di Carlo Benedetti

MOSCA. Gli ortodossi della Russia chiudono gli occhi. Ma sanno bene che l’Islam avanza e non accetta la condizione di “chiesa del silenzio”. E così se nel Tatarstan i musulmani costruiscono le basi per una sempre più attiva espansione (i tartari sono la seconda principale etnia della Federazione russa) anche in Cecenia soffia forte il vento dell’islamizzazione della società. Qui l’attuale presidente della Repubblica - Ramzan Kadyrov, appoggiato da Putin - coglie l’occasione dell’inizio dell’anno scolastico per ordinare l’apertura a Grozny di “Istituti islamici” dove si svolgeranno lezioni sulla storia dell’Islam. Con i seguaci dell’Islam tradizionale che si impegneranno sempre più dello stato del processo educativo, dei programmi di istruzione divulgando le idee del fondamentalismo tradizionale. È un passo decisivo che segna l’ingresso del mondo islamico in quelle strutture scolastiche russe che sino ad ora erano aperte solo alla chiesa ortodossa. E questo vuol dire che Kadyrov si avvia sempre più sulla strada della completa islamizzazione della società cecena. I dati in merito, per il Cremlino, sono in un certo senso allarmanti. Proprio perché una città come Grozny (uno dei centri più importanti della cultura russa nel passato) contava anni fa un 60 per cento di slavi-ortodossi e adesso ne conta appena un 6 per cento. Si va delineando, in proposito, una Cecenia sempre più diversa da quelle che erano le aspirazioni della grande Russia. E le recenti mosse politiche e diplomatiche di Kadyrov hanno reso chiaro il suo disegno strategico che si va estendendo a vari settori della vita “nazionale”: recentemente ha compiuto due visite ufficiali estremamente significative nell’Arabia Saudita e in Giordania. Ne è uscito rafforzato politicamente e diplomaticamente perchè i capi di quei paesi lo hanno elevato al rango di interlocutore ufficiale. E sull’onda del successo riportato Kadyrov si è presentato ad un convegno internazionale (svoltosi nella città cecena di Gudermes) che ha avuto come tema quello relativo al ruolo dell’Islam nel processo di unificazione dei paesi. Proprio in questa sede - una sorta di conclave dell’Islam - si è visto che il pur variegato universo russo vive ancora lo scontro inter-musulmano, tra i tradizionalisti e quanti tentano di educare la popolazione ad un “Islam arabo”. Tutto questo si verifica, comunque, mentre l’emergere della cosiddetta tendenza liberale all’“euro-Islam” non gode dell’appoggio del clero, ed è ignota ai più rimanendo invece relegata alla cerchia ristretta dell’intellighenzia secolare.

È appunto sulla base di questo risveglio islamico nel cuore della Russia che a Mosca, in molti istituti di politologia, si cominciano a fare previsioni in merito alla penetrazione islamica. I dati che vengono diffusi mostrano che sarebbero circa 20 milioni gli abitanti della Russia che seguono l’Islam e che in alcune regioni rappresentano già la maggioranza della popolazione. Gli slavi-ortodossi si attestano al 79 per cento, mentre solamente dieci anni fa se ne contavano un 83 per cento sulla popolazione totale.
In Russia stiamo quindi assistendo a un risveglio dell'I¬siam, una religione che per la verità non è mai stata agonizzante ma che le vicende mediorientali di questi anni hanno contribuito a riportare di piena attualità. Si è riproposta e si ripropone quella vocazione dell’Islam a strutturare l'ambito po¬litico e sociale: vale a dire una ideologia religiosa di organizzazione della società capace di stabilire i legami che regolano i rapporti tra i credenti.

Questo risveglio dell'Islam russo, nel quale si mescolano elementi di oscurantismo e di modernità insieme alle richieste di rinnovamento spirituale, assume connotati eminentemente politici. E tra questi (secondo gli analisti del Cremlino di oggi) potrebbero figurare quei "fenomeni" di esplosione del movimento fondamentalista che alcuni chiamano già "Islam militante". Dove un insieme di individui sceglie l'impegno politico in nome della fede allo scopo di realizzare uno Stato musulmano. In pratica si tirano i fili di un disegno che è sicuramnte destinato a cambiare il corso della storia russa.
Con qualche semplificazione si può riassumerne questa "dottrina" dicendo che si tratta in sostanza di osservare i principi contenuti nel Corano seguendo i quali verranno aperte le porte a una società "armoniosa" dove tutti i problemi e i conflitti sociali verranno risolti dalla parola di Dio.

In Russia, quindi, davanti agli insuccesi del post-sovietismo nel soddisfare le aspirazioni popolari e al succedersi delle avventure militari nel Caucaso, il malcontento sta trovando come unico punto di sfogo le moschee; e il movimento fondamentalista riesce ad aggregare le forze locali di opposizione mentre gli avvenimenti ceceni diventano sempre più il punto di riferimento obbligato delle tendenze integraliste che, spesso, hanno come obiettivo quello dell’occupazione dei posti di governo.

La comparsa di una società sempre più multietnica si caratterizza, particolarmente, in città come Mosca e San Pietroburgo. E’ in queste aree che si verificano i mutamenti maggiori e si registrano fenomeni demografici particolari a favore dei musulmani. E questo avviene mentre il tasso di natalità è ormai pari allo zero. In più il tasso di mortalità è molto più alto rispetto alla media occidentale scontrandosi inevitabilmente con il tasso di natalità asiatico che è molto più alto, circa un 2,6 per cento in tutto il mondo. Quanto alla esistenza o meno di una comunità musulmana della Russia va rilevato che sino ad ora non esiste un vero e proprio epicentro. Ci sono solo alcune entità locali che aspirano a questo. E sono il Tatarstan di Sciaimiev, la Cecenia di Kadyrov, la regione compresa tra il Volga e gli Urali, la Siberia occidentale e Mosca, dove vivono tartari e bashkiri. C’è poi una buona parte del Caucaso del Nord. Dai dati del censimento più recente risulta che la principale etnia islamica è quella tartara (7 milioni di persone), seguita dai bashkiri (circa 1,5 milioni) e, tra i caucasici, dai ceceni (1 milione). Ma negli ultimi anni si è verificata una migrazione dei musulmani nord-caucasici verso la Russia centrale. E tale fenomeno ha deteriorato i rapporti tra i musulmani mettendo, di conseguenza, in pericolo la stessa integrità della comunità nazionale.

Intanto le estreme regioni orientali russe vengono lentamente occupate dai cinesi mentre nel Caucaso sono le popolazioni musulmane ad avere le percentuali più alte superando, spesso, le presenze della popolazione russa. Lo stesso Putin sta cercando di spingere i russi (di fede ortodossa) ad insediarsi nuovamente nel Caucaso. È questa una pagina di “resistenza” che porta a ridare forza a quei discorsi - presenti anche in Russia - su uno “scontro di civiltà” visto come paradigma socio-politico, chiamato a colmare quel vuoto idologico prodotto dal crollo dell’Urss. E mentre si dipana questa nuova vicenda geopolitica il fondamentalismo islamico veicola, attraverso il discorso religioso, i suoi contenuti politici. Trova facile terreno nella Russia di quelle “autonomie locali” spesso caratterizzate dalla corruzione dei governi dell’area e percepite sempre più dalla popolazione musulmana come illegittime.

Ma gli islamismi che si registrano nel territorio dell’ex Urss hanno anche altri assi nella manica. Si presentano come moderni e capaci di gestire la cosa pubblica convivendo con le loro tradizioni. Non è un caso se un capo musulmano come lo Sciaimiev del Tatarstan è riuscito a trasformare la capitale della sua repubblica - Kazan - in una sorta di Svizzera quanto ad ordine e pulizia e nello stesso tempo - questione ancor più importante e decisiva - ad evidenziare a tutto il mondo islamico della Russia che l’Islam è sempre più in grado di promuovere il miglioramento dello status sociale e garantire giustizia.

Ne consegue che l’Islam russo punta a presentarsi come paladino dei settori più disagiati della popolazione conquistando popolarità grazie al confronto con il potere centrale. Ecco perchè nel Caucaso - soprattutto in Cecenia - si ha la percezione che gli islamisti locali siano l’unica forza davvero “temibile” da parte delle autorità. Promuovono il miglioramento dello status sociale e garantiscono giustizia attraverso l’Islam: diventano così i paladini dei settori più disagiati della popolazione. Nello stesso tempo si registra il superamento di quell’isolamento tradizionale che c’era tra tartari e caucasici.
Tutto questo sembra, ovviamente, un vero processo di integrazione perché avviene nel quadro generale di una stabilità di superficie. Ma è anche chiaro che questi processi di integrazione - basati su ideologie religiose, radicali - sono allo stesso tempo pericolosi poiché, appoggiando tendenze estremiste, fomentano indirettamente la destabilizzazione.

Intanto, mentre si registra una sorta di fase di stallo della guerra in Cecenia, avanza la rinascita dell’attività islamista nell’intera regione. Con la Mosca di Putin e la Grozny di Kadyrov che non sono riuscite ad estirpare (a colpi di cannonate) i wahhabiti. Questo avviene mentre si registra un’evoluzione del ruolo degli islamisti: aumenta il numero di coloro che credono di combattere non contro l’amministrazione locale e Mosca bensì di far parte del jihad globale; il che eleva il loro status non solo ai loro occhi ma anche a quelli delle autorità locali e federali, le quali proclamano di combattere non contro volgari criminali ma contro l’“avanguardia” del terrorismo internazionale.

Risulta così sempre più evidente che la battaglia condotta da Mosca per decapitare la leadership dell’estremismo islamico in Cecenia, Daghestan, Inguscezia e Kabardino-Balkaria, non ha portato a raggiungere l’obiettivo principale, ossia bloccare l’adesione dei giovani tra i 18 e i 20 anni all’islamismo. Si è verificato un “ringiovanimento” come è avvenuto, ad esempio, nella regione del Volga, dove i seguaci fanno capo a imam giovani e radicali.
In un certo senso, l’evoluzione in corso nell’Islam russo - rilevano a Mosca gli studiosi di questo problema (epocale per la Russia del futuro) - è da ricollegarsi a un divario generazionale: agli imam di 40-50 anni che si sono affermati durante la perestroika si contrappongono giovani ambiziosi, conoscitori dell’arabo, esperti di sharia, e dotati di elevate capacità di predicazione. Ne consegue che il senso di appartenenza all’Islam diviene più forte dell’appartenenza nazionale.

Intanto a Grozny il leader musulmano Kadyrov punta all’escalation cecena. Sa di dover fare i conti con il grande padrone di Mosca e cerca di presentarsi con un volto sempre più accettabile. Deve far dimenticare di essere stato il capo di organizzazioni mafiose e terroristiche. E così ordina un documentario dedicato alla sua figura. Convoca da San Pietroburgo un noto regista di documentari - Arkadij Dinkevic - e gli propone un film su... Kadyrov e la Cecenia. Saranno oltre 50 minuti di pubblicità sotto un titolo che parla da solo: “Ramzan Kadyrov, nelle montagne c’è il suo cuore”.

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