermato la sua volontà di correre da solo alle prossime elezioni.

Insomma, per Nicolas Sarkozy la strada è davvero spianata. Pochi ormai sembrano essere gli ostacoli alla “rottura” tanto promessa. Gli amici li ha sistemati lui, gli avversari si sistemano da soli.

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