di Fabrizio Casari

Un Napoli eccellente con un Cavani stellare stende la Juventus nel posticipo. Un 3 a 0 che non offre alibi alla squadra di Del Neri, che mai ha dato l’impressione di poter riprendere in mano la partita. Gli azzurri mantengono così il secondo posto in classifica e ora sono a quattro punti di distanza dal Milan capolista. Il tutto grazie ad una prestazione maiuscola che ha annientato i bianconeri, una reazione decisa alla sconfitta contro l’Inter.

La tripletta di Cavani è la prima notizia, il fatto che Krazic non si è tuffato in area avversaria è la seconda notizia. Per la Juventus si tratta della seconda sconfitta negli ultimi due turni: sette gol incassati in due partite ed un solo gol fatto, spiegano bene quanto le ambizioni della Juve siano destinate ad incontrare più miti consigli. Inutile comprare Toni, per quanto a prezzi di saldo.

Quello del San Paolo è comunque uno dei pochi risultati previsti, ma nel complesso quella di ieri è stata una giornata al cardiopalma, con risultati inattesi. Vittorie come quella del Lecce a Roma contro la Lazio e sconfitte come quella del Brescia che si trovava in vantaggio di due reti sono abbastanza indicative della particolarità del turno di campionato. La reazione dell’Inter che vince dopo essere andata in vantaggio su un campo difficile come quello di Catania e quella della Sampdoria, che batte la Roma dopo esser stata sotto di un gol, come quella della Fiorentina che ha ribaltato la partita contro il Brescia che la vedeva sotto di due reti in casa, hanno messo sufficiente pepe alla classifica; ma addirittura l’Udinese che va a San Siro, sfida il Milan, gli segna quattro gol e però non riesce a vincere, racconta bene la straordinaria storia del pomeriggio pallonaro.

Che la partita di San Siro non sarebbe stata agevole per i rossoneri lo s’immaginava. Il Milan, del resto, arrivava assai rimaneggiato all’appuntamento con la squadra di Guidolin, che non regala niente a nessuno e che ha in Di Natale e Sanchez due gioielli di assoluto valore. Ma non c’è dubbio che se sulla carta i rossoneri avrebbero dovuto approfittare del tonfo di Roma e Lazio e Juventus  per ampliare le distanze, alla fine del match al Meazza a poter recriminare è solo l’Udinese.

Certo che un attacco con Cassano, Ibrahimovic e Pato prima o poi deve segnare, ma la difesa è decisamente tre spanne sotto il livello dell’attacco. Presa in velocità soffre tremendamente. Si può anche vendere Ronaldinho, ma senza l’arrivo di almeno un difensore di livello, si confermerà quanto ormai noto. Se aggredisce, il Milan fa paura; se è aggredito, il Milan ha paura. Gattuso dice che “se non vinciamo quest’anno non vinciamo più e l’Inter che può arrivare a cinque punti preoccupa, perché Leonardo o no, è una grandissima squadra e la rispettiamo moltissimo”.

La Lazio, tronfia e vanitosa, riteneva probabilmente che incontrare una squadra in crisi nera significasse poter passeggiare sul velluto. Invece, il terreno dell’Olimpico di velluto non ha niente e i pugliesi glielo hanno dimostrato. I primi 45 minuti di gioco in campo c’era solo il Lecce. Stavolta non é bastata l’aquila e nemmeno le celebrazioni del centenario hanno dato la spinta vitale alla squadra di Reja. Spinta e concentrazione che, a dire il vero, mancano da qualche partita. La partita di Milano poteva consentire alla Lazio di avvicinarsi sensibilmente alla capolista, ma l’occasione è stata sprecata. Se la Lazio non ritrova il gioco spumeggiante, l’attenzione e l’aggressività fisica che ha caratterizzato il suo eccellente girone d’andata, difficilmente potrà centrare l’obiettivo del quarto posto, considerato dalla società e dagli osservatori alla portata della squadra allenata da Reja.

La Roma paga caro due errori di Juan (che solitamente ne commette pochissimi) e sperpera il vantaggio del solito Vucinic subendo il gol su rigore di Pozzi e l’espulsione di Julio Sergio prima e il gol dell’ex Guberti nel finale. E pensare che il difensore brasiliano era entrato dalla panchina, segno che il destino è maligno o che Ranieri è sfortunato. La Samp, del resto, aveva Pazzini in panca, dunque le unghie dei doriani risultavano spuntate. Nel primo tempo i giallorossi hanno offerto momenti di ottima qualità calcistica, ma nella ripresa la Samp ha deciso che non poteva perdere senza almeno tentare di vendere cara la pelle. E dopo più di mezz’ora di grande intensità, a sei minuti dalla fine un altro errore di Juan mette in condizione Guberti di siglare il vantaggio definitivo. Un’altro paio di espulsioni e il forcing finale non cambiano il risultato. Nel dopo partita Guberti si è detto “felice” di aver segnato alla sua ex-squadra: “Fa piacere segnare ad una squadra che non ha creduto in te”. Meglio il gol delle parole: almeno quando si vince sarebbe però opportuno un minimo di fair play.

L’Inter, vince a Catania limitandosi a controllare la partita e colpendo solo perché finita in svantaggio; probabilmente, se il Catania non avesse segnato per prima, la partita poteva finire zero a zero. Inter lenta e macchinosa, senza cambi di passo. La squadra di Giampaolo era ben schierata in campo, tutti e undici dietro la linea della palla ma con un pressing insistente sui portatori di palla dell’Inter e ripartenze insidiose, anche se raramente pericolose per tutto il primo tempo. Nella ripresa, però, Catellazzi ha dovuto guadagnarsi lo stipendio con almeno due ottimi interventi. Ma alla lunga la classe e la differenza di valori tecnici in campo viene fuori e il Catania esce così immeritatamente sconfitta sul suo campo.

L’Inter accorcia comunque di due punti sul Milan e Palermo, tre su Roma e Lazio. La classifica quindi non solo si muove, ma proietta in neroazzurri di Leonardo (oggi a - 11 dal Milan, ma con due partite non difficilissime da recuperare) ad una possibile situazione di 5 punti di distacco dalla capolista ed al possibile superamento di Palermo, Juventus, Roma e Lazio. Se non per lo scudetto, che solo il Milan può perdere, almeno per le prime tre posizioni l’Inter è seriamente candidata. Le possibili incognite sono solo l’alto numero di partite in breve tempo e, con esse, la statistica e la stanchezza. L'entusiasmo e la voglia di continuare a vincere rappresentano invece gli stimolanti leciti dell'impresa.

La Fiorentina vince in casa contro il Brescia dopo essersi ritrovata sotto di due gol. I fischi - ingenerosi - della curva Fiesole indirizzati alla famiglia Della Valle sono rientrati nella casistica delle idiozie domenicali dopo la realizzazione del terzo gol dei viola che ha ribaltato la partita. I tifosi fiorentini dovrebbero leggere con attenzione l’organico della squadra, poi sottrarre Jovetic e Mutu (per motivi decisamente diversi ma out entrambi) e chiedersi finalmente dove si pensa sia possibile arrivare. Se si chiede ai Della Valle d’investire si deve anche ricordare che di giocatori in grado di cambiare il volto della squadra ne servirebbero almeno quattro. Insomma, servirebbero tra i trenta e i quaranta milioni di euro da mettere nelle mani di Corvino. Nessuna società potrebbe spenderli, meno che mai una comunque non in grado di raggiungere obiettivi che ipotizzino anche solo un parziale ritorno degli investimenti. Forse, allora, è il caso di tarare le ambizioni con le dimensioni e i soldi con il portafogli.

Il Palermo pareggia con il Chievo, ma altre due trasferte diventano imprese: quella del Cagliari che batte il Parma che ne aveva rifilati 4 alla Juve solo tre giorni prima e quella del Bologna, che va a Bari e batte la squadra di Ventura. Il Genoa pareggia a Cesena, ma la differenza è che per i rossoblu di Preziosi cambia poco, mentre per gli emiliani la classifica comincia a non essere più tanto tranquilla; la zona retrocessione si trova ad solo un punto di distanza.

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