di Sara Nicoli

La revisione delle linee guida della legge 40 nelle mani di Maura Cossutta. Per lo schieramento politico bipartisan che accomuna i cattolici all'interno del parlamento italiano, la decisione del ministro Turco di affidare all'ex parlamentare del Pdci un ampio pacchetto di responsabilità in merito al possibile perfezionamento della legge sulla procreazione assistita, è stato un po' come ricevere un pugno ben assestato nello stomaco. In realtà, la ministro Turco ha assegnato al medico ex parlamentare comunista il coordinamento della revisione delle linee guida della legge, così come previsto all'articolo 7, comma 3, della legge stessa. Legge che, evidentemente, gli stessi sostenitori non hanno avuto modo di leggere, sostenendola forse per diritto divino ed antilaicismo da un tanto al chilo. Spetta infatti al Ministro della Salute ed al suo insindacabile giudizio, d'intesa con l'Istituto superiore della Sanità e con il Consiglio Superiore di Sanità, rivedere, almeno ogni tre anni, rispetto all'evoluzione tecnico-scientifica, le linee guida della legge. La canea sollevata dalle destre e da qualche anima pia della Margherita segue quella, non meno agitata, riservata al ministro Mussi, che ha portato il governo italiano ad allinearsi all'Unione europea piuttosto che a Oltretevere. Dunque si assiste ad una riproposizione dell'opposizione teocons di una sorta di diritto esclusivo ad occuparsi di tutto ciò che attiene alla legge sulle sperimentazioni scientifiche inerenti alla fecondazione medicalmente assistita.
I fautori del dettame secondo il quale ha diritto e capacità di occuparsi di questioni etiche socialmente rilevanti solo chi crede in Dio, o chi comunque ha una sensibilità personale che aspira almeno verso qualcosa di trascendente ( mentre gli altri, i laici più solidi, avrebbero una sorta di coscienza di serie B di impedimento ad affrontare con il dovuto rispetto faccende tanto delicate), hanno salutato la nomina della Cossutta più o meno con gli stessi toni che avrebbero riservato ad Erode.

Qualcuno, l'Udc per non far nomi, ha addirittura scomodato l'annosa questione della catena alimentare, quella del lupo predatore che mangia le pecore, per far capire alle menti più semplici, ovvero al proprio elettorato di riferimento, di quale disgrazia starebbe per incombere sui poveri embrioni: essere destinati - nelle mani di una comunista - a far la fine che, di solito, quelli come lei riserverebbero ai bambini già nati. Figurarsi a quelli aspiranti tali.

Ma questo è stato solo il folklore qualunquistico di facciata che accompagna, di solito, battaglie politiche di ben altro spessore. Anche in questo caso "lo scandalo" della nomina della Cossutta può essere considerato solo la punta dell'iceberg. Alla base di una guerricciola, volgare e scomposta, sulla presunta inadeguatezza politica di una comunista a rivedere le linee guida di una legge - non certo di modificarla - eticamente rilevante e zeppa di contraddizioni, c'è una questione ben più profonda e mai risolta nella società italiana: quella del presunto primato etico dei cattolici e del potere politico che da esso si pretenderebbe di far discendere nel dirimere questioni che hanno a che fare con l'anima, la vita e la morte. E anche quello che, ovviamente, ci attenderebbe dopo.

Il caso della Cossutta ha fatto riflettere oltre la semplice schermaglia politica tra opposti schieramenti. Il centrodestra non si è affatto interrogato sulle capacità professionali del medico Cossutta, sulla sua storia professionale di ricercatore sulle staminali. Prendendo a pretesto la sua pregressa battaglia contro la legge 40 e contro l'impostazione che l'integralismo bigotto dei cattolici bipartisan ha imposto, con la forza dei numeri di allora, alla legge stessa (la Cossutta è stata relatore di minoranza sulla legge, ndr), si è fatto discendere un giudizio sull'integrità morale della persona o sulla sua eventuale "serenità di giudizio" che ha lasciato sgomenti. Nell'agone della battaglia politica, è noto, si possono raggiungere livelli di volgarità che, oggi troppo spesso, superano di gran lunga le regole consolidate del vivere civile.

Ma fino a ieri il livello dello scontro aveva almeno lasciato fuori l'anima dei contendenti e i loro valori di riferimento squisitamente personali: si ricorderà, infatti, che all'epoca del referendum sulla legge 40, molti partiti - tra cui anche AN - non vincolarono ad un voto i propri simpatizzanti, nel nome della libertà di coscienza e della sensibilità personale. Cossutta, invece, è stata messa all'indice proprio per la presunta inadeguatezza della sua coscienza: i cattolici dell'Ulivo non hanno usato giri di parole. "Non riteniamo - hanno sottoscritto parlamentari come Bobba, Binetti, Baio Dossi e Carra - che la sua sensibilità sia in sintonia con la legge 40 e con la visione della tutela della salute della donna e della vita dell'embrione, che in lei si riflette". Onorevoli distratti, dal momento che dovrebbero ricordare che proprio a Maura Cossutta Prodi affidò il compito non facile di coordinare il tavolo dell'Unione sulla sanità. Perché non protestarono allora?

La domanda è: perché quella sensibilità che, invece, si riflette in loro dovrebbe essere migliore? Cosa rende la coscienza dei senatori e onorevoli della Margherita più autorevole, più illuminata, più giusta, più saggia, più nobile, più acuta, più onesta di quella di Maura Cossutta o di qualunque persona laica? E, se è lecito: qual è il parametro di giudizio di riferimento? Perché, in buona sostanza, chi crede in Dio dovrebbe essere una persona migliore, a prescindere, di chi non ha il dono della fede? E, in ultimo: perché dei cattolici, i cui valori di riferimento essenziali non dovrebbero mai prescindere dalla carità, dal sentimento di uguaglianza e, soprattutto, dalla tolleranza, si arrogano il diritto di distinguere tra coscienze di serie A e di serie B? Domande che trovano, come risposta, solo un bieco pregiudizio di superiorità ideologica. E dove la ragione risulta accecata dal timore di perdere potere politico di pressione e di coercizione della società, attraverso la manipolazione teocratica della legislazione etica. Peraltro succede che la legge 40 è una legge dello Stato e la sensibilità che s'impone è quella relativa ad esso, non a quello etico-confessionale che amerebbero i suddetti deputati.

Invocare, in questa occasione, la laicità dello Stato e la necessità di dare alle leggi quella impostazione che riesca, nel modo migliore possibile, a risolvere problemi delicati in modo da toccare il bacino più ampio di popolazione possibile, è quasi diventata una questione di secondo piano. Il caso Cossutta ha chiaramente messo in evidenza che la bontà di una legge, secondo lo schema cattolico, è determinata non dalla sua effettiva applicabilità o dalla sua possibile efficacia sulla società, quanto dalla sua funzionalità rispetto al consolidamento del potere della Chiesa nelle fondamenta stesse del tessuto connettivo del paese. La legge 40, sempre per i cattolici, ha avuto infatti l'indubbio pregio di stabilire punti sostanziali rispetto a questo schema di ingerenza teologica nella legislazione italiana.

Il primo fra tutti è stato quello di aver "battezzato" l'embrione come un "essere" avente maggiori diritti di tutela della donna che lo dovrebbe poi trasformare in una vita, gettando così le basi anche per una futuribile (quanto auspicabile, dal loro punto di vista) revisione della famigerata 194 sull'aborto. E il ritrovarsi ora a vedere questa faticosa conquista nelle mani di una come Maura Cossutta, che ha votato la propria esistenza politica a contrastare, in modo determinato quanto spasmodico, queste ipocrisie, viene considerato un pericolo da contrastare con ogni mezzo a disposizione. Anche quello più sleale e rozzo. Che non fa i conti con competenze scientifiche e politiche, ignora lo stesso dispositivo della legge e le contenute prerogative del ministro competente e decide di lanciare l'ennesimo attacco sguaiato per difendere l'indifendibile. Una summa della loro storia condensata in una interpellanza.

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