di Bianca Cerri

George Bush dice di aver fortificato l’America per sbarrare la strada ai “nemici combattenti”, compresi quelli che potrebbero piombare inaspettatamente dalle galassie, ma nessuno si preoccupa più di quello che sta accadendo in Iraq, dove i medici sono costretti a lavorare in condizioni indescrivibili. Ormai non riescono più a curare neppure le malattie più elementari perché farmaci ed ausili terapeutici sono finiti da mesi. A febbraio, un giornale inglese aveva lanciato un appello a favore dell’ospedale di Diwanijah, dove i medici speravano ancora di salvare una bambina di due anni con i polmoni sotto-sviluppati. Sarebbero bastati una terapia a base di vitamina K e gli strumenti per praticarle la ventilazione, ma bisognava ricorrere al mercato nero e i genitori non avevano i soldi per farlo. L’invasione americana ha disintegrato il sistema sanitario iracheno e anche per i pazienti in età pediatrica la possibilità di essere assistiti sono pochi. Nei reparti oncologici la sofferenza degli ammalati non può essere alleviata perché mancano le maschere per l’ossigeno e i tubi per drenare i liquidi in eccesso. I venti miliardi di dollari stanziati per ripristinare la sanità irachena si sono persi su una strada lastricata di corruzione, avidità e facilonerie. Non è stata ancora aperta nessuna delle venti cliniche specialistiche promesse dagli Stati Uniti e nessuno si aspetta più aiuti dai paesi occidentali che pure potrebbero offrirli. Faris Abbas, pediatra dell’ospedale di Basra, è scoppiato in lacrime durante un’intervista.

Abbas è esausto per la mancanza di mezzi e spesso si è trovato a dover decidere tra due piccoli pazienti da salvare avendo a disposizione il sangue sufficiente a farne vivere uno solo. Non ci sono più né antibiotici né garze. Un bambino prematuro nato da poche ore è morto perché non esisteva un’incubatrice dove metterlo. Alla fine, lo hanno chiuso in una scatola di biscotti granulari “Tiffany” e in quella è stato seppellito. Altri quattro bambini prematuri vissuti poche ore sono stati invece avvolti nei fogli di alluminio che si usano per conservare gli alimenti in frigorifero.

Abbas e i suoi colleghi si aspettano da un momento all’altro un’epidemia di malattie infettive a causa dei cumuli di rifiuti che si accumulano nelle strade. I bambini ci si arrampicano sopra per inventarsi giochi immaginari. Anche i più allegri sono minati nel fisico per via della malnutrizione e il contatto con i microbi e i batteri causati dalla decomposizione che si annidano a milioni tra l’immondizia potrebbero significare per loro la morte. Prima i camion della raccolta passavano ogni giorno, ora viene effettuata una sola raccolta settimanale perché i mezzi sono andati distrutti nel caos. A Baghdad ce n’erano almeno 1200 ma ne rimangono solo 380, troppo pochi per una città di oltre quattro milioni di abitanti. Bush, che voleva fare dell’Iraq un paese all’avanguardia, poteva almeno concedere ai suoi abitanti la possibilità di raccogliere i rifiuti.







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