di Sara Nicoli

Ogni volta che l'Osservatore Romano si scaglia contro la politica laica dello Stato su materie etiche, si è tentati di pensare che abbia raggiunto il massimo dell'ostilità, dell'ingerenza, del tentativo di intimidazione possibile. E invece, con regolarità sconcertante, ormai quasi con cadenza giornaliera, si viene sorpresi da un volume di fuoco superiore al precedente, con toni sempre più stizziti e offensivi.
L'altro giorno è stata presa di mira Rosy Bindi e il suo laico tentativo di mediazione politica sul tema dei Pacs in una coalizione tutt'altro che coesa sulle questioni legate al sociale. Ma le parole dure utilizzate dall'Osservatore per attaccare un ministro cattolico, nel maldestro tentativo di limitarne l'azione politica facendo leva sulla sua intimissima fede, è nulla se paragonato alla violenza con cui l'organo della Cei ha attaccato la volontà della laica Livia Turco di aprire all'utilizzazione della RU486, meglio nota come la pillola abortiva. La sua uscita è stata bollata come "sconcertante". E la RU486 un'arma in piu' per uccidere la vita. "E' sconcertante- si legge nell'editoriale del quotidiano della Conferenza episcopale italiana- la premura con la quale i neoministri corrono a dichiarare le loro intenzioni su materie particolarmente delicate e sulle quali, quantomeno, ci si sente di suggerire più cautela". "Non ci sono novità scientifiche a riguardo - sostiene l'articolo - e ormai quello che abbiamo di fronte è ormai un 'omicidio a cuor leggero": si tratta solo di dare alla donna la possibilità di scegliersi l'arma. Semmai un'arma più veloce dà all'omicida la consolazione di non pensarci su più di tanto". L'osservatore Romano prosegue nella reprimenda di un farmaco che può facilmente "trasformare le sue caratteristiche in contraccettivo. E a poco serve assicurare che la sperimentazione avverrà nello spirito della legge 194 ".

In questo stralcio dell'editoriale vaticano, la cosa su cui ci si deve soffermare non è tanto la condanna dell'aborto, visto sempre e solo come omicidio, quanto quella delle donne che "a cuor leggero", sceglierebbero "l'arma migliore" per "non pensarci più", un branco di spietate serial killer capaci delle peggiori efferatezze, a partire dalla possibile - e per loro ovvia - utilizzazione della medesima "arma" addirittura come contraccettivo. Ecco, il problema è che il principale rammarico della chiesa sembra essere quello dell'esistenza del libero arbitrio femminile, della scelta possibile delle donne di diventare o meno una madre, della libertà di essere donna in tutte le sue più diverse accezioni. C'entra poco la pratica dell'aborto in quanto tale e come essa si possa praticare: sono le donne ad essere sotto accusa e la loro ribellione decisa a non soggiacere al diktat cattolico che pretende di trasformarle solo in amorevoli e silenti incubatrici dei figli degli uomini. Anche quando la loro vita è in pericolo perché, in fondo, conta anche meno del figlio che portano in grembo.

A confortarci su questa lettura dell' articolo dell'Osservatore è arrivato il non rimpianto ex ministro Calderoni che, come avevamo profetizzato qualche tempo fa, parlando della scandalosa foto di un bambino mai nato sbattuta in prima pagina sul Gazzettino,ha fatto leva proprio sull'emozione collettiva provocata da quell'immagine, per ribadire ancora una volta "che un feto non è solo un grumo di sangue, è un bambino in carne ed ossa a cui una madre snaturata nega il diritto alla vita".
Davanti a una siffatta aggressione, sono due i sentimenti che la gran parte delle donne provano nel loro intimo: l'umiliazione profonda di essere considerate solo in virtù della possibilità di procreare e l'offesa incancellabile di vedere ancora una volta negata la dignità di essere una persona. Limitare la donna alla sola capacità di riprodursi significa adottare una concezione riduttiva dell'essere umano ed è bene soffermarsi sul fatto che questa funzione, per la chiesa, è un fardello esclusivamente femminile, che non coinvolge mai il maschio. Che non ha mai colpe. Neppure quella, quando succede, di essersi preso una donna per forza, con quella violenza che le cronache degli ultimi tempi riportano con sempre maggiore frequenza e peggiore efferatezza, quasi che l'assunto della donna-cosa, oppure oggetto, come si diceva un tempo, avesse nuovamente preso piede nelle masse e da esse riscoperto come una verità primordiale mai del tutto sopita nonostante i progressi della civiltà.

E la Chiesa, con questi continui attacchi alle donne e al loro libero arbitrio non fa che alimentare quest'odio che miete sempre più vittime.
Nel rinnegare la dignità delle donne come persone al di là del loro essere docili fattrici dei figli del Signore, la Chiesa nega alle donne anche il riconoscimento della capacità di amare, sia essa protesa verso un figlio o verso un uomo. E vengono in mente, come se fossero ancora di straordinaria attualità, le parole che intorno al 900 d.C. l'abate Odon De Cluny pronunciò per screditare, agli occhi dei propri discepoli, la donna, la tentazione del suo corpo, la grandezza della sua anima. "La bellezza si limita alla pelle - disse - e se gli uomini vedessero quel che c'è sotto la pelle rabbrividirebbero alla vista delle donne. Tutta quella grazia consiste di mucosità e di sangue, di umori e di bile. Se si pensa quello che si nasconde nelle narici, nella gola e nel ventre, non si troverà che lordure. E se ci ripugna toccare il muco e lo sterco con la punta del dito, come potremmo desiderare di abbracciare il sacco stesso che contiene lo sterco?". Ecco, appunto, un "sacco". Buono solo per fare figli. Bello e senz'anima. Idiozie pronunciate nel nome di dio. Come passa il tempo, eh?

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