Il risultato delle elezioni politiche venezolane di domenica 6 dicembre è stato caratterizzato principalmente dall’indiscutibile successo di Nicolas Maduro e del PSUV. Le operazioni di voto si sono svolte colla massima calma, in una situazione estremamente difficile per effetto delle sanzioni genocide, adottate da Stati Uniti ed Unione europea, che durano oramai da vari anni e che non sono state sospese neanche a seguito della pandemia COVID. Si tratta di una situazione estremamente difficile da gestire, ma Maduro e il PSUV hanno confermato di essere rispettivamente l’unico leader e l’unica forza politica in grado di farlo.

 

Il processo elettorale si è svolto nel modo più corretto e trasparente possibile, come testimoniato dalle centinaia di osservatori internazionali, tra i quali personalità di primo piano come Evo Morales, Rafael Correa, José Luis Rodríguez Zapatero, Fernando Lugo ed altri. L’accorta politica di Maduro e del PSUV è riuscita a coinvolgere settori significativi dell’opposizione, che hanno riconosciuto il rispetto degli standard internazionali in materia di elezioni rappresentative e hanno conseguito successi non trascurabili, specialmente in alcune regioni del Paese.

Si tratta, insieme al trionfo del PSUV, dell’aspetto più rilevante di queste elezioni. E’ importante che una parte notevole e probabilmente maggioritaria dell’opposizione abbia finalmente deciso di correre il rischio di giocare il gioco della democrazia.

Il nuovo Parlamento venezolano si configura in questo senso come una sede idonea a portare avanti processi di riconciliazione da un lato e di approfondimento delle politiche di realizzazione dei diritti fondamentali del popolo, in tutti i campi, dall’altro.

Una parte minoritaria di vendepatria, capeggiati dall’incommentabile Guaidò, ha invece deciso di svolgere ancora una volta il ruolo di mosca cocchiera dell’imperialismo internazionale, chiamando al boicottaggio di questo importante appuntamento democratico. Costoro sperano nella catastrofe e gioiscono sperando nella riduzione della possibilità di reagire dello Stato venezolano di fronte alla pandemia e alla penuria di beni di prima necessità indotta dalle sanzioni genocide.

Pur di non vedere toccati i loro privilegi e le loro immense ricchezze, i vendepatria sono disposti a far perire buona parte del popolo venezolano, affamato dalle sanzioni o addirittura aggredito da un intervento militare internazionale e destabilizzato dalla ripresa del terrorismo interno.

Bisogna tuttavia ritenere che tali speranze risultino oggi quanto mai vane. Il popolo venezolano ha mostrato infatti di sapersi mobilitare anche sul piano elettorale costruendo e portando avanti, in condizioni di ardua difficoltà per effetto delle sanzioni e del Covid, una partecipazione democratica mediante il voto che risulta davvero esemplare per il mondo intero.

E’ risultato evidente l’intento delle potenze interessate a destabilizzare il Venezuela e a distruggere il chavismo per poter soddisfare i propri interessi egoistici, abolendo un esempio fondamentale per gli altri popoli dell’America Latina e del mondo e recuperando il controllo totale su risorse naturali di ogni genere. Tali potenze avrebbero voluto addirittura imporre un rinvio delle elezioni che sarebbe risultato in evidente violazione delle norme costituzionali e legislative venezolane applicabili.

Le stesse potenze vorrebbero ora strumentalizzare la limitata affluenza alle urne come pretesto per delegittimare ancora una volta la democrazia venezolana. Ma si tratta di un’operazione assolutamente arbitraria. Un’operazione da condannare così com’è da condannare l’infame tentativo dell’opposizione vendepatria di intestarsi un’astensione che invece ha una serie molteplice e articolata di motivazioni.

Dopo il voto di domenica il Venezuela riparte in condizioni molto migliori, potendo finalmente disporre di un organo parlamentare in grado di funzionare a beneficio del Paese e del popolo nel loro complesso, fungendo da sede più che idonea al confronto delle opinioni, nel rispetto della Costituzione bolivariana. E’ però necessario ed urgente che vengano abolite le sanzioni genocide. Si tratta di una scelta su cui si verificherà l’effettiva qualità della nuova presidenza statunitense Biden, così come la capacità dell’Unione europea di sottrarsi alle pressioni e ai ricatti dell’oligarchia venezolana che controlla com’è noto organi di informazione e interi settori politici.

L’Unione europea, che attraversa a sua volta una grave crisi e continua ad oscillare pericolosamente tra la riproposizione dell’ortodossia neoliberale più nefasta e la possibile apertura di nuovi orizzonti, è oggi chiamata a modificare radicalmente le sue politiche nei confronti del Venezuela, dando ascolto a politici illuminati come Zapatero.

Nel resto dell’America Latina si moltiplicano i movimenti di massa contro le politiche di sfruttamento brutale delle oligarchie. Il governo della Bolivia è stato recuperato e a milioni scendono in piazza in Cile, Perù, Colombia, Ecuador, Guatemala e Brasile.

L’avvenire dell’America Latina come insieme di nazioni sovrane impegnate a cooperare tra loro e ad aumentare il loro grado di integrazione politica, economica, sociale e culturale esce senza dubbio rafforzato dalle elezioni venezolane. Si tratta di un esempio, valido per tutto il mondo, di cui dobbiamo ancora una volta ringraziare Nicolas Maduro, il PSUV e tutto il popolo venezolano che hanno mostrato ancora una volta, non a parole ma nei fatti, di come sappiano salvaguardare beni supremi per l’insieme dell’umanità, come il rispetto dell’indipendenza nazionale, la promozione della partecipazione democratica e la tutela del bene comune in condizioni di estrema difficoltà.

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