di Lidia Campagnano

Come fermare un cretinetti avanti negli anni che considera ancora incantevole, con le donne, un atteggiamento da bagnino romagnolo anni Cinquanta? Una moglie lo sgrida, lo sfotte, lo minaccia, gli ricorda chei figli lo guardano…e alla fine, dato che proprio lui non capisce, gli fa una scenata pubblica. Pubblica, si fa per dire: al bar, sotto casa con i vicini che ascoltano, o in casa, a tradimento, davanti a parenti o amiche, testimoni di terribili minacce (ti castro, ti sbatto fuori casa in mutande). Ma se costui si chiama Silvio Berlusconi? Si fa così: si manda una lettera a un quotidiano di larga diffusione. Una lettera nella quale la moglie spiega di aver fatto il possibile, per anni, per non mandare il marito a quel paese, o per non dare i numeri, ma che è diventato impossibile sopportare oltre senza perdere la dignità e senza compromettere la sana educazione delle figlie (che potrebbero crescere nell’idea che una donna deve subire di tutto nella relazione con un uomo) e del figlio (che potrebbe venir su come il padre, vale a dire incapace di una relazione civile con una donna). Una lettera dove le minacce della donna che fa la scenata al bar o in salotto sono tradotte in allusioni delicate – non più che un tono della voce- alla possibilità di adire a vie legali, se…Se il marito non pronuncia quelle scuse che in privato non si è neppure sognato di porgere. Ovvio che le scuse devono esprimere l’intenzione di recuperare i freni inibitori perduti, se non altro. E la promessa di non far peggio, in futuro.

Torniamo alla prima coppia: che fa il marito, quello stapazzato al bar, dopo la scenata? Il cretinetti piagnucola. Dice che la sua vita è tanto dura, che lui è troppo buono e cordiale. Ama scherzare, niente altro. Ma mica vuol cambiare moglie, o abbandonare i figli. E chiede scusa, certo, e poverino lui, si sforzerà di non farlo più, se proprio non deve, ma in fondo non ha fatto niente di male. E soprattutto, è innamorato, lui! Davvero!

E Berlusconi, che fa dopo la “scenata”? Fa lo stesso numero di quell’altro: solo che lo fa per lettera, debitamente inviata alle agenzie. Una lettera “d’amore” tremenda, di quelle capaci di mandare in bestia qualunque moglie. O così pare.

Così parrebbe in un film che volesse accostare una coppia “semplice” a una coppia “celebre” in piena lite coniugale. Un film con la partecipazione straordinaria del cardinal Tonini e di don Baget Bozzo, perché sarebbe un film italiano e due preti non potrebbero mancare. Infatti non mancano, figuriamoci se si astengono. Un vecchio film italiano.

Con quale finale? E chi lo sa. Inutile dedicarsi alle previsioni, dato che anche le premesse sono occultate. Le due lettere sono visibilmente artefatte, e non solo da qualche professore di italiano o sceneggiatore di buoni studi: c’è di mezzo anche l’avvocato. La signora ha assestato bene il suo colpo al marito centrandone il tallone di Achille, vale a dire il di lui ruolo pubblico. La vera risposta di lui – non il messaggio lirico spedito alle agenzie – non la sappiamo.

Se troveranno o meno un accordo, non è cosa da film, resta solo la soddisfazione di poter fare il tifo, mediamente le donne per lei, gli uomini per lui, con qualche passaggio dall’uno all’altro campo, a testimoniare che i tempi cambiano e le certezze sono pochine. Ammettiamolo, siamo cinici;per una buona giornata ci siamo divertiti. Questa è l'unica, perfida, morale possibile.

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