La prima reazione del governo americano di fronte all’esplosione della crisi del Coronavirus è stata quella di negare la gravità della situazione e di attribuirne la responsabilità interamente alla Cina. In seguito, davanti all’evidenza della diffusione inarrestabile del contagio, l’amministrazione Trump è corsa parzialmente ai ripari con una serie di provvedimenti in larga misura inefficaci per i cittadini ma virtualmente senza limiti per Wall Street. Il corollario di questo piano d’azione è ora l’assalto ai diritti democratici consolidati, attualmente in fase di studio sotto forma di proposta di legge presentata nei giorni scorsi dalla Casa Bianca al Congresso di Washington.

La testata on-line Politico.com ha citato documenti predisposti dall’amministrazione Trump nei quali è contenuto un piano di intervento in ambito legale e giudiziario che, con la scusa di adattare il sistema all’emergenza in atto, minaccia di cambiare profondamente il panorama democratico americano. Le implicazioni sarebbero devastanti soprattutto per le norme costituzionali del giusto processo, visto che quanto è previsto è tra l’altro la sospensione indefinita del cosiddetto “habeas corpus”, principio cruciale del diritto anglo-sassone che stabilisce il diritto di chiunque venga arrestato ad apparire davanti a un giudice per vedere convalidato o eventualmente annullato il provvedimento di privazione della libertà.

Nel concreto, la misura che il segretario alla Giustizia, William Barr, avrebbe chiesto al Congresso consiste nel garantire ai giudici federali la facoltà di congelare tutti i procedimenti giudiziari “pre e post-arresto, processuali, pre e post-processuali”, sia in ambito penale sia civile. In sostanza, tutte le protezioni garantite dalla Costituzione USA potrebbero essere sospese in caso di “disastri” su scala nazionale, ma anche di “disobbedienza civile” o di “altre situazioni di emergenza”. Il presidente Trump ha dichiarato l’emergenza nazionale a causa del Coronavirus il 13 marzo scorso.

Il presidente dell’Associazione degli avvocati penalisti americani, Norman Reimer, ha evidenziato i pericoli derivanti soprattutto dal riferimento alla fase “pre-arresto”. Infatti, se l’amministrazione Trump dovesse ottenere quanto richiesto, ci sarebbe la possibilità di “essere arrestati e mai portati davanti a un giudice fino a che le autorità non decidano che l’emergenza sia conclusa”.

Oltre alla detenzione preventiva indefinita, tra le altre richieste della Casa Bianca c’è lo stop alla scadenza dei termini di prescrizione nei procedimenti penali e civili per tutta la durata dell’emergenza e per i dodici mesi successivi alla fine di essa. Controversa è anche l’ipotesi di convocare udienze processuali in videoconferenza senza il consenso o la presenza dell’imputato.

Le associazioni americane a difesa dei diritti civili hanno messo in guardia dalla minaccia rappresentata dalle proposte di legge avanzate dall’amministrazione Trump. Queste ultime si aggiungono d’altra parte alla stretta già decisa o prospettata sugli ingressi dei migranti negli Stati Uniti. L’emergenza Coronavirus potrebbe insomma essere sfruttata per limitare in maniera ancora più drastica il diritto di asilo negli USA.

Il tentativo di demolire l’impalcatura democratica americana in periodi di crisi non è certo nuovo, dal momento che ha caratterizzato praticamente tutte le amministrazioni susseguitesi dopo i fatti dell’11 settembre 2001. Quanto sta cercando di fare Trump in questo frangente potrebbe essere però ancora più pericoloso, proprio perché andrebbe ad aggiungersi a una situazione già segnata dalla costante erosione dei diritti democratici negli ultimi due decenni.

L’articolo di Politico.com è stato raccolto da pochi altri giornali negli Stati Uniti e lo stesso popolare sito di informazione ha minimizzato i rischi del disegno di legge, poiché esso avrebbe poche o nessuna possibilità di essere approvato dalla Camera dei Rappresentanti a maggioranza democratica. La natura del Partito Democratico, da tempo il partito di riferimento dell’apparato della “sicurezza nazionale” USA, rende tuttavia illusorie simili speranze e del tutto reale il rischio sollevato dalla recente rivelazione.

Le manovre del governo per continuare a mantenere il controllo anche con metodi autoritari e anti-democratici, per non dire dittatoriali, di fronte al possibile aggravarsi della crisi sanitaria sono in ogni caso di ampio raggio e, prevedibilmente, includono un ruolo determinante per i militari. Newsweek ha a questo proposito pubblicato due articoli nell’ultima settimana che spiegano come i piani di emergenza siano pronti da tempo e, anzi, gli ordini già consegnati agli alti ufficiali americani.

Un piano segreto è stato ad esempio preparato per far fronte a uno scenario nel quale il presidente e coloro che costituzionalmente dovrebbero farne le veci venissero contagiati dal COVID-19 e impossibilitati a svolgere le loro funzioni. In questo caso, l’autorità passerebbe direttamente ai vertici delle Forze Armate, i quali sarebbero chiamati a mettere subito in atto “una qualche forma di legge marziale” nel paese.

Ancora una volta, le normali regole costituzionali verrebbero soppresse e i militari avrebbero il compito di imporre la “continuità governativa”, soffocando ogni segnale di rivolta e “disobbedienza civile”. In violazione della legge, il Pentagono potrebbe utilizzare i soldati sul suolo americano con compiti di polizia e mantenimento dell’ordine, anche se inizialmente l’incarico formale sarebbe quello di far rispettare quarantena e isolamento sociale per combattere la diffusione del virus.

Le voci di un’imminente entrata in vigore della legge marziale negli Stati Uniti continuano a inseguirsi. Migliaia di uomini della Guardia Nazionale risultano d’altra parte già mobilitati in svariati stati americani per collaborare alla lotta contro il Coronavirus. Alcuni politici hanno dovuto smentire pubblicamente l’ipotesi di legge marziale. Il governatore della California, il democratico Gavin Newsom, ha affermato che questa misura non è ancora necessaria, ma ha di fatto lasciato intendere che potrebbe essere valutata concretamente nel prossimo futuro. Ancora più rivelatorio è stato un tweet di settimana scorsa del senatore repubblicano della Florida, Marco Rubio. Il tono perentorio e seccato con cui ha cercato di mettere a tacere quelle che ha definite come “stupide voci” sulla legge marziale è sembrato essere proprio la conferma di come questa ipotesi sia discussa e valutata seriamente ai massimi livelli del governo di Washington.

In cima alle preoccupazioni degli ambienti di potere negli USA come altrove continua dunque a esserci quella della conservazione dell’ordine capitalistico, soprattutto di fronte alla prospettiva di una crisi economica pesantissima che si potrebbe innestare su un panorama già segnato da tensioni sociali esplosive.

Il trasformarsi di una crisi sanitaria in crisi sociale e, possibilmente, in rivolta è stato previsto da tempo ai vertici militari e del governo. Nel 2006 uno studio del dipartimento per la Sicurezza Interna dell’allora amministrazione Bush elencava infatti una serie di misure estreme da implementare, soprattutto grazie all’intervento delle Forze Armate, in caso di proteste popolari scatenate in tutto il paese a causa del diffondersi incontrollato di una qualche “pandemia”.

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