di Elena Ferrara

Le casse di Pyongyang sono vuote e i debiti con la Russia (forniture che risalgono ai tempi dell’Urss) gravano sempre più sulla fragilissima economia locale. E quindi Putin rilancia una vecchia pratica dei tempi sovietici. Chiede al governo nordista di inviare in Russia – nelle zone siberiane e dell’Estremo Nord - manodopera coreana: operai e contadini. Tutto ben conteggiato per giornate lavorative, salari e contratti di vario genere. Così – secondo gli economisti di Mosca - nel giro di 30 anni il governo di Kim Jong Il potrebbe riuscire a coprire il buco economico che si è registrato in favore di Mosca. Comincia perciò la grande migrazione. Si prevedono regioni di accoglienza che saranno veri e propri campi base. Ma subito c’è la protesta di Amnesty International che si oppone a una pratica del genere sottolineando che non è possibile, nell’epoca attuale, prendere manodopera dall’estero facendola lavorare praticamente gratis, perché garantita da un governo. In pratica: operai come moneta di scambio. Intervengono, su tale questione, anche appositi uffici delle Nazioni Unite, annunciando che la massa di lavoratori che arrivano dalla Corea del Nord in Russia sono conteggiati nel quadro delle statistiche relative alle “esportazioni”. Uomini come merci? In un certo senso è quanto avviene. I dati del governo di Pyongyang rivelano che già nel 2006 il Nord coreano ha ridotto di 51 milioni di dollari il suo debito verso Mosca che ?mmonta ? circa 4 miliardi di dollari. Quanto all’accordo di cooperazione economica tra i due paesi il testo - reso noto a livello diplomatico internazionale – precisa che: «La forza-lavoro nordcoreana è un tipo speciale di prodotto che viene incontro ? una domanda reale in Russia».

Ma le proteste arrivano anche dall’interno della Russia. Qui gli attivisti del movimento per i diritti umani fanno sapere che i “campi di lavoro” per i coreani del Nord in terra russa dovevano essere aboliti già dal 1993, mettendo fine a una pratica che durava dal 1967. Le notizie attuali dimostrano, invece, che non c’è stata nessuna interruzione. Non solo, ma oggi lo stesso Putin – forte dell’appoggio del suo Parlamento – rilancia la pratica dei lavoratori coreani chiamati a lavorare per ripagare i debiti, riallacciandosi al fatto che da vari decenni i boscaioli nord-coreani operano nella taiga dell'Estremo Oriente russo, in particolare nella regione dell'Amur, a nord della città di Khabarovsk. Amnesty, invece, insiste nella denuncia e sostiene che nei campi di lavoro organizzati attualmente esistono anche prigioni interne dove operai e contadini coreani possono essere incarcerati ??? ogni sorta di infrazione.

Sull’intera vicenda interviene l’organizzazione Human Right Watch sostenendo che Mosca viola apertamente le leggi che prevedono la concessione del diritto di asilo politico a quei lavoratori coreani che decidono di lasciare i campi di lavoro e di non voler più tornare sotto Kim Il Jong. In pratica l’organizzazione si riallaccia alla Convenzione per i Rifugiati del 1951 e alla Convenzione del 1927 contro la schiavitù. Mosca risponde alle accuse ricordando che esistono precisi accordi con la Corea del Nord che prevedono operai volontari che partono verso le campagne russe o che vengono assunti nei cantieri edili. Secondo le statistiche doganali, sarebbero oltre 10.000 i nord-coreani provvisti di un visto di lavoro che passano la frontiera ogni anno. E l’accordo non ha nulla di segreto, dicono i russi.

Al versante dei diritti umani violati fa riscontro il versante delle relazioni economiche che, sempre Mosca, ha stabilito con Pechino, altro paese asiatico che ha manodopera in eccedenza da gettare sul piano delle relazioni economiche internazionali. Per i russi si tratta di una posizione di forza e insieme di debolezza. E così gli economisti del Cremlino disegnano una particolare strategia rispetto all’Asia. Puntano, in particolare, a rendere effettivi molti di quei giacimenti petroliferi siberiani che sono poco sfruttati proprio per il fatto che c’è una paurosa mancanza di manodopera. Intanto nella steppa russa sono sempre più numerosi i braccianti agricoli cinesi che secondo alcune stime recenti sarebbero, in tutta la Russia, circa 5 milioni.

La maggioranza si trova nell’Estremo oriente, ma molti hanno raggiunto anche altre regioni per svolgere lavori stagionali nelle aziende agricole a basso contenuto tecnologico. Con turni massacranti dalle 5 del mattino alle 9 di sera, i braccianti, per lo più contadini provenienti dalla regione di Jilin, raramente si mischiano con i russi: divisi in gruppetti di una dozzina di persone, ciascuno dispone di un cuoco e di un interprete il cui compito è quello di negoziare con il datore di lavoro, in questo caso l’imprenditore agricolo russo, che non garantisce alcun salario fisso, ma si impegna a dividere con i cinesi il profitto di quanto sia riuscito a vendere agli intermediari, i quali a loro volta si recano a bordo di camion direttamente nei campi per acquistare il raccolto.

Per ragioni storiche e geografiche la Siberia ha sempre avuto contatti privilegiati con la Repubblica popolare democratica di Corea, legami che si sono mantenuti dopo il crollo dell’Urss. Gli incontri ufficiali sono regolari. Un volo settimanale collega Vladivostok con Pyongyang ed è stata riaperta anche la linea ferroviaria tra i due paesi. Primo obiettivo è l’agricoltura, ma si lavora con manodopera coreana anche negli stabilimenti per la trasformazione dei prodotti ittici. Quanto a Putin e Kim Jong-Il si sono visti a più riprese.

Hanno parlato del debito nord-coreano che risale all'epoca in cui l'Unione sovietica aiutava il suo alleato. Putin, comunque, si è dimostrato inflessibile. Nonostante il vicolo cieco nel quale si ritrova la Corea del nord sul piano economico, non parla di cancellazione del debito. “Per rimborsare il debito Pyongyang – ha detto il capo del Cremlino - ha proposto di continuare a mandare lavoratori”.

Ma non è più necessario svuotare le carceri: sono i volontari – si dice a Mosca - che partono nei campi di diboscamento o che sono assunti nei cantieri edili. Secondo le statistiche doganali, oltre 10.000 nord-coreani provvisti di un visto di lavoro passano la frontiera ogni anno. Ma le condizioni di lavoro di questi migranti sono avvolte nel mistero più profondo. Ci si può solo affidare a testimonianze isolate che vengono dal profondo di una Siberia che è sempre gelida, misteriosa e lontana.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy