di Bianca Cerri

Sono passati esattamente 50 anni da quando Elizabeth Eckford fu buttata fuori dalla Little Rock Central High School perché era nera. Willie Counts, un fotografo-giornalista di soli 26 anni, riuscì a trasformare le immagini della folla inferocita che le sbarrava la strada nell’icona della lotta contro la segregazione razziale. Il quattro settembre del 1957, una sentenza della Corte Suprema aveva stabilito che non dovevano più esistere scuole separate: una cosa inammissibile per i bianchi dell’Arkansas che che tentarono di impedire con ogni mezzo l’ingresso dei “negri” nelle stesse aule dove sedevano i loro figli. Orval Fabulus, governatore dello Stato e uno dei nemici più accaniti dell’integrazione razziale, mandò addirittura la Guardia Nazionale a picchettare le scuole e il generale Eisenhower, ormai divenuto presidente degli Stati Uniti, accusò i comunisti di aver agitato le acque con la scusa dei diritti umani mettendo a repentaglio la “sicurezza” del paese. La foto scattata da Counts ritrae Elizabeth Eckford mentre torna mestamente verso casa inseguita da alcune ragazze bianche che urlano frasi irripetibile contro di lei. Hazel Bryan, la ragazza immortalata con la bocca spalancata aveva la stessa età di Eckford, ma i genitori le avevano insegnato che i neri avrebbero dovuto tornarsene in Africa e non invadere gli spazi che appartenevano di diritto ai bianchi. Il padre di Bryan simpatizzava con il KKK ed aveva osteggiato ogni singola legge per l’avanzamento della gente di colore. La mattina del quattro settembre 1957, quando Eckford era arrivata davanti al portone della Central High School, Bryan e le sue amiche l’avevano circondata come un branco di lupe affamate prima che potesse mettere piede nell’edificio, gridando e spuntandole addosso. Indossavano tutte abiti aderenti e molto più moderni rispetto al modesto abitino bianco che la giovane afro americana si era confezionata da sola e si sentivano certamente superiori. Ferita mortalmente nell’orgoglio, Eckford fu costretta ad abbandonare il campo. I suoi genitori e l’intera comunità nera di Little Rock si sentirono molto offesi per l’accaduto.

Il cantante Louis Armstrong, dopo aver appreso dai giornali degli avvenimenti della Central High ebbe parole di fuoco per il presidente Eisenhower, che accusò di non aver gestito degnamente il problema. Non esitò a definirlo un bastardo incapace e sgridò i giornalisti che avevano censurato le sue parole. Alcune settimane dopo, la sentenza di un giudice federale costrinse la preside della Central High School a riammettere Elizabeth Eckford e con lei gli altri otto ragazzi. Ma già dal primo giorno Hazel Bryan e le sue amiche iniziarono a rendere impossibile la vita ai loro compagni di classe. Ce l’avevano soprattutto con Elizabeth, che continuarono a chiamare “sporca negra” prendendola a calci e pugni e sputandole addosso ogni volta che l’incontravano nei corridoi senza che nessun insegnante osasse contrastarle. Anche i maschi la perseguitavano ma le donne erano assai più spietate e arrivarono a gettarla giù dalle scale e ad attaccarla verbalmente e fisicamente per tutta la durata dell’anno scolastico.

Un giorno, per la disperazione, Elizabeth tentò di uccidersi e fu salvata appena in tempo. Poi Bryan lasciò la scuola per sposarsi e le cose iniziarono ad andare meglio. I nove ragazzi di colore si diplomarono nel 1959 e ognuno andò per la sua strada. Melba Beal, la più giovane dei nove, s’iscrisse alla Columbia University dalla quale sarebbe uscita con una laurea in scienze della comunicazione e sposò poi un ragazzo bianco. Ernest Green vinse una borsa di studio che gli permise di laurearsi a pieni voti alla Michigan University. Jefferson Thomas, che era un buon giocatore di baseball, tentò la carriera sportiva ma poi ripiegò su un impiego al Ministero del Tesoro. Minnijean Brown si fidanzò con un ragazzo di New York laureato in psicologia e lo seguì quando lui si trasferì in Canada dove si laureò a sua volta in sociologia. Gloria Karlmak, che era figlia del presidente della associazione dei coltivatori diretti di colore, s’iscrisse alla facoltà di matematica dell’Illinois Technical Institute e poi emigrò in Svezia. Carlotta Lanier, che alla Central High School, era stata vessata continuamente dai compagni bianchi, si trasferì in Colorado e divenne insegnante elementare. Terrence Roberts andò in California dove si laureò in sociologia. Thelma Mair lasciò Little Rock per andarsene a Saint Louis dove studiò per diventare assistente sociale.

La vita fu invece molto avara con Elizabeth Eckford, che continuò ad essere condizionata dal passato. Nel 1963 fu abbandonata dal fidanzato poi conobbe un secondo uomo che si eclissò non appena seppe che Eckford era incinta. Nel 1982, quando gli altri si riunirono in occasione del venticinquesimo anniversario della sentenza della Corte Suprema che ammetteva l’integrazione razziale nelle scuole, lei non c’era. Nel 1997 incontrò per caso Hazel Bryan, che le chiese scusa. Per qualche tempo, le due ex-nemiche si frequentarono, pranzarono insieme e insieme girarono per i vivai di Little Rock alla ricerca di piante con cui decorare i rispettivi giardini. Un giornale pubblicò una foto che le riprendeva insieme sorridenti e perfettamente riconciliate. Ma l’amicizia presto iniziò a scricchiolare e da oltre sette anni Eckford e Bryan non si rivolgono più la parola. Eckford spiegò che Bryan voleva essere perdonata ma si rifiutava di parlare di quanto era accaduto. Forse superare i confini razziali è assai più difficile di quanto sembri.

Il primo gennaio del 2003, Erin, il figlio di Elizabeth Eckford fu ucciso da un poliziotto e lei faticò a riprendersi dal dolore. Non rispose neppure ad una breve lettera di condoglianze inviatale da Hazel Bryant. 45 anni dopo i fatti di Little Rock la violenza dei bianchi le aveva tolto anche il figlio che aveva cresciuto da sola con molta fatica e dovunque si girasse vedeva giovani con le teste rasate che distribuivano volantini contro i neri come ai tempi del KKK. Indossavano magliette con l’immagine di George Lincoln Rockwell, fondatore del partito nazista americano e sfoggiavano tatuaggi raffiguranti i simboli druidi. Con un grande sforzo di volontà, Elizabeth Eckford decise di reagire al dolore e alla disperazione con le sue sole forze. Oggi ha quasi 66 anni e ogni tanto riceve ancora messaggi intimidatori ma non si lascia più impressionare. Ha capito da molto tempo che quando la gente di colore tenta di oltrepassare i confini imposti dai bianchi i guai sono inevitabili.

Dei nove ragazzi che lottarono per essere ammessi alla Central High School, Eckford è l’unica a non essersi mai mossa da Little Rock. Ha assistito ai mutamenti della città, ha visto disgregarsi il settore industriale e migliaia di persone sprofondare nella povertà dopo aver perduto il posto di lavoro. Ha visto nascere una classe politica reazionaria, avida e bugiarda. Vive sola e cerca di farsi notare il meno possibile. Ogni tanto si siede sullo spuntone di roccia dove da ragazzina fantasticava su un futuro felice che non è mai arrivato. Il vestito bianco che indossava quel quattro settembre del 1957 si è un po’ ingiallito ed è riposto da anni in soffitta, unico locale della casa dove non entra da anni. Quanto all’uguaglianza razziale, in un’epoca di neo-liberismo sfrenato e di militarismo diffuso come questa ha la stessa consistenza e la stessa affidabilità di un giocattolo made in China.


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