di Roberta Folatti

Se l’amore diventa controllo e sopraffazione

Racconti da Stoccolma, o più propriamente “Quando cala la notte” – perchè è nel chiuso delle case, lontano dagli sguardi estranei che succedono fatti inaspettati e inquietanti – è un film, forte, coinvolgente, che scuote e fa riflettere. La paura, l’insicurezza, il dubbio hanno in quest’epoca un volto familiare. Più che serial killer efferati o clandestini assetati delle nostre ricchezze, la violenza sembra provenire dalle persone che ci sono più vicine, di cui ci fidiamo. Mariti, genitori, figli. Questa è la tesi da cui parte il regista Anders Nilsson, conosciuto in Svezia soprattutto per alcuni thriller di grande successo. E la componente della tensione la ritroviamo anche nella sua ultima pellicola, in alcune scene decisamente palpabile. “Racconti da Stoccolma” è composto di tre storie che il montaggio affianca senza far incrociare mai. Personaggi e ambienti diversissimi accomunati dall’irrompere della violenza, una violenza a cui i protagonisti non vogliono cedere, che decidono di denunciare pur correndo grossi rischi. La vicenda più appassionante è forse quella di Leyla, adolescente che vive in una famiglia numerosa di immigrati mediorientali. Soprattutto le figlie femmine devono attenersi a regole rigide, non è neppure concepibile che provino ad intraprendere una relazione al di fuori del controllo familiare. Quando Nina, la sorella maggore di Leyla, lo fa, viene immediatamente bloccata ma l’ostinazione con cui ribadisce la sua voglia di indipendenza le costerà carissimo. Leyla assiste, prima incredula poi terrorizzata, all’orribile fine della sorella – la scena dell’autostrada è una di quelle che lasciano il segno. Ma l’incubo è appena cominciato e Nilsson riesce a farci percepire perfettamente l’angoscia di chi non può più sentirsi sicuro nemmeno tra i suoi cari, in cui intravede un lato oscuro. Il coraggio della giovane Leyla, supportata da una investigatrice sensibile che le offre comprensione oltre che un aiuto professionale, le salverà la vita anche se la lascerà sradicata dalle proprie tradizioni e non ancora integrata nel nuovo mondo. Un duro colpo alle nostre certezze lo dà l’apprendere – solo al termine della vicenda – che la famiglia in cui sono successi quei terribili fatti non è musulmana ma cristiana.
La seconda storia narrata nel film può essere lo specchio di migliaia di altre storie simili che avvengono ogni giorno in tutte le parti del mondo. Carina è una donna bella, determinata, dalla vita in apparenza appagante: due figli piccoli, un marito che fa il suo stesso lavoro, un premio giornalistico appena ricevuto. Ma dietro la bella cornice si cela un inferno familiare. La gelosia ossessiva del marito le rende sempre più difficile gestire lavoro e famiglia e nascondere i segni delle botte non è certo la soluzione. Dopo averlo perdonato per l’ennesima volta e aver accolto il suo proposito di cambiare, la nuova aggressione che subisce, di inaudita violenza, la convince che non le resta altro da fare che denunciarlo. Per preservare la sua incolumità oltre all’integrità psicologica dei suoi figli. Le resistenze che incontra dopo aver preso questa decisione dimostrano che anche in un paese avanzato come la Svezia l’argomento violenza sulle donne è ancora per molti versi un tabù. “Racconti da Stoccolma” ha ricevuto il premio speciale di Amnesty International al Festival di Berlino perchè .
Il terzo episodio del film è quello con meno valenze sociali ma più nelle corde del regista dal punto di vista stilistico. Due giovani uomini tra cui sta nascendo un sentimento particolare si ritrovano nel mirino di una banda di spietati delinquenti: non si lasceranno intimidire, però il parziale fallimento dell’azione della polizia li costringerà a separarsi.

Racconti da Stoccolma (Svezia, 2007)
Regia: Anders Nilsson
Sceneggiatura: Anders Nilsson, Joakim Hansson
Montaggio: Darek Hodor
Scenografia: Dave Marshall
Cast: Oldoz Javidi, Lia Boysen, Reuben Sallmander, Per Graffman
Distribuzione: Teodora Film

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