Un nuovo documento strategico sulla “sicurezza e la difesa” del governo britannico ha fissato tra gli obiettivi dei prossimi anni quello di aumentare sensibilmente il numero di testate nucleari a disposizione delle proprie forze armate. La decisione minaccia ovviamente di incoraggiare una possibile corsa alle armi atomiche in tutto il mondo e rappresenta inoltre un’indiscutibile violazione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) di cui è parte il Regno Unito. Da un lato, insomma, Londra continua a predicare la necessità di difendere gli equilibri globali basati sul rispetto di un insieme di regole consolidate, mentre dall’altro si pone, e non per la prima volta, in totale violazione del diritto internazionale.

 

Dalle 100 pagine di quella che viene chiamata ufficialmente “Revisione Integrata della Sicurezza, Difesa, Sviluppo e Politica Estera”, emerge la preparazione di un piano per incrementare l’arsenale nucleare britannico da 180 a 260 testate, ovvero di oltre il 40%. Come ha spiegato il Guardian, che ha scritto in esclusiva del documento questa settimana, il proposito del governo “apre la strada a un controverso progetto di riarmo da 10 miliardi di sterline per far fronte alle presunte minacce di Russia e Cina”.

In tal modo, la Gran Bretagna mette fine a tre decenni di graduale disarmo e opera una clamorosa, anche se non sorprendente, inversione di rotta circa i propri impegni internazionali in questo ambito. Il piano nucleare britannico è anche uno spreco osceno di risorse pubbliche per un paese che, a livello europeo, sta pagando il prezzo più alto in termini di vite e di crisi economico-sociale a causa dell’epidemia di Coronavirus.

La “Revisione Integrata” era stata commissionata subito dopo le elezioni del 2019 e intende delineare la “visione” e le priorità strategiche del paese dopo l’addio all’Unione Europea. Ciò che emerge è un elenco di aspirazioni illusorie per il rilancio di una “grande potenza globale” libera da qualsiasi vincolo. Queste ambizioni dovrebbero essere supportate dal rafforzamento delle potenzialità belliche, con l’inevitabile dirottamento di risorse pubbliche, già messe a dura prova da un decennio di feroce austerity promossa dai governi conservatori.

La questione delle armi nucleari è quindi la più significativa tra quelle trattate dal documento. Senza fare una piega, il governo di Londra smentisce se stesso sul tema della non proliferazione e lo fa proponendo una valutazione unilaterale e fortemente distorta della realtà internazionale odierna. La promozione di politiche aggressive per imporre la propria influenza e avanzare gli interessi economico-strategici della classe dirigente britannica diventa così una “presa d’atto di un clima relativo alla sicurezza in evoluzione”, mentre un altro fattore sarebbero le “crescenti minacce tecnologiche e ideologiche”.

Martedì, il ministro degli Esteri, Dominic Raab, ha confermato alla BBC l’intenzione di aumentare l’arsenale nucleare britannico, giustificando la decisione con la necessità di disporre di una “polizza assicurativa estrema” contro le minacce più gravi dei paesi ostili. La violazione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare che ciò implica viene messa da parte senza un solo scrupolo e con un semplice riferimento alle “cambiate circostanze” internazionali. Quali siano i paesi in grado o teoricamente intenzionati a lanciare un attacco nucleare contro il Regno Unito e con quali modalità non è dato sapere.

Anche se il governo di Boris Johnson ritiene legittimo il proprio comportamento in questo ambito, la realtà appare ben diversa. L’articolo VI del TNP impone senza ambiguità ed eccezioni ai firmatari di “cessare la corsa alle armi nucleari” e di provvedere al “disarmo”. Anzi, come ha ricordato martedì il blog MoonOfAlabama, la Gran Bretagna aveva essa stessa collegato esplicitamente il numero delle testate nucleari ai propri impegni come membro del TNP.

Meno di sei anni fa, ad esempio, parlando durante una conferenza del trattato, il “ministro di Stato” per gli affari esteri e del Commonwealth aveva affermato che Londra ribadiva l’impegno per un “disarmo graduale” e il rispetto degli obblighi definiti dall’Articolo VI. Seguivano poi i numeri relativi alle testate già dismesse e i piani per arrivare a “non più di 180 entro la metà del decennio 2020-2030”. Il Regno Unito sosteneva dunque di essere nel rispetto del TNP perché stava riducendo le sue testate nucleari. Ora, perciò, “non può pretendere di rispettare il Trattato [di Non Proliferazione] se intende aumentarne il numero”.

A proposito del comportamento britannico, va sottolineato che, nell’ambito del nucleare, Londra ha più volte preso posizioni molto ferme nei confronti dell’Iran, invitando questo paese al rispetto dell’accordo di Vienna del 2015 (JCPOA). Una delle ultime dichiarazioni in proposito risale al mese di febbraio, quando un funzionario di vertice del ministero degli Esteri aveva denunciato la decisione della Repubblica Islamica di superare alcuni limiti tecnici all’arricchimento dell’uranio imposti dall’accordo sul nucleare.

La Gran Bretagna pretende cioè di dettare legge sul rispetto degli accordi internazionali relativi al nucleare mentre è essa stessa a muoversi in flagrante violazione degli impegni presi. Oltretutto, le iniziative di Teheran sono state adottate in conseguenza dell’uscita degli Stati Uniti dal JCPOA nella primavera del 2018 e dopo la reimposizione illegale delle sanzioni punitive. Vista la situazione, l’Iran, oltre a rispettare, al contrario di Londra, i termini del TNP, è perfettamente legittimato dalle norme del JCPOA a svincolarsi da una parte delle restrizioni imposte al suo programma nucleare civile.

La “Revisione Integrata” del governo britannico dimostra così ancora una volta il completo disinteresse per il diritto internazionale e l’arroganza di un paese che, proprio come l’alleato americano, pretende di dettare regole a cui spesso non presta la minima attenzione. Dalla partecipazione alla guerra in Iraq alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il massacro in Yemen, dalla mancata restituzione delle isole Chagos alle Mauritius nonostante le sentenze di tribunali internazionali fino alla violazione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare, il Regno Unito continua a operare in un regime di illegalità e criminalità pur auto-proclamandosi guardiano dei principi democratici e del diritto internazionale.

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