di Carlo Benedetti

MOSCA. La recente scomparsa dell’attore Ulrich Muhe, protagonista di “Le vite degli altri”, il film che rievoca le vicende della Stasi della “Germania Democratica”, del capitano Gerd Wisler, del drammaturgo Georg Dreyman spiato e ricattato, è avvenuta proprio mentre in Russia si apre un dibattito sulle attività spionistiche di quando il mondo era diviso in due. Tutto è favorito dal fatto che quel recente “passato che non passa” è ancora presente ed ha dei precisi punti di riferimento. A partire da Putin che si porta dietro l’alone del Kgb, per finire da altri massimi esponenti del Cremlino attuale sempre forgiati alle scuole dei servizi segreti. Per non parlare poi delle centinaia di organizzazioni di polizia privata che sono piene di ex agenti o di quelle joint-venture dove si stanno riciclando molti uomini dei “servizi”. E ci sono poi i pensionati della Lubjanka che si aggirano fra le ambasciate e le redazioni (locali e straniere) offrendo materiali, dossier, rievocazioni e tutto quanto può fruttare denaro. In pratica c’è un vero e proprio mercato dell’usato spionistico. Ma ci sono anche aspetti sino ad oggi tenuti in disparte che rappresentano l’altra faccia delle “Vite degli altri”. Ed ecco che a Mosca si comincia a parlare del fatto che bisognerà prima o poi fare luce su quegli agenti stranieri ed indigeni che operavano nell’intero “campo socialista” fornendo servizi alla Cia, al Mossad, al Sis-M16 e ad altre organizzazioni del genere. E così non è un caso se nelle librerie di Mosca esce ora un volume intitolato “Storia della rivoluzione anticomunista della fine del XX secolo” che porta (sulle sue 400 pagine) l’autorevole imprimatur dell’attuale Accademia delle Scienze della Russia. Vi figurano analisi e dettagli relativi al crollo dei sistemi politici del “socialismo reale” dell’Ungheria, della Polonia e della Cecoslovacchia. E non è un caso se uno dei più noti e validi commentatori della tv russa - Aleksei Puskov - interviene con un saggio sul settimanale Literaturnaja gazeta dove parla apertamente di una “rivoluzione anticomunista” che ha preso il posto del vecchio sistema sovietico. In pratica viene avanti il tema degli agenti stranieri che operavano nell’Urss e nel “campo socialista”. Si va alla ricerca di nomi e cognomi, di indirizzi, di sedi cospirative, di ambasciate compiacenti... E il “passato che non passa” è destinato ad arricchirsi di nuove pagine. Una sorta di dossier Mitrochin, ma visto dall’altra parte?

Intanto - si dice a Mosca - si sa che c’era un esercito che spiava i sovietici, li controllava e riempiva pagine su pagine (dossier, rapporti, lettere anonime, denuncie...) che andavano ad accatastarsi negli uffici della Lubjanka. Ma nello stesso tempo c’erano centinaia e centinaia di agenti stranieri che tenevano sotto controllo la società sovietica, i ministeri, i centri di progettazione, gli archivi, le strutture del Pcus ecc. fornendo a Langley analoghe valanghe di carta... In pratica una guerra nascosta fatta di infiltrati, quinte colonne, collaboratori più o meno volontari.

Comincia, forse, una nuova resa dei conti valida per conoscere in profondità il fenomeno. E sarà interessante seguire gli sviluppi di questa spy-story internazionale che vedrà coinvolti (per quanto riguarda la Russia di oggi) stranieri e “sovietici” che negli anni dell’Urss collaborarono con i servizi occidentali. Sotto accusa, in primo luogo, l’America della Cia con la sua ambasciata e tutte le fonti di “formazione” e “informazione” che operavano in quegli anni. Si torna così ad indagare su quelle ciclopiche reti radiofoniche rappresentate dalla Voice of America e sulle emittenti della Cia Radio Free Europe che con Radio Liberty occupavano l’etere con le loro antenne collocate a Monaco di Baviera e che rappresentavano una sorta di nuovo patto anti-Komintern come quello siglato nel novembre del 1936 a Berlino che aveva come scopo la creazione di un servizio di informazioni e di difesa contro l'attività comunista.


Ora, quindi, cominciano ad uscire le prime informazioni sulle “vite egli altri” viste dall’altra parte. Si rievocano fatti di un tempo, lotte tra Cia e Kgb... E vengono fuori i nomi di personaggi che lavoravano a Mosca per gli americani in funzione decisamente antisovietica. Democratici antemarcia, sicuramente... Precursori del nuovo ordine mondiale… Ma pur sempre agenti di potenze straniere. Si scoprono ora gli indirizzi di appartamenti dove gli agenti stranieri incontravano i collaboratori locali. Si parla di località moscovite come Kunzevo o di Mitisc, ma soprattutto del villaggio degli scrittori di Peredelkin dove era facile sfuggire ai controlli dell’intelligence sovietica, perchè l’intera zona era sempre meta di stranieri che andavano a visitare scrittori e poeti che vivevano in quel villaggio di dacie statali.

L’attenzione dei ricercatori attuali, comunque, verte in particolare sui collaboratori sovietici, che a partire dagli anni della guerra fredda sino alla fine della perestrojka gorbacioviana, collaborarono attivamente alle attività americane nell’Urss. Si apre anche la pagina dominata da quel George Soros, speculatore finanziario (origini ungaro-ebraiche) che si è impegnato con finanziamenti di stampo antisovietico e anticomunista dando vita a varie fondazioni (Soros Found Management, Open Society Institute) ed appoggiando i movimenti sindacali polacchi di Solidarnosc e quelli culturali in Cecoslovacchia (Carta77). Le organizzazioni che fanno capo a Soros hanno ora forti interessi in Russia ed operano contemporaneamente in Ucraina, Georgia, Bielorussia e in Kirghisia.

Il dossier si annuncia enorme. Gente di varia estrazione (tecnici e giornalisti, diplomatici e scrittori, impiegati ed operai...) al servizio diretto delle intelligence straniere. Informatori casuali, forse, ma molti anche in organico. Tutto con il passare degli anni sovietici e con il benestare della perestrojka che permise l’apertura di centri di studio americani a Mosca e in altre città dell’Unione. E l’attenzione si concentra ora anche su quanti beneficiarono di quegli anni per ricevere inviti a studiare negli Usa o a viverci direttamente.

Niente di male, si dice. Ma la storia sollecita anche una serie di precisazioni. E così al centro dell’attenzione torna appunto l’intera vicenda di quelle emittenti statunitensi come Voce dell’America, Radio Europa Libera e Radio Libertà fondate dal Congresso degli Usa, collocate in Europa, in Asia e nel Medio Oriente e destinate a trasmettere più di 1000 ore alla settimana di programmi in 28 lingue. Obiettivo delle radio della guerra fredda - si diceva in quegli anni - consisteva nel "Promuovere i valori e le istituzioni democratiche tramite la diffusione di informazioni”. Ma dietro all’intera organizzazione radiofonica c’era anche una ben precisa rete informativa che raccoglieva nell’Urss (a tutti i livelli) informazioni preziose (pagate con dollari o con quei “couponi” che davano diritto a fare la spesa nei negozi riservati agli stranieri e che erano carichi di ogni prodotto) che venivano passate alla Cia per essere filtrate e valutate.

In pratica era pur sempre una “vita degli altri” che aveva i suoi collaboratori, i suoi capitani, i suoi agenti. E così siamo ancora ad uno strascico di recriminazioni e ricerche di responsabilità. Non è il caso di pensare a vendette postume o a strumentalizzazioni politiche. Ma è certo che con il clima guerreggiato che si è creato tra Londra e Mosca i Lugovoi delle due sponde, vecchi o nuovi, non sono poi tanto tranquilli… pur se la via che conduce al passato è spesso ridicola.



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