di Carlo Benedetti

Dice il sindaco di Mosca, Jurij Luskov: “I gay sono opera di Satana” e il portavoce del Patriarcato ortodosso della capitale aggiunge: “La società non può accettare un affronto che venga dal gay pride”. A questa ondata di affermazioni e diktat di stampo reazionario si aggiungono i fascisti russi, i monarchici e i nazionalisti con le loro bande di skinhead che invadono le strade della capitale urlando: “Mosca non è Sodoma”. Su queste organizzazioni - che rievocano le notti più buie della storia russa - si erge un personaggio che sta sempre più dominando le scene della destra russa e che si chiama Igor Miroshnicenko. E’ il responsabile dell'Unione religiosa nazionale dei gonfaloni ortodossi e guida la “protesta”. Manovra la piazza di scalmanati che a Mosca non trovano alcuna resistenza da parte delle forze dell’ordine. E così i manifestanti organizzano i loro comizi sostenendo che: "I gay non dovrebbero passeggiare per la città nel giorno della Santa Trinità“ e che tutti devono insorgere per non permettere che “i depravati offendano i valori tradizionali russi”. Slogan e proteste di stampo analogo a San Pietroburgo dove il sindaco proibisce cortei e spettacoli dedicati al gay pride. Ma è Mosca l’epicentro. Con un grave attacco poliziesco organizzato dal sindaco della capitale con l’appoggio delle forze di sicurezza del Cremlino. Cadono sotto i colpi delle bande di skinhead (e senza che si registri un intervento della polizia a difesa dei manifestanti gay) alcuni deputati europei, tra cui l'italiano Marco Cappato, e la deputata Vladimir Luxuria. Nei blindati della polizia finiscono anche un’altra ventina di persone, tra cui l’europarlamentare tedesco, Volker Beck, già aggredito nel gay pride del marzo 2006, l'organizzatore dell'iniziativa, Nikolai Alekseyev, il funzionario della commissione europea Ottavio Marzocchi e due esponenti radicali russi, Nikolai Kramov e Serghei Kostantinov. La polizia non fa sconti neppure a Peter Tatchell, un veterano britannico della lotta per i diritti degli omosessuali. L’intera vicenda – che getta nuove e pesanti ombre sul regime autoritario di Putin - viene poi così commentata dal deputato Cappato: "Vogliono marginalizzare qualsiasi voce libera: un modo efficace per andare verso un regime autoritario il meno impresentabile possibile". Ovviamente nessun problema per quella trentina di ultra ortodossi e nazionalisti che a due chilometri dal centro di Mosca si ritrovano per una contromanifestazione…

E mentre l’ondata anti-gay investe (a livello ufficiale) la capitale russa, sono in molti a rileggere - quanto ad episodi di inciviltà e intolleranza - la storia del periodo sovietico. Si ricorda così l’abolizione dal codice penale russo (27 maggio 1993) dell’Articolo 121, che dal 1933 criminalizzava le relazioni tra persone dello stesso sesso. Proprio l’epoca sovietica colpì, infatti, l’omosessualità nel modo più rigido. Perché dopo l’iniziale liberalizzazione leniniana, l’era staliniana con le sue politiche procreative introdusse l’art. 121 sfruttandolo come arma anti-dissidenti. Sintomo di “decadenza borghese e reazionaria filo-occidentale”, l’omosessualità maschile era punita, in quegli anni, con reclusione da 5 a 8 anni; quella femminile, “invisibile” per decenni, con l’internamento in cliniche psichiatriche e cure forzate, elettroshock incluso. Forse mille individui colpiti all’anno, specie intellettuali, fino all’89.
Chi scrive ricorda gli anni ’70 quando gli omosessuali si davano appuntamento – a notte fonda – nei giardini del teatro Bolscioi oppure accanto alla statua-simbolo del compositore Ciajkovskij anche per diffondere i bollettini samizdat della loro “Associazione delle minoranze sessuali” (AMS Unione delle lesbiche ed omosessuali).

Quanto alla storia, molto più tollerante sulla sodomia era stata la Russia prerivoluzionaria fin dall’XI secolo, anche in confronto ad altri Stati europei. E si dice che la decriminalizzazione in era eltsiniana fu dettata più dal desiderio di Mosca di far parte del Consiglio d’Europa che da una reale “apertura”. Oggi, comunque, omofobia, antisemitismo e xenofobia sono in forte rialzo in tutta la Russia. E i conservatori non esitano a sfruttare populisticamente la diffidenza verso i muzhelozhstvo e i goluboj (uomini che fanno sesso con uomini) nelle loro campagne elettorali. Nello stesso tempo a San Pietroburgo e a Mosca fiorisce una vivace “scena” gay, con organizzazioni legalmente riconosciute, siti web (Gay.ru, Gayrussia.com, Lesbiru.com), riviste e club. Nel teatro moscovita del regista Roman Viktyuk (noto anche in Italia in ben determinati ambienti) riscuotono successo spettacoli omoerotici che raccolgono un pubblico gay.

Intanto i movimenti gay e progressisti dell’intero territorio ex sovietico preparano una nuova e grande manifestazione che si terrà a Riga, capitale della Lettonia il prossimo 3 giugno. Arriveranno nella città baltica delegazioni di attivisti e attiviste del movimento per i diritti umani provenienti da 11 paesi. E Amnesty International ribadirà l’inviolabilità del diritto alla libertà di espressione e porterà la propria solidarietà alle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender della Lettonia. Tutto questo tenendo anche conto del fatto che negli ultimi anni le manifestazioni legate al Gay Pride sono state caratterizzate, a Riga, da divieti da parte delle autorità e da violente proteste di contro-dimostranti. Amnesty International chiederà ora al governo della Lettonia di assicurare lo svolgimento della manifestazione in completa sicurezza per i partecipanti, garantendo il diritto a non vedere minacciata la loro libertà di espressione, il diritto di riunirsi pacificamente e quello di non essere discriminati sulla base del loro orientamento sessuale o dell’identità di genere. E sempre a Riga il cardinale cattolico Janis Pujats definisce – con una “lettera pastorale” - gli omosessuali "corrotti totali" che si caratterizzano con "forme innaturali di prostituzione". Il conseguente appello dell’esponente religioso è rivolto alla popolazione: “Tutti in strada a dire no ai gay”. Ma l’alto prelato non si accontenta di questo. Alza il tiro contro l’Unione Europea che definisce: “Una comunità di Stati e persone senza Dio”.

Ma la persecuzione non è esclusiva russa, giacché avviene anche in altre aree dell’Est. In Polonia circa 10 mila persone, tra cui esponenti politici europei e una ventina di europarlamentari di vari paesi, partecipano alla Marcia dell’uguaglianza che si svolge nel centro di Varsavia per denunciare l'omofobia che, secondo gli organizzatori, sta sempre più contagiando le alte sfere del potere in Polonia. Il clima della manifestazione è di festa, nonostante alcuni elementi della destra nazionalista cerchino di dare vita a contromanifestazioni. Ma il gay pride polacco registra egualmente un grande successo. Parlano esponenti di vari paesi e Tomasz Baczkowski, della “Fondazione dell’uguaglianza” che ha organizzato la Marcia, annuncia che “con questa manifestazione vogliamo ricordare che i diritti dell’uomo sono universali e riguardano anche le minoranze sessuali”. Fra gli ospiti intervenuti anche il ministro svedese per gli Affari europei Cecilia Malmstroem, la deputata tedesca del partito dei Verdi Claudia Roth e il deputato liberale olandese Boris van der Ham. Si registrano anche varie polemiche nei media locali. Secondo il quotidiano Gazeta Wyborcza, la manifestazione ha come risultato anche quello di sottolineare come l'uguaglianza e la tolleranza non siano valori molto rispettati dall’attuale potere politico della Polonia di oggi.

Notizie arrivano anche dalla Bulgaria, dove nella città di Varna prende il via il primo festival dell'orgoglio gay. Ma si tratta di una manifestazione rigorosamente "al chiuso", dato che i tentativi di poter festeggiare per le vie della città incontrano le dure reazioni della Chiesa ortodossa e della popolazione locale. "Abbiamo cercato nei giorni scorsi di affiancare alla manifestazione una campagna di sensibilizzazione" commenta Desi Petrova, dell'associazione omosessuale bulgara Gemini, "ma siamo stati obbligati a non organizzare eventi in pubblico". La Gemini aveva, infatti, programmato di istituire due punti di informazione nel centro di Varna per la distribuzione di opuscoli ai passanti. Ma il sindaco della città ha bandito l'iniziativa, spiegando che non poteva essere definita un “evento culturale" in accordo con le leggi del paese. Alla decisione del sindaco è seguita la dura reazione della Chiesa ortodossa e dei gruppi conservatori della città contro il gay pride bulgaro. "Questo genere di manifestazioni spingono i giovani verso comportamenti immorali, distruggendo i valori della cristianità ortodossa" ha commentato il metropolita Kiril, capo della Chiesa ortodossa di Varna. Il comitato conservatore della città - "Valori Ortodossi" - aveva invece minacciato di scendere in piazza se il festival si fosse svolto "in pubblico". Il gay pride si terrà dunque fino al 27 agosto in club privati di Varna. E questo pur se il sistema normativo bulgaro bandisce ogni discriminazione contro gli omosessuali, ma i gay restano comunque oggetto di forti ostilità da parte della società bulgara, fortemente conservatrice.

Anche l’Ungheria si muove nel campo delle manifestazioni del gay pride. Budapest, in tal senso, concentra la vita gay nella zona di Pest. Luoghi di incontro sono quelli delle numerose saune, tra cui la più frequentata è la Magnum, non lontana dal National Museum. Esistono poi diversi bar dove si ritrova la comunità gay della capitale.

Per tornare a Mosca si può riportare un piccolo particolare che riguarda l’attività “politica” del movimento gay russo. Sono in molti, infatti, tra i gay di oggi a fregiarsi del titolo di patrioti della nuova Russia. Ricordano infatti, che quando il 18 agosto 1991 ci fu un tentativo di golpe, furono le organizzazioni gay ad offrire ad Eltsin alcuni sistemi editoriali per stampare all’istante volantini e proclami contro i golpisti. Computer e stampanti, i gay dei quel tempo, li utilizzavano per il loro giornale Tema edito da un personaggio del loro giro, Roman Kalinin. Tutte le attrezzature le avevano ricevute in dono da un’associazione americana “amica”, di San Francisco… E così i gay della Russia – con la loro donazione - entrano nelle pagine del patriottismo locale. Con la Speaker del Congresso Usa, Nancy Pelosi, che il 22 novembre del 1991, parla alla Camera dei Deputati di Washington per elogiare appunto il comportamento di Kalinin e della comunità gay moscovita impegnata per scongiurare il golpe. Oggi, il discorso è pubblicato in un libro negli Stati Uniti: "Speaking for Our Lives. Historic Speeches and Rethoric for Gay and Lesbian Rights (1892-2000)". E’ curato da Robert B. Ridinger, per la Harrington Park Press di New York. A ciascuno il suo.

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