di Carlo Musilli

C'è un filo sottile che lega Atene e Amsterdam. Oggi gli olandesi tornano alle urne per le elezioni legislative (le quinte in 10 anni), e lo fanno in un clima simile a quello che tre mesi fa ha consegnato il governo della Grecia ad Antonis Samaras. In sostanza, lo scontro fra i partiti è presentato come una sorta di referendum sull'euro: da una parte i conservatori alfieri del rigorismo, sostenuti da Bruxelles nonostante abbiano già dato prova di malgoverno; dall'altra la sinistra radicale, polemica con il modo in cui l'Europa sta affrontando la crisi e quindi liquidata a livello internazionale come un'accolita di populisti euroscettici (il riferimento ellenico in questo caso è Syriza, non certo il finto socialismo del Pasok).

Partiamo dai nomi. I principali attori sulla scena olandese sono tre: Mark Rutte, premier uscente e numero uno del partito liberale (Vvd), Diederik Samsom, giovane leader dei laburisti (PvdA), e Emile Roemer, capo dei socialisti (Sp).

Stando agli ultimi sondaggi, ai liberali dovrebbero andare 33/34 seggi dei 150 a disposizione, mentre i laburisti dovrebbero incassarne fra i 29 e i 32. Un trend in risalita, visto che solo pochi giorni fa erano dati a 26. Il vero exploit è atteso però dai socialisti, che rispetto alle ultime consultazioni potrebbero quasi raddoppiare, passando da 15 a 26 seggi. Sembrano invece fuori dai giochi gli estremisti di destra del Pvv, guidati dall'euroscettico e islamofobo Geert Wilders. Dopo l'appoggio esterno prima concesso e poi sottratto all'ultimo esecutivo, la speranza è che vengano ricordati solo come una buia parentesi nella storia politica olandese.

La prospettiva più verosimile è che alla fine Vvd e PvdA siano costretti a coabitare, probabilmente non da soli. I problemi però non mancheranno, visto che i due schieramenti classificati come "moderati" non sembrano d'accordo su quale sia il modo migliore di gestire la crisi economica. Il contrasto ricorda alla lontana quello originario fra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande. Se i conservatori puntano all'austerità draconiana, con ampie sforbiciate alla spesa pubblica, i laburisti si mantengono su posizioni assai meno drastiche e chiedono misure per riattivare la crescita.

Fino a pochi giorni fa, Rutte non era per nulla disponibile all'alleanza con i laburisti, che è arrivato a definire "un pericolo per l'Olanda". Samsom invece ha fatto bene i suoi calcoli, dimostrandosi molto più possibilista: "Mercoledì vedremo con chi governeremo - ha detto -. Ci dovrà essere per forza una coalizione di governo. Dal giorno dopo lavoreremo con tutti. Non escludiamo nulla".

Arriviamo così ai socialisti. Vero spauracchio nella corsa a due fra Rutte e Samsom, Roemer dovrebbe arrivare in terza posizione, ma per qualche giorno è stato indicato addirittura come possibile vincitore. La sua popolarità si è impennata grazie ad un programma dichiaratamente nemico dell'austerity e strenuo difensore dello Stato sociale, da sempre fiore all'occhiello dell'Olanda. Il suo progetto lo avvicina molto ad Alexis Tsipras, leader greco di Syriza, e prevede di aumentare le tasse ai ricchi e alle imprese, così da poter incrementare gli investimenti pubblici.

Una ricetta lontana anni luce da quella più gradita ai palati di Bruxelles, ma questo non significa affatto che Roemer predichi l'uscita dall'eurozona, magari con tanto di fantascientifico ritorno al fiorino. Per quanto riguarda i conti pubblici, i socialisti ritengono che sia possibile risanarli senza necessariamente affossare la qualità di vita dei propri cittadini e senza inseguire affannosamente l'obiettivo del deficit al 3%, stabilito a Maastricht nel (troppo) lontano 1992. Si potrebbe iniziare, ad esempio, da una lotta senza quartiere alla speculazione finanziaria.

A livello economico, l'Olanda è il quinto Paese dell'eurozona e non naviga in acque tranquille. Quest'anno il Pil segnerà una recessione dello 0,9%, mentre il deficit viaggerà oltre il 4%. Il debito pubblico non è particolarmente alto (70% del Pil), in compenso quello privato è alle stelle (250% del Pil). Il tasso di disoccupazione (al 9%) rimane molto alto per gli standard nordeuropei. A tutto questo si aggiungono serie preoccupazioni legate al mercato immobiliare, gravato da una bolla speculativa che minaccia di esplodere da un momento all'altro. Le conseguenze sarebbero le stesse che l'Europa ha già visto avverarsi prima in Irlanda e poi in Spagna.

 

 

 

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