di Bianca Cerri

Bill Clinton, già autore di una massiccia autobiografia uscita nel 2004, ha scritto un nuovo libro che certamente non passerà inosservato. S’intitola “Donare: ognuno di noi può fare qualcosa per cambiare il mondo” ed intende dimostrare che anche solo offrendo un po’ del nostro tempo e piccoli aiuti finanziari tutti potremmo, volendo, alleviare le sofferenze dell’umanità. Clinton lo ha constatato di persona dopo l’uscita dalla scena pubblica e ora sembra intenzionato a dedicare tutto il suo tempo alla giustizia sociale, tanto più che la moglie è quasi sempre via per una campagna elettorale che le è già costata trenta milioni di dollari e lui deve riempire in qualche modo la giornata. In “Donare”, scritto rigorosamente in prima persona, l’ex-presidente spiega che non è necessario essere ricchi per fare del bene, ma sottolinea anche la meritevole generosità di alcuni suoi amici miliardari che nel 2005 aderirono alla Clinton Global Iniziative da lui organizzata a favore dei malati di AIDS. Per la cronaca, la tariffa per aderire era di 15.000 dollari a persona e risulta che persino i peggiori predoni dell’alta finanza abbiano pagato volentieri pur di andarsene a letto contenti per una sera con la convinzione di aver alleviato la vita a qualcuno. Tutto sarebbe andato bene se non fosse stato per alcuni scettici che trovarono alquanto sospetto l’improvviso richiamo alla solidarietà proveniente da un uomo che aveva approfittato del potere conferitogli dal popolo per depredare il proprio paese completando così l’opera lasciata incompiuta dal suo illustre predecessore Ronald Reagan.

In occasione dell’uscita di “Donare” , altri scettici dotati di buona memoria hanno invece ricordato che l’incredibile ingordigia di Clinton e della moglie aveva spesso messo in difficoltà il partito democratico che tuttora non è riuscito a sanare le fratture createsi negli anni ’90. La coppia presidenziale appena approdata alla Casa Bianca si trovò immediatamente al centro di uno scandalo a causa degli immobili acquistati con la rimanenza dei fondi elettorali per un totale di sei miliardi. Nel frattempo, l’amministrazione Clinton aveva iniziato a dare l’assalto al sistema sociale, facendo a pezzi i sindacati con la piena approvazione degli intellettuali fedeli ai democratici.

Sul piano internazionale, il miglior esempio delle politiche scriteriate dell’amministrazione fu sicuramente il NAFTA, che inflisse coltellate nella schiena dei lavoratori agricoli messicani spinti con la forza a spostarsi ai margini della frontiera con la California dove la terra è arida e non rende nulla. Sempre ostentando un finto interesse nei confronti delle persone svantaggiate, Clinton portò poi il budget per la polizia di frontiera a 400 milioni di dollari per impedire che i messicani, ridotti alla fame dalla mancata promessa di risarcimenti del governo americano, di attraversare i confini con gli Stati Uniti.

Iniziava intanto a delinearsi sempre più chiaramente la vera personalità di un presidente che considerava la vita politica una scorciatoia per la mitizzazione del proprio ego. In questo, gli furono di grande aiuto i media che sviarono l’attenzione dell’opinione pubblica sugli orgasmi nella stanza ovale mentre veniva varato quel famoso “Patto per l’America” che avrebbe finito per distruggere completamente l’organizzazione sociale. Sei milioni di americani si ritrovarono da un giorno all’altro senza i pochi sussidi economici che permettevano loro di sopravvivere. Con i minimi salariali inchiodati a quindicimila dollari l’anno, centinaia di migliaia di lavoratori furono costretti a cercare di corsa una seconda occupazione per sfamare i propri figli. In alcuni stati, la disoccupazione iniziò a lievitare come una torta che si gonfia al calore del forno. Intanto, con una semplice firma, Bill Clinton portò i fondi destinati alla sanità da 115 miliardi di dollari a 25, abbandonando al loro destino anche i malati di mente.

Ma veniamo alle scelte di Bill Clinton in materia di politica estera, non meno sanguinarie rispetto a quelle dell’attuale amministrazione. L’avventura bellica in Serbia, una regione con una complessa storia di conflitti interni, fu disastroso e costò la vita a migliaia di persone. Ma ci furono anche altri paesi, come la Somalia, che pagarono un prezzo altissimo a causa di quelli che vennero definiti “interventi umanitari”. Il portavoce di Clinton aveva l’ordine di ritardare le notizie almeno fino al “prossimo bombardamento” e solo molto tempo dopo si saprà che nel 1993 le forze americane avevano ucciso in un solo giorno mille civili somali.

L’ultima follia di Clinton fu l’ “Anti-Terrosism and Effective Death Penalty Act” varato il 24 aprile 1996 che accorciò drasticamente i tempi tra un appello e l’altro per i condannati alla pena capitale. Detto altrimenti: i novanta giorni di tempo concessi dall’Death Penalty Act agli avvocati della difesa accelerarono l’ingresso nella camera della morte di decine di condannati. D’altra parte, durante la prima campagna elettorale, Bill Clinton era tornato in Arkansas, lo stato dove era ancora ufficialmente governatore in carica, per firmare il mandato di morte che diede il via all’esecuzione di Ricky Ray Rector, un afro americano obeso e malato di mente all’ultimo stadio che a partire dall’età di sei anni aveva subito abusi di ogni natura da parte di quegli stessi adulti che avrebbero dovuto vegliare su di lui. Le guardie del braccio della morte lo avevano soprannominato “Pulcino” perché, nella sua follia, Rector vedeva ovunque pulcini e tentava di rincorrerli. A volte si aggrappava alle sbarre della cella credendo di essere
una scimmia.

Quando arrivò l’ora dell’esecuzione Rector, che stava ancora mangiando il gelato chiesto come ultimo pasto, chiese alla guardia di tenergli da parte il resto fino “al suo ritorno”, incapace di capire che il “ritorno” sarebbe avvenuto dentro una bara. Sul certificato stilato dal medico legale dopo l’esecuzione alla voce “causa della morte” venne apposta la parola “omicidio”. Rector morì dopo un’agonia di cinquanta minuti durante i quali non smise mai di singhiozzare come un bambino terrorizzato. Il suo avvocato, visibilmente provato, racconterà poi alla stampa che se il suo assistito avesse potuto votare, avrebbe certamente votato per Bill Clinton.

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