di Fabrizio Casari

La Juventus in testa al campionato, dice che, pur senza incantare, la squadra allenata da Conte è diversa da quella dell’anno scorso. Per dire che è diversa anche da quelle degli ultimi quattro anni bisognerà attendere la chiusura del campionato. La partita con la Fiorentina, che semplicemente aveva dimenticato di scendere in campo per tutto il primo tempo e per gli ultimi venti minuti della partita, è apparsa infatti equilibrata nella prima fase della ripresa, con gli urli di Mihajilovic forse ancora nelle orecchie dei giocatori.

Il tecnico viola vede la sua panchina sempre più lontana e non potrebbe che essere così: da un anno e mezzo a Firenze, progressi sul piano del gioco e del carattere non se ne sono visti e per una tifoseria che ha negli occhi ancora la squadra di Prandelli, diventa tutto più difficile.

Il primato della Juventus, tuttavia, non sembra scolpito nel marmo. E’ sì il risultato di una squadra che lotta e corre rabbiosa, ma anche di un calendario molto agevole, con cinque partite su otto in casa e sette su otto con avversari non certo di prima fascia. Bisognerà quindi attendere gli impegni più difficili per poter dare un giudizio più completo. Per ora si vedono luci ed ombre. Il gioco dei bianconeri si basa su una grande aggressività in ogni zona del campo, molta corsa e anche una buona capacità di costruire occasioni per le sue punta. Ma dal punto di vista tecnico e tattico la squadra non incanta e la sua difesa, se messa alla prova seriamente, denuncia difetti che Conte dovrà ad ogni costo correggere.

La sfida di sabato prossimo contro l’Inter arriva però nel momento migliore per la Juventus: una squadra in grande forma contro una in convalescenza, una compagine da corsa contro una da rallenty, una squadra che gode di favori contro un’altra che vede solo torti. Se Conte espugnerà il Meazza, però, allora i bianconeri potranno tentare di consolidare un primato in classifica che, ad oggi, è reso precario dalla presenza di sei squadre in tre punti.

La Roma torna sconfitta da Genova. La partita dei giallorossi ha segnato una retromarcia rispetto alle ultime esibizioni: la squadra ha smesso di velocizzare le sue azioni come aveva fatto nelle ultime gare e ha ricominciato a giocare come all’inizio del torneo, cioè con un possesso palla esasperato quanto sterile. Dopo la sconfitta nel derby, la trasferta di Genova rappresenta un altro schiaffo alle ambizioni della compagine guidata da Luis Enrique, che ha invece affermato di aver visto la Roma più bella. D’altra parte da un punto di vista mediatico la Roma vive una magia inspiegabile, con la stampa romana che la esalta e i dirigenti che spiegano come giochi benissimo e quale roseo futuro l’attenda. L’ottimismo è certo indispensabile, ma un bagno di realtà che tentasse di tenere in parallelo le parole e i risultati ottenuti sarebbe a questo punto necessario.

Il Napoli torna a vincere al San paolo grazie a due splendidi gol, quello di Lavezzi in particolare. Era un risultato atteso, considerando che l’Udinese era priva dei suoi attaccanti e che il Napoli doveva per forza sfoderare una buona prestazione tra le mura di casa, onde evitare rumors fastidiosi. E, sempre a propositi di risultati prevedibili, il Milan ne fa altri quattro, stavolta al Parma, che pare aver definitivamente perso lo smalto d’inizio stagione. La tripletta milanista questa volta è di Nocerino, non proprio il più raffinato calcisticamente della compagnia, ma che sta sostituendo Gattuso con la stessa qualità e che, considerato il costo del cartellino, si sta rivelando come uno dei migliori acquisti delle scorse sessioni di calciomercato milanista.

La Lazio viene fermata dal Catania di Montella, che è una delle quattro provinciali che stanno mostrando calcio a buon livello. Venirsi a prendere un punto all’Olimpico non è cosa di tutti i giorni e i siciliani dimostrano che l’assenza di angoscia per la classifica permette di giocare in scioltezza, di costruire collettivo e identità calcistica senza troppa fretta. La squadra di Reja, invece, si è bloccata sul più bello, quando avrebbe potuto scalare la vetta della classifica. Ad un Klose in grande forma si aggiunge però un Cissè che non ne azzecca una e, con Hernanes acciaccato, la tecnica e la fantasia dei biancocelesti resta negli spogliatoi.

L’Inter interrompe la sua marcia verso la guarigione pareggiando a Bergamo. Un buon risultato, certo, considerando la qualità dell’Atalanta (che senza la penalizzazione sarebbe seconda in classifica) e soprattutto considerando che la velocità con la quale gioca la squadra bergamasca è l’arma più pericolosa per un’Inter che la velocità non sa nemmeno cosa sia. L’Inter ha pareggiato grazie a Castellazzi, ha rischiato di vincere grazie a Snejider e Zarate, ma ha rischiato di perdere grazie a Chivu, che ha scelto di festeggiare il suo 31 compleanno con una prestazione da incubo: in occasione del pareggio atalantino si è fatto superare da Denis sbagliando tempo e posizione, poi ha pensato d’ingaggiare una battaglia fisica contro Marilungo in area. Il giocatore atalantino è il primo a commettere fallo e il più lesto a cercare il contatto per avere la scusa per cadere: sa benissimo che ormai buttarsi a terra nell’area dell’Inter e ottenere un rigore sono due momenti della stessa azione.

E’ il quinto rigore fischiato contro l’Inter in otto gare. La tendenza è evidentemente frutto di una indicazione più o meno verbalizzata da parte del Palazzo, visto che in altre partite falli più evidenti non vengono mai trasformati in penalty. L’Inter ha davanti a sé due strade: o continuare a tacere, bofonchiare al limite, e vedersi relegata dagli arbitri nella seconda parte della classifica, oppure scegliere di aprire uno scontro duro e senza ripiegamenti con il Palazzo. Non mancano le sedi, italiane e internazionali, dove Morati può portare documentazione ormai evidente a sostegno di un andazzo, se non lo si vuole definire complotto.

Ma, indipendentemente da quello che l’Inter farà (alla fine sono affari suoi), è da incorniciare lo spettacolo penoso che coinvolge stampa e arbitri. Negli anni precedenti abbiamo assistito a guerre sui giornali per molto, molto meno di quanto accade contro l’Inter, ma quest’anno la stampa tratta con indifferenza compiaciuta i torti ai nerazzurri, che tanto non hanno azioni nelle case editrici che possiedono i giornali, men che mai qualsivoglia ruolo nel sistema mediatico generale, che è semmai proprietà dei nemici dell’Inter. Quanto agli arbitri, sono rimasti in campo solo i peggiori di queste ultime due generazioni. Incapaci di arbitrare, dimostrano però una grande capacità d’ascolto: una particolare, minuziosa attenzione, a dove soffia il vento e a quali direzioni prende.

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