di Bianca Cerri

I medici dei comandi militari USA magnificano i benefici del cosiddetto Fattore VII, un anti-coagulante in grado di controllare anche le emorragie più gravi. “Funziona che è una meraviglia”, ha commentato il colonnello John Holcomb, chirurgo ed esperto farmacologo. La fede di Holcombe nel ritrovato si basa però più sul sentito dire che sull’evidenza. D’altra parte, è lui il principale promotore del farmaco. Qualcuno insinua che ne abbia ricavato un tornaconto ma Holcombe respinge sdegnato ogni accusa. Riferisce che il suo collega Jeffrey Bailey è anche lui entusiasta del fattore VII perché lo ha aiutato a salvare molte vite. In una base americana in Germania, altri chirurghi militari sono di diverso avviso. “Ho paura che ci vorranno altri controlli prima di affermare che il farmaco funziona”, dice Warren Dorleac. “Il minimo che possiamo fare è aspettare”, aggiunge. Al Walter Reed, l’ospedale militare dove vengono trasferiti i soldati feriti nelle zone di guerra, i medici sono altrettanto scettici. Intanto ci sono state troppe morti per embolia delle quali sarebbe stato responsabile proprio il Fattore VII. Nel caso del capitano Shane Mahaffey, ad esempio, la somministrazione del coagulante è risultata fatale. “Forse dovevamo aspettare”, hanno ammesso i medici dopo la morte di Mahaffey ma ormai era troppo tardi. La moglie chiede ora di sapere la verità. Neppure l’autopsia è riuscita a chiarire il mistero della fine di Mahaffey. Ai primi di maggio, Caleb Lufkin, un soldato semplice rimasto coinvolto in un’esplosione e trasferito da Bagdad al Walter Reed è deceduto molto probabilmente sotto la spinta dello stesso farmaco. Lufkin era arrivato in condizioni pietose. C’erano volute quattro persone per estrarlo dal carro armato in fiamme. Aveva anche riportato la frattura di entrambe le caviglie. La mano era semi-staccata dal resto del braccio.

Si era salvato solo grazie agli indumenti ignifughi che aveva indosso. I medici erano però riusciti a tamponare l’emorragia in corso e sembrava che Lufkin potesse cavarsela. Invece è bastata una iniezione di coagulante ad ucciderlo. I parenti hanno dichiarato che intendono far aprire un’inchiesta.

Qualche tempo fa, il giornale dell’Associazione Americana Medici Chirurghi aveva segnalato la morte di 43 pazienti per problemi legati alla somministrazione del fattore VII ma l’esercito non ha preso nota dell’avvertimento. Ignorate anche le varie segnalazioni del Food and Drug Administration sui pericoli del farmaco in pazienti non emofiliaci. Inoltre, poiché si tratta di un prodotto ancora in via di sperimentazione, prima di somministrarlo i medici sono tenuti ad informare i pazienti, il che non è semplice in caso di soggetti feriti gravemente. Un calcolo approssimativo ha permesso di stabilire che l’uso del fattore VII avrebbe fatto registrare un aumento di decessi al Walter Reed pari all’8,3. Tutti dovuti ad embolie improvvise. Solo al dipartimento della Difesa continuano a credere ai benefici del fattore VII.

Il nome completo del preparato è Recombinat Activated Factor VII e negli Stati Uniti il suo uso era stato approvato solo nei casi di 2700 pazienti affetti da una rara forma di emofilia. La Food and Drug Administration aveva anche avvertito del rischi legati alla sua somministrazioni in pazienti con una normale coagulazione del sangue. L’esercito USA ha invece continuato a propinarlo indiscriminatamente ai soldati con un emorragia in atto. Secondo Jawed Fareed, direttore del centro di ricerca sulle malattie circolatorie e sull’emofilia della Loyola University si tratta di un comportamento irresponsabile. “I coagulanti possono causare guai molto seri, tutti i medici lo sanno”, dice Fareed.

Comunque sia, negli ospedali e nelle infermerie militari il fattore VII ha continuato ad essere il farmaco d’elezione per bloccare le emorragie. Purtroppo, dicono i medici americani in Iraq , in guerra non ci sono molte scelte. Si giustificano dicendo di essere spesso costretti ad operare in stato d’emergenza assoluta. Per la verità, all’Air Force Theater Hospital di Balad iniziano a serpeggiare alcuni dubbi. L’embolia è un evento raro ma i coagulanti possono favorirne la comparsa. Tuttavia, dopo otto anni il fattore VII continua ad essere in circolazione. Risulta che anche il Sud Africa sia stato convinto ad adottarlo dietro raccomandazione degli americani.

I soldati nelle zone di guerra lamentano invece la mancanza di bendaggi che in alcune occasioni potrebbero risultare determinanti per bloccare le emorragie. Nel caso di David Bernstein, ad esempio, avrebbero sicuramente impedito la sua morte. Bernstein è stato soccorso ma quando è arrivato in infermeria era troppo tardi. Ormai aveva perduto litri di sangue.

Il Pentagono si difende dicendo di aver dovuto ridurre le spese e di non potersi permettere di fornire bende elastiche a tutti i militari al fronte. Il generale Webb ammette che in qualche caso sono indispensabili ma gli ordini sono ordini e non possono essere trasgrediti. Intanto, risulta che 211 amputazioni avrebbero potuto essere evitate se i soldati avessero avuto a disposizione delle bende per tamponare le emorragie.

Quarantacinque minuti sono il tempo massimo per intervenire in caso di ferite gravi e generalmente ne passano di più prima che giungano i soccorsi. Un collega che aveva soccorso Bernstein commenta: “Lo sanno anche i boy scout che una benda elastica può servire a salvare una vita”. Visto che i boy scouts lo sanno, vadano a dirlo all’esercito americano.....

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy