di Mario Lombardo

La sola durata della visita in Giappone di questa settimana del primo ministro indiano, Narendra Modi, rende a sufficienza l’idea dell’importanza che il governo di estrema destra di Nuova Delhi assegna alle relazioni con il principale alleato degli Stati Uniti in Asia orientale. I cinque giorni trascorsi nel paese del Sol Levante dal leader del partito suprematista indù BJP hanno visto al centro dei colloqui la promozione della partnership strategico-militare e gli inviti al business nipponico a investire in India per rianimare l’economia in grave affanno di quella che viene definita come la più popolosa democrazia del pianeta.

La trasferta di Modi ha inaugurato un mese di frenetiche attività diplomatiche per il capo del governo indiano, il quale giovedì e venerdì ospiterà a Delhi il proprio omologo australiano, Tony Abbott, prima di ricevere il presidente cinese, Xi Jinping, a metà settembre. In seguito, per chiudere la serie di vertici con tutte le principali potenze coinvolte nella rivalità strategica in Estremo Oriente tra Washington e Pechino, Modi volerà per la prima volta negli Stati Uniti, dove incontrerà Barack Obama alla Casa Bianca.

Sul fronte dei rapporti economici, Modi si sarebbe garantito accordi per 35 miliardi di dollari in investimenti giapponesi per progetti di sviluppo e infrastrutture da realizzare in India nei prossimi cinque anni. Per quanto riguarda gli scambi commerciali, nello stesso periodo di tempo i due paesi si sono impegnati a raggiungere i 50 miliardi di dollari rispetto ai 16 miliardi attuali.

Modi ha garantito alle compagnie giapponesi un trattamento particolare in India, a cominciare dalla creazione di un apposito team con l’incarico di gestire le proposte di investimento nipponiche, di cui faranno parte anche due membri scelti da Tokyo.

Secondo il Times of India, il governo di Shinzo Abe avrebbe assicurato il proprio supporto a praticamente tutti i progetti presentati da Modi, tra cui la costruzione di un treno ad alta velocità sul modello di quelli giapponesi. L’intero panorama dei media indiani ha espresso perciò estrema soddisfazione per il viaggio in Giappone del primo ministro, pressoché universalmente definito un successo.

Se le questioni economiche hanno avuto un ruolo significativo durante il vertice indo-giapponese, soprattutto perché servono a Modi e al BJP al potere per offrire qualche risultato dopo il successo elettorale e le promesse di far ripartire il gigante asiatico, forse ancora più importanti sono però le implicazioni strategiche della visita terminata mercoledì.

I due leader hanno evitato di fare alcun riferimento pubblico alla Cina ma la partnership annunciata trionfalmente al mondo da Tokyo non può che essere inserita nell’ambito delle rivalità che attraversano il continente. India e Giappone sono d’altra parte i due pilastri sui quali si basa la strategia statunitense di accerchiamento della Cina. Se Tokyo è ormai al centro di un’alleanza consolidata, il rapporto con Delhi è ancora da definire del tutto per Washington, visto che la leadership indiana sembra spesso voler mantenere la propria tradizionale autonomia in politica estera ed evitare di incrinare eccessivamente le relazioni con il vicino cinese.

Per questa ragione, l’entusiasmo con cui Modi ha mostrato di volere promuovere la partnership con il Giappone indica la disposizione del governo indiano quanto meno a valutare seriamente un possibile allineamento in maniera più chiara agli interessi degli USA nel continente.

Allo stesso modo, il valore dell’India per il Giappone è difficile da sopravvalutare, in particolare in un frangente che vede Tokyo e Pechino ai ferri corti per le dispute territoriali nel Mare Cinese Orientale. Lo stesso Giappone si trova poi in una situazione economica tutt’altro che entusiasmante, così che i suoi leader vedono importanti opportunità in India, un paese da sfruttare anche come serbatoio di manodopera a bassissimo costo in alternativa proprio alla Cina.

Nel quadro di un rafforzamento dell’alleanza trilaterale – USA, India, Giappone – in funzione anti-cinese, anche i rapporti militari hanno avuto un’attenzione particolare nel corso del summit di questa settimana.

Al di là dell’ottimismo e della fiducia mostrate pubblicamente, tuttavia, in questo ambito rimangono molte riserve, soprattutto da parte indiana. I due capi di governo si sono accordati per esercitazioni navali congiunte e la fornitura di equipaggiamenti militari all’India ma un effettivo ampliamento dei rapporti in relazione alla sicurezza è stato rimandato.

In particolare, Modi ha bocciato l’idea di istituire con Tokyo un formato di cooperazione definito “2+2”, come quello già operativo tra Giappone e Stati Uniti, composto cioè dai rispettivi ministri degli Esteri e della Difesa che dovrebbero incontrarsi regolarmente a scadenze fissate per stabilire alcuni capisaldi della condotta strategica dei due paesi.

Un altro mancato accordo tra Abe e Modi è stato inoltre quello sul nucleare civile. L’India, in questo caso, non ha ottenuto come sperava il consenso del Giappone alla firma di un accordo di fornitura di tecnologia nucleare a scopi civili, con il premier nipponico che ha solo promesso ulteriori negoziati per definire la questione.

Essendo uno dei paesi che non hanno sottoscritto il Trattato di Non Proliferazione e disponendo di armi nucleari, l’India sarebbe teoricamente esclusa dal mercato del nucleare civile, anche se alcuni paesi, a cominciare dagli USA e, come annunciato proprio in questi giorni, l’Australia, hanno ugualmente siglato accordi di questo genere con l’obiettivo di rinsaldare le proprie relazioni strategiche con Delhi.

Nonostante i segnali lanciati apertamente dal premier Modi in Giappone circa la propria disponibilità ad abbracciare senza riserve l’alleanza strategica guidata dagli USA in Asia orientale, la classe dirigente indiana rimane divisa circa l’orientamento da dare alla politica estera del proprio paese.

La questione fondamentale nella presa in considerazione di un eventuale allineamento agli interessi strategici di Washington e Tokyo verte in definitiva attorno all’opportunità di inimicarsi un vicino importante come la Cina, con la quale l’India ha scambiato più di 66 miliardi di dollari di beni nel 2012 e con cui condivide una linea di confine lunga 3 mila chilometri.

A Pechino, infine, le reazioni spazientite all’annunciato rafforzamento delle relazioni tra India e Giappone sono state affidate sostanzialmente ai giornali controllati dal regime. Questi ultimi hanno invitato gli indiani a non trascurare l’importanza dei rapporti con la Cina e il governo Abe ad astenersi dal proseguire sulla strada delle provocazioni.

Da parte cinese, in ogni caso, le contromosse per ostacolare il solidificarsi della partnership trilaterale tra USA, India e Giappone sono ben note e consisteranno ancora una volta in incentivi soprattutto economici. La prossima visita a Delhi del presidente Xi, infatti, si annuncia già ricca di proposte per progetti di sviluppo e cooperazione a cui il governo Modi e un’India in piena stagnazione difficilmente potranno resistere.

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