I governi dell’Unione Europea, dopo avere probabilmente perso la causa del “dissidente” russo Alexey Navalny, sembrano avere trovato un nuovo martire della democrazia perseguitato da un regime filo-putiniano. Dopo l’arresto del giornalista e blogger bielorusso Roman Protasevich, in seguito all’atterraggio forzato a Minsk del volo Ryanair su cui stava viaggiando nel fine settimana, si è scatenata infatti una colossale campagna mediatica contro il presidente bielorusso Lukashenko che ha già portato all’imposizione di pesanti sanzioni al paese dell’ex Unione Sovietica.

 

Esattamente come Navalny, anche se con meno anni ed esperienza alle spalle, anche il 26enne Protasevich ha orientamenti politici e ideologici accostabili all’estrema destra che, a loro volta, la dicono lunga sugli ambienti attorno ai quali vengono lanciate le finte campagne occidentali per la promozione dei diritti civili e democratici.

Dopo quello che in molti hanno denunciato come un “dirottamento di stato”, lunedì l’UE aveva dato subito indicazione alle compagnie aeree europee di evitare lo spazio aereo della Bielorussia. Inoltre, è entrato di fatto in vigore un divieto alle compagnie bielorusse di sorvolare i paesi dell’Unione. Mercoledì, ad esempio, un volo della bielorussa Belavia da Minsk a Barcellona è stato costretto a invertire la rotta dopo essere stato informato dalle autorità polacche che la Francia non avrebbe concesso l’ingresso nel proprio spazio aereo. Dopo la direttiva europea, compagnie come KLM e Lufthansa hanno annunciato lo stop ai voli sopra la Bielorussia.

L’offensiva contro Lukashenko non si è ad ogni modo fermata. Giovedì, i ministri degli Esteri EU si sono riuniti a Lisbona per discutere, tra l’altro, di possibili nuove misure punitive. Tra il ripetersi di accuse oggettivamente false, come quella della natura “inedita” della decisione imposta domenica scorsa dal governo bielorusso al volo Ryanair, i diplomatici dell’Unione hanno fatto a gara nel proporre o chiedere sanzioni efficaci contro Minsk.

Sul tavolo ci sarebbero anche iniziative che vanno ben al di là del settore aereo, già di per sé cruciale. Il ministro degli Esteri lituano ha parlato ad esempio di sanzioni riguardanti il settore petrolifero e l’export bielorusso. Heiko Maas, capo della diplomazia del governo di “grande coalizione” tedesco, ha invece ipotizzato misure che vanno a penalizzare le transazioni finanziarie, mentre non sono mancate proposte di sanzioni contro personalità o compagnie vicine al presidente Lukashenko.

A nulla sono servite le informazioni rese pubbliche dal governo bielorusso sui fatti di domenica e le presunte prove dell’esistenza di una minaccia di esplosione del volo Ryanair su cui viaggiava Protasevich. Molti dubbi rimangono sulla provenienza di una e-mail indirizzata all’aeroporto di Minsk che informava della presenza di una bomba sul velivolo. Le autorità bielorusse hanno comunque pubblicato le conversazioni tra i piloti e la torre di controllo e invitato gli organi internazionali dell’aviazione civile a condurre un’indagine sull’accaduto. Nonostante i non pochi punti oscuri, esiste più di un caso di aerei di linea fatti atterrare dall’intervento di jet militari a causa di falsi allarmi bomba, come in due occasioni nel luglio del 2020 con voli Ryanair in Gran Bretagna e in Norvegia.

Anche gli organismi internazionali come l’ICAO (Organizzazione Internazionale dell'Aviazione Civile) e la IATA (Organizzazione Internazionale delle Compagnie Aeree) si sono in ogni caso uniti al coro di condanne contro il regime di Lukashenko. Il direttore generale della IATA ha rilasciato una dichiarazione mercoledì per invocare un’indagine approfondita sui fatti di domenica scorsa, in base alla quale la comunità internazionale potrà poi agire per evitare che simili episodi accadano di nuovo. Questo zelo non si era mai visto nel recente passato in occasione dei numerosi atterraggi forzati o “dirottamenti di stato” imposti dai governi occidentali e dai loro alleati.

Il caso dell’aereo del presidente boliviano Evo Morales nel 2013 è uno dei più clamorosi. In quell’occasione, il suo volo venne fatto atterrare in Austria per essere perquisito dopo che alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, avevano chiuso il loro spazio aereo su richiesta di Washington, da dove si credeva che sul volo diretto in Bolivia da Mosca ci fosse Edward Snowden. Anche gli USA nel 2010 ottennero attraverso il governo canadese lo stop a un volo su cui viaggiava un ricercato su cui intendevano mettere le mani.

Gli esempi sono molteplici e non tutti recenti. Nel 2012, ad esempio, aerei da combattimento turchi su richiesta dell’intelligence scortarono fino all’atterraggio un volo di linea siriano perché a bordo poteva esserci un carico “non civile”. Un altro caso ancora ha a che fare proprio con la Bielorussia. Nel 2016, un velivolo che stava per entrare nello spazio aereo bielorusso fu fatto atterrare a Kiev, dove i servizi segreti dell’Ucraina arrestarono un passeggero, identificato come un oppositore del colpo di stato organizzato dall’Occidente in questo paese nel 2014.

Proprio gli eventi accaduti in Ucraina negli ultimi anni danno più di un’indicazione sulla natura delle attività di Roman Protasevich e delle sue attitudini “democratiche”. Le notizie che sono circolate nei giorni scorsi disegnano il profilo di un eroe improbabile e con chiarissime simpatie per gli ambienti di estrema destra. Attraverso testimonianze, immagini, filmati e post sui social media, alcuni siti di informazione indipendenti hanno ricostruito il passato di uno degli individui più influenti della galassia anti-Lukashenko.

Protasevich ha partecipato attivamente al conflitto nel Donbass come volontario nel famigerato battaglione Azov, una milizia ucraina neo-nazista che aveva preso parte al colpo di stato del 2014 e nello stesso anno integrata nelle forze armate di Kiev. Il ruolo di Protasevich in questa organizzazione non è del tutto chiaro. Ufficialmente avrebbe lavorato per l’ufficio stampa del battaglione Azov, mentre per qualcuno si sarebbe invece ritrovato anche sulla linea del fronte nel Donbass. Protasevich era comunque apparso sulla copertina della rivista della stessa milizia “Sole Nero” nel 2015 indossando una divisa militare.

Nel 2012, poi, il giovanissimo futuro giornalista faceva parte del “Fronte Giovanile”, un gruppo di opposizione in Bielorussia con spiccate tendenze neo-fasciste e ferocemente anti-comunista. Successivamente finito agli arresti per atti di teppismo, Protasevich si trasferì nel 2017 a Praga, dove sarebbe entrato a far parte della macchina propagandistica finanziata dai governi occidentali e da quelli anti-russi dell’Europa orientale.

In Repubblica Ceca ha lavorato per l’organo di propaganda americano Radio Free Europe/Radio Liberty e, grazie a questo impiego, nel 2018 fece un viaggio negli Stati Uniti, durante il quale ebbe la possibilità di visitare il dipartimento di Stato. Subito dopo cominciò la collaborazione con una radio finanziata dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), sostanzialmente uno strumento della CIA, per poi diventare il responsabile di NEXTA, un canale Telegram diventato popolarissimo durante le proteste della scorsa estate seguite alle discusse elezioni presidenziali in Bielorussia.

Il co-fondatore di NEXTA aveva a sua volta lavorato a lungo per il canale Belsat, finanziato dal ministero degli Esteri polacco e, probabilmente, anche da Londra e Washington. NEXTA ha avuto un ruolo determinante nell’organizzazione delle manifestazioni anti-Lukashenko e nella promozione della candidata sconfitta nelle presidenziali, Sviatlana Tsikhanouskaya. Grazie a questi contatti, Protasevich è diventato un punto di riferimento delle trame occidentali in Bielorussia e il suo arresto ha dato la possibilità ai governi europei e a quello americano di rilanciare l’offensiva contro Lukashenko. L’obiettivo resta sempre quello di rovesciare il regime, attraverso un piano riconducibile al modello delle “rivoluzioni colorate”, o di convincere il presidente bielorusso a sganciarsi dall’alleanza con Mosca, per mezzo di incentivi e, soprattutto, sanzioni e minacce.

L’isteria occidentale, al di là della natura del regime di Lukashenko, non ha dunque nulla a che vedere con questioni di democrazia né, tantomeno, di libertà di stampa. Basti confrontare, a questo proposito, il livello di interesse per la sorte del neo-fascista Protasevich con quello per la persecuzione di Julian Assange.

La stampa ufficiale in Europa e negli Stati Uniti continua intanto a sorvolare sui precedenti e sull’orientamento ideologico di Roman Protasevich, descritto invariabilmente come un coraggioso giornalista che si batte per la democrazia e la libertà di informazione nel suo paese oppresso da una feroce dittatura. Forse l’unico accenno al suo passato tra i neo-nazisti ucraini era apparso sul sito del Times di Londra qualche giorno fa, ma è stato poi rimosso in fretta, tanto da far pensare a un intervento del governo britannico.

Mentre sbraitano di democrazia e agitano sanzioni, i governi occidentali cercano così di nascondere al pubblico la vera natura dei soggetti che appoggiano e finanziano. Questo insabbiamento è d’altra parte di importanza fondamentale. Infatti, se un profilo completo e corrispondente alla realtà di personaggi come Protasevich o Navalny fosse di dominio comune e non limitato ai media alternativi, tutto il castello di carta della campagna anti-russa e della promozione della democrazia in paesi come la Bielorussia rischierebbe di crollare all’istante, mostrando i veri interessi che stanno dietro a operazioni di propaganda come quella lanciata dopo l’atterraggio forzato del volo Ryanair all’aeroporto di Minsk.

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