di Sara Nicoli

I primi, di solito, arrivano a maggio. Quelli provenienti dal centro Africa hanno impiegato anche tre mesi per attraversare il deserto del Niger e quando arrivano a vedere il mare dalle coste libiche, le carovane possono già contare la metà di morti per fame, sete, fatica. Dal Corno d'Africa, invece, il passaggio è meno accidentato, via terra. La vera sfida, in questo caso, è il mare e, troppo spesso; sono le correnti del Golfo della Sirte ad avere la meglio. Quei gusci di noce che, alla fine, vengono scortati nel minuscolo porto di Lampedusa, stracarichi di un'umanità dolente e disperata allo stremo delle forze, che regge l'anima con i denti solo nella speranza di un domani diverso, è quanto rimane di un esodo ormai di dimensioni bibliche che nessuna politica - umanitaria o no - al momento, riesce a sostenere. Anche ieri, a Lampedusa, sono sbarcati in 250. Il centro d'accoglienza isolano ne potrebbe contenere al massimo 90; ad oggi, tra mura fatiscenti e condizioni igieniche precarie, sono stipati oltre 500 clandestini. In attesa di giudizio. La Bossi-Fini non lascia spazi di manovra. E quantunque il governo Prodi stia legittimamente pensando al suo superamento, in ragione di principi di umanità diversi da quelli del centrodestra, le attuali condizioni politiche non fanno comunque sperare in una revisione della legge in tempi brevi. Ecco perché si stanno cercando misure tampone che, soprattutto, garantiscano i diritti umani elementari dei migranti, prima di pensare ad un loro frettoloso rimpatrio. Ed il primo a cercare queste misure è stato il ministro dell'Interno, Giuliano Amato. Che pare non aver alcuna intenzione di mostrare rigore nell'applicazione della legge, mirando invece a costruire una struttura di accoglienza che, almeno, consenta ai clandestini di essere trattati come esseri umani e non come esseri inferiori da ricacciare all'inferno senza tanti complimenti. Con lo stesso spirito, Amato ha anche proposto la concessione della cittadinanza a tutti quegli immigrati che si trovano in Italia da più di cinque anni e che si siano integrati con la società che li ha accolti. Una proposta nel segno della civiltà che, ovviamente, Calderoni ha subito stracciato con il consueto distillato di razzismo che lo contraddistingue, insinuando che il centrosinistra voglia dare il voto ai "bingo bongo" per recuperare, dagli ultimi arrivati, quei voti che dagli italiani non arriveranno più.

Dietro l'inferno degli ultimi del mondo, che solo Calderoni disprezza, ci sono invece criminali che il disprezzo se lo guadagnano dal resto della società civile. Sono i principali attori di un giro d'affari di oltre 300 milioni di dollari all'anno, fatturato medio delle organizzazioni criminali che sfruttano il traffico di immigrati clandestini secondo una stima dell'Onu. Le vittime del traffico di esseri umani vengono esposte al rischio della vita nel deserto, poi nella traversata del Mediterraneo; ma tanto il viaggio si paga in anticipo. Il problema della sopravvivenza non riguarda chi ci mette il camion o il gommone senza benzina a sufficienza. Uno sfruttamento della disperazione su cui si avrebbe l'obbligo, morale e civile, di intervenire senza fare sconti, colpendo direttamente le organizzazioni criminali. Ma siccome è impossibile incidere a largo raggio, quello che rimane è almeno consentire a questi disperati di trovare umana accoglienza, non lo sdegnato rifiuto che la legge imporrebbe; solo Calderoni, forse, è rimasto insensibile davanti alle foto dei cadaveri recuperati in mare con le carni mangiate dai pesci dopo il naufragio delle imbarcazioni. Al resto del mondo quelle stesse immagini hanno provocato indignazione, sgomento e angoscia. E anche un sano senso di pietà, sentimento-motore di un cambiamento possibile.

Nei primi sette mesi dell'anno - la stima è del Viminale - gli sbarchi nel complesso sono stati 11.000. Se regge la media, si potrebbe dire che le cose stanno andando un po' meglio dell'anno scorso, quando furono registrati in totale 23.000 arrivi, quasi il doppio rispetto ai 13.000 sbarchi verificatisi nel 2004. Tra le misure che il ministro dell'Interno ha studiato per arginare il fenomeno, senza tuttavia contrastarlo totalmente, anche il pattugliamento di quello spicchio di mare che da Capo Bon (Tunisia) arriva dritto nel porto di Lampedusa. Con l'Albania questo sistema funzionò: le pattuglie del mare non lasciavano mai scoperto il tratto Valona- Brindisi-Lecce, rendendo di fatto impossibile agli scafisti di trovare un buco per fare breccia nelle nostre acque territoriali. Le carrette del mare, dopo un po', si fermarono, il flusso dell'immigrazione clandestina dall'Albania si spense progressivamente e, grazie ad una serie di accordi politici con il governo locale, si riuscì ad aprire il capitolo dell'arrivo in Italia, trasparente, di quote di albanesi. Gente che ormai vive da noi da quasi dieci anni. Anche stavolta si farà qualcosa, benché le coste d'Africa siano sterminate e il braccio di mare da tenere sotto osservazione ben più ampio delle 35 miglia che, nel punto più stretto del canale d'Otranto, distanziano l'Italia dall'Albania. Ma tanto vale provarci. Amato ha anche proposto una novità, qualcosa che dà il senso del segnale del cambiamento di rotta rispetto alla Bossi-Fini e dallo spirito che l'ha partorita: l'Italia stanzierà 280.000 euro per il rafforzamento dei servizi di traduzione nei centri di accoglienza per immigrati. Se ci si pone nell'ottica di rispettare, prima di qualunque altra cosa, il diritti dei migranti, la prima cosa fondamentale per chi arriva, spaesato e sperduto, è quella di essere capito nella lingua che parla. Accoglienza a partire dalla comunicazione.

Quest'anno, si diceva, va meno peggio del previsto. Ma nonostante l'Unione Europea abbia risposto con grande prontezza all' appello sul controllo congiunto delle coste, il vero lavoro da fare si giocherà su tavoli politici e diplomatici , soprattutto con quei Paesi che offrono le proprie coste come terreno di lancio per le partenze della disperazione. L'auspicio è che l'Europa si impegni, in tempi brevi, per una conferenza Unione Europea-Unione africana, che investa il problema dello sviluppo di questi paesi e riproduca lo schema di entrate concordate di migranti da dispiegare, poi, su tutti i paesi dell'Unione. Un progetto ambizioso e difficile, ma al momento unica carta credibile da spendere per rallentare le stragi: la collaborazione della Libia, in questo senso, appare fondamentale.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy