di Sara Nicoli

Le dimissioni a sorpresa del presidente Telecom, Marco Tronchetti Provera, e l'immediato avvicendamento con l'attuale commissario straordinario Figc, Guido Rossi, hanno reso evidente, anche ai non addetti ai lavori, la gravità della situazione in cui versa la principale azienda italiana di telecomunicazioni, il cui debito ammonta a 42 miliardi di euro, molti dei quali in scadenza il prossimo anno. Le ragioni "ufficiali" che stanno dietro l'uscita di scena di Tronchetti risiederebbero - per ammissione del protagonista - nel fatto che un'azienda come Telecom Italia non poteva andare avanti, in pieno momento di revisione del piano societario, con uno scontro frontale in atto con il governo, anche a livello personale tra il presidente e il premier Prodi. Ma non è solo questa, com'é facilmente intuibile, la sola ragione di un terremoto politico ed economico di cui, allo stato attuale, non si intravedono vie di fuga ponderate ed obiettivi concreti di risanamento in tempi brevi.

di Sara Nicoli

La sintesi della più caotica - e alla fine quasi sorprendente - giornata delle nomine Rai la dà, a tarda notte, un alto dirigente di An. ''Ad un certo punto deve essere scattata una paura generale di rimanere fuori da un accordo che nessuno, nei partiti, voleva raggiungere. E alla fine siamo rimasti fregati noi". La Cdl, dunque, esce con le ossa rotte dalla prima tornata di nomine Rai. In apparenza, l'investitura di Gianni Riotta, corsivista del Corsera in quota Prodi, a nuovo direttore del Tg1, e del nuovo capo del personale Rai, Maurizio Braccialarghe, centrista della prima ora, sono state salutate come frutto di un'intesa bipartisan. Unica eccezione il voto della consigliera leghista, Giovanna Bianchi Clerici, richiamata all'ordine da Maroni all'ultimo minuto, quando la falange del Carroccio non ha più avuto la certezza di veder salvo il "loro" direttore di Raidue, Antonio Marano. Nessun particolare scompiglio, comunque; solo una simpatica nota di colore verde ad accompagnare una delle più pesanti debacle che la Cdl abbia conosciuto negli ultimi tempi dopo le elezioni.

di Cinzia Frassi

In una manciata di giorni Brescia è stata teatro di omicidi cruenti. Il 12 agosto è stato rinvenuto il corpo della ventenne pachistana Hina Saleem, 21 anni, sgozzata e sepolta nel giardino dell'abitazione familiare. Sono stati accusati dell'omicidio il padre, lo zio e due cognati. Secondo il padre non era una brava musulmana. E' più facile parlare di integralismo islamico che riflettere sulla condizione di una ragazza vittima del maschilismo più bieco, che sarebbe già stata vittima dei maltrattamenti dello stesso padre e che ha cercato di vivere come donna libera in un paese libero.Pochi giorni dopo, il 20 agosto, viene scoperto nella sua abitazione il cadavere del pittore bresciano Aldo Bresciani, 72 anni. Hanine Chafik, 25 anni, il presunto omicida, conosceva la vittima e solo gli ulteriori sviluppi delle indagini potranno svelare il movente. Si esclude la rapina ma sono aperte tutte le altre ipotesi possibili.

di Sara Nicoli

Diciamoci la verità: la legge Biagi è servita a legalizzare la precarizzazione del lavoro e a far gravare il rischio d’impresa sui lavoratori anziché sulle aziende. Con le nuove figure di autonomi inventate dalla medesima legge, si è voluto palesemente legalizzare lo sfruttamento del lavoro, facendo risparmiare le imprese sui costi di previdenza, di tutela e di contribuzione. Ma, soprattutto, si è consentito alle imprese di applicare gli inquadramenti di lavoro a progetto (ex co.co.co) anche a tipologie che nulla hanno a che vedere con mansioni autonome né, tanto meno, finalizzate ad uno specifico programma aziendale. E non c’è niente di meno autonomo, meno progettuale, ma anzi straordinariamente subordinato di un lavoro nel call center. Così gli ispettori del lavoro sono arrivati alla Atesia, società leader nel settore, e dopo una lunga indagine hanno stabilito quello che era già chiaro a tutti: chi lavora nei call center è un lavoratore subordinato a tutti gli effetti. Il verdetto non lascia scampo alla società: deve assumere a tempo indeterminato tutti i suoi 3500 dipendenti e deve pagare i contributi ad altri diecimila con carattere retroattivo dal 2001.

di Giovanna Pavani

Sembra scontato, quando si parla del G8 di Genova, ricordare come unico fatto certo di quei giorni la morte di Carlo Giuliani, un ragazzo poco più che ventenne ucciso dai carabinieri a piazza Alimonda. Sebbene l’inchiesta non sia riuscita a chiarire l’effettiva dinamica dei fatti (tant’è che oggi, da più parti, si invoca una commissione parlamentare d’inchiesta che faccia finalmente luce su tutto ciò che accadde nelle giornate del G8 senza reticenze e opportunità politiche di parte), allo squallore delle polemiche che si scatenarono subito dopo l’omicidio, oggi si aggiunge un fatto nuovo. Non certo in ordine alle indagini, bensì sulla scia dell’assurda volontà della destra di ribaltare i fatti e far passare i carnefici per vittime. E’ su questa falsariga che Mario Placanica, l'ex carabiniere accusato e poi prosciolto per la morte di Carlo Giuliani, su consiglio di esponenti di spicco di Alleanza Nazionale, ha deciso di chiedere un risarcimento alla famiglia del ragazzo ucciso: vuole i danni per il suo mancato reintegro nell'Arma e per non aver più trovato un impiego.


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