di Cinzia Frassi

Si chiamava Tullio Faggin l'operaio deceduto nel 1999 per angiosarcoma al fegato, un tipo di tumore causato dal cvm alias cloruro di vinile monomero. Si tratta di un cancerogeno riconosciuto tale fin dagli anni '50 che tuttavia veniva usato per la produzione di plastica in pvc senza le precauzioni necessarie a proteggere i lavoratori.
La morte di Tullio Faggin si chiama omicidio e a decretarlo in via definitiva è stata la Cassazione, che pochi giorni fa ha confermato la sentenza emessa nel 2004 a Marghera per i cinque ex dirigenti Montedison: Alberto Grandi, Piergiorgio Gatti, Emilio Bartalini, Giovanni D'Arminio Monforte e Renato Calvi, tutti condannati ad un anno e sei mesi di reclusione. L'omicidio di questo operaio è l'unico non "cancellato" dalla prescrizione, l'ultimo di un elenco formato da ben 160 nomi.
Diventa definitivo anche il riconoscimento del nesso causale tra le lavorazioni tossiche del Petrolchimico e la formazione di questa forma tumorale, l'angiosarcoma, con la conseguenza che i familiari delle vittime potranno continuare la causa per ottenere il risarcimento del danno. Vivaddio, perché il problema è proprio questo: dimostrare il nesso causale, la relazione precisa tra la tipologia tumorale e una sostanza. Non il contrario. Non serve sapere che ci sono cancerogeni nell'aria, nel terreno, nell'acqua e che queste sostanze non si trovano lì per natura, ma a causa di attività illecite dell'uomo. Non serve riconoscere vertiginosi aumenti di insorgenze neoplastiche sospette in alcune zone di questo bel paese e la presenza di cancerogeni come la diossina. In tribunale serve dimostrare che un tumore ben determinato si è potuto sviluppare dentro ad un uomo sano esclusivamente per una causa. Una sola. Difficilissimo. Da constatare c'è anche il fatto che l'insorgenza tumorale e il decorso che porta alla morte non conosce i tempi processuali e le prescrizioni.

Sarà pure difficile, ma a Priolo (Sr) le cose stanno andando diversamente. Pur senza alcun processo in corso, l'Eni versa volontariamente undici milioni di euro. Generosità? Il "triangolo della morte" siracusano, che abbraccia la zona industriale Priolo-Mellilli-Augusta, ha visto nascere bambini malformati a causa della disinvoltura con la quale la multinazionale avrebbe smaltito le sostanze tossiche delle sue lavorazioni. L'inchiesta, ancora in corso, sull'inquinamento nella zona, accusa i vertici Eni di "associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti pericolosi" contenenti mercurio. Più che smaltire in apposite discariche, il petrolchimico avrebbe invece miscelato i residui dei lavorati con il mercurio, utilizzato negli impianti di clorosoda, con altri liquami e semplicemente sversato in mare, nei tombini oppure nel terreno. Inevitabilmente il mercurio si infilava quindi nella catena alimentare provocando gravi danni alla salute. Ma, cosa peggiore, sembra che questo sistema rilevato 3 anni fa, fosse una modalità che proseguiva dal 1990.

Il "volontario risarcimento" verrà suddiviso tra le 101 famiglie presunte vittime dello smaltimento criminale: una parte come risarcimento per i bambini nati malformati e un'altra a favore delle famiglie che hanno dovuto ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza a causa dell'accertamento di malformazioni nel feto.
E' importante sottolineare come la società, pur corrispondendo tale somma, affermi che il risarcimento corrisposto non è un'ammissione di colpa, negando ogni responsabilità per i danni procurati alla vita umana e all'ambiente. Guarda caso nel calcolo del risarcimento la multinazionale si sarebbe rifatta proprio alle tabelle utilizzate in sede processuale in modo da versare proprio quanto sarebbe tenuta a fare in forza di una condanna.

Secondo un'indagine epidemiologica dell'Oms si è potuto accertare che nella zona di Priolo il tasso di morti per cancro è pari al 33% dei decessi. Sia solo l'attività del petrolchimico o anche di altri impianti a causare tante vittime, certo è che la salute dovrebbe essere un bene più importante delle attività produttive e meriterebbe maggiore attenzione da parte del governo nazionale.

In Italia sono davvero parecchie le zone dove i decessi per neoplasie sono "anomali" nella loro incidenza insistente. Proprio qui su Altrenotizie stiamo da tempo segnalando la situazione in Campania, che vede nel napoletano tassi di morte per tumori altrettanto anomali, pur non collegabili ad attività produttive di grandi multinazionali, ma allo smaltimento selvaggio di rifiuti tossici.

Lo stesso costume di sversamento illegale, altamente nocivo per l'ambiente e per la salute umana, si rileva da tante vicende sparse su tutto il territorio nazionale che vengono riportate dai mezzi di informazione in coda, dopo le pagine dedicate a vicende che non reggono certamente il confronto con il bene salute e il diritto ad un ambiente salubre in cui vivere.

Ricordo ancora una volta un'affermazione del sostituto procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, nel napoletano, Dott. Donato Ceglie, in occasione dell'incontro a Napoli dello scorso 13 maggio per la conferenza sull'allarme rifiuti campano della quale abbiamo ampiamente riferito qui da Altrenotizie: il sostituto procuratore, riferendosi alla situazione di emergenza rifiuti campana, sosteneva che la via giudiziaria non può essere la soluzione, dovendo invece convergere all'unisono tutte le forze, da quella politica a quella sociale.
Il problema quindi è da vedere nell'ottica di un'assenza della politica nazionale tutta verso i problemi ambientali e sanitari di questo bel paese. Serve un urgente politica di rispetto per l'ambiente e di formazione di una cultura sociale nella stessa direzione. Non sono sufficienti le bambierine blu che punteggiano le coste italiane per fingere di poterci immergere sereni nei nostri mari durante la prossima estate.

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